20/12/10

Capita anche questo






Mentre mastico gli ultimi giorni del 2010 qui a Milano, in attesa di sfornare una nuova puntata del mio diario milanese, mi sono imbattuto in un nuovo blog siciliano che mi ha dedicato un post. Ho apprezzato il fatto d'essere celebrato come "personalità bagherese" ma perché mi sembra tanto un necrologio?


Fatti i dovuti scongiuri, eccomi qui.


***


Sull'ultimo numero dell'Approfondimento, gran bel mensile del mio borgo natio c'è un racconto a cui sono particolarmente legato, I fiori viola. Che segna l'inizio di questa nuova vita. Se passate da Bagheria e provincia, compratelo. Buon Natale!


 

05/10/10

Diario milanese: l'imperialismo dilagante in uno scantinato

Ma com’è che cercando lavoro siamo finiti in uno scantinato sotto la faccia tetraedrica di Lenin a sentir il barbuto delirio d’un comunista che in nemmeno due minuti ha ridisegnato il planisfero mettendo le bandierine dell’imperialismo perfino sulle lande di ghiaccio dell’Alaska? Berlusconi vede comunisti dappertutto e i comunisti vedono imperialisti in ogni angolo, aspettando ancora il sole dell’avvenire e la rivoluzione che verrà. La penultima puntata del diario milanese era malinconica, fatta di false ripartenze, cronachistica, senza guizzi. Per ricalibrare Nino s’è messo di buona lena per rimpinzar questa nuova vita.
Ci vuol talento per trovar una cinese comunista che fa proseliti davanti alla Cattolica. Dovevamo presagire già l’armageddon ma Nino, tra un libro di Moni Ovadia e l’altro, ha sempre subito il fascino dell’Oriente, per ricalcare le orme del suo mentore, il buon Woody Allen. E così mentre ero intento a guardare l’offerta formativa nell’atrio della Cattolica mi giro e vedo che la spietata cinesina ha agganciato il mio amico.

Diario milanese: il segreto per sopravvivere in cucina







La città era deserta alla vigilia di Ferragosto, con le luminarie della festa del patrono a ricordarci gli ultimi scampoli d’estate. Io e Nino siamo entrati nell’agenzia di viaggi, un biglietto del treno ci avrebbe portato lontano da Bagheria e dalle sue belle bugie bucate. Chilometro dopo chilometro, ogni regione attraversata è una tacca in più verso la nostra affermazione. Ci sediamo nello scompartimento insieme a un prete peruviano e a un ragazzo di colore che dormirà per tutto il viaggio. A Messina entra una donna dell’Est, Nino aveva pregato con ardore: “non può arrivare una bella russa?” e quel buontempone del vecchio barba bianca uno e trino l’accontentò. Sbagliando solo l’età, invece di tre ventenni russe una sessantenne che pesava quanto tutt’e tre assieme.

16/07/10

Trasloco definitivo

tonino pintacuda



Dopo anni di peripli del web, ora sono qui toninopintacuda.worpdress.com

12/07/10

Dicotomici Furori, dieci anni dopo

Dodici anni fa scrissi il mio primo racconto lungo, Dicotomici furori.

Fu un successo. Se lo passavano tutti, leggendo tra un'equazione e una pagina di latino quello che a fatica avevo battuto a macchina e illustrato, smanettando su una paleozoica versione di Photoshop. Poi, mentre mi preparavo per gli esami di maturità, gli diedi un seguito: Gocce di vita.

Oggi, alla vigilia della festa per i dieci anni del diploma ho ripreso quei vecchi personaggi e ne è venuto fuori un racconto di quindici pagine, lo trovate qui.

Come scriveva Twain a proposito del suo Tom: i personaggi hanno "un'architettura d'ordine composito". Son partito dai miei vecchi compagni di classe e poi sono andato a mano libera.

Un ringraziamento particolare alla vera Donatella che mi ha sostenuto con la sua curiosità, capitolo dopo capitolo.

29/06/10

I fiori viola

fiori viola

Non ti ho nemmeno scelta, sei apparsa nella mia vita e razionalmente ho deciso che eri quella giusta. Bella, pulita, precisa, preparata. Eri quella perfetta da portare in giro, in palmo di mano, da crescere come compagna. Non troppo diversa dalla sposa indiana che i genitori del maschio scelgono in cambio di mucche e altre regalie.
T’ho visto crescere, prendere la vita di petto, diventar donna. Un Amico, uno di quelli veri, uno di quelli che non scegli ma che tra miliardi di differenze senti davvero come fratello m’ha detto la più grande verità: d’una donna non sono importanti né gli occhi né quello che le riempie la scollatura, l’unica cosa che conta sono gli amici. Sono loro il nostro vero biglietto da visita.

I libri che abbiamo letto, le citazioni che sappiamo snocciolare come grani di rosario son poca cosa. Grettezze, molliche per tentare di ritrovarci. Solo gli amici contano. E quando sei scappata via da noi pensavo d’essere solo. Poi come sempre Ivan era lì, accanto a me nei momenti più bui. C’era mentre i becchini chiudevano con lo stagno la cassa di mio padre, c’era quando la prima ragazzetta m’aveva lacerato il cuore, quello strappo che non passa mai davvero. C’era quando sono scappato di casa, c’era quando sono tornato.
Ma non ero solo. Negli anni, non so proprio perché, una mezza dozzina di persone mi hanno aperto il loro cuore. Siamo diventati veri amici, gli stessi che cercavo da una vita. Sarei pronto a prendermi un intero caricatore in petto per loro. Te l’avevo detto e t’eri pure incazzata: le donne passano, gli amici restano.

Tu mi hai donato Vinicio, io Harry Potter. Hai allargato i miei orizzonti e forse ho fatto lo stesso. C’è stato un momento che mi guardavi piena di stima. Ma l’amore, quello vero, non l’ho mai trovato in mezzo a tutti i tuoi silenzi. Ricordi? Ti dicevo che il motto della tua famiglia potevate prenderlo da quel verso di Pavese che recita “tacere è la nostra virtù”.

M’hai insegnato il colore dei fiori della melanzana, a scegliere la fragola più dolce, a camminare tra le fila delle lattughe. T’ho mentito solo una volta, quando t’ho spergiurato che per te avrei rinunciato alla scrittura.
Lei è l’unica che amo davvero, giorno dopo giorno. È lei l’indice del mio stato di salute. Quando la vita m’intossica scrivo della gran stronzate. E perdo le parole inseguendo ardite metafore che a nulla conducono.

Non ti ho mai tradita. L’ho schivata sta ignominia. Ma ho smesso pure io da un giorno all’altro d’amarti, senza strepiti. Non ho versato mezza lacrima. Quando hai troncato e sei sparita tra la neve mi sono sentito rinascere. E ti conosco abbastanza da sapere che per te è stato lo stesso. È mai possibile che due persone che si sono amate per tanti anni possano giungere a uno stallo che li àncora al regno dei lombrichi invece di fargli spiccare il volo? Dove finiscono tutte le promesse che uno si fa dopo aver fatto l’amore per mezzo decennio? Ho cercato di ricreare l’atmosfera ma non si può. Non si può tornare indietro. Mai.

Ogni scelta ci avvicina o ci scaglia a chilometri di distanza. T’ho salvato dalla solitudine a due. Cosa resta? Un orribile ciotola color glicine presa con rancore, un fumetto che mai nessuno mi regalerà, un libro che non leggerò perché compariresti tu tra le pagine.







Resto da solo, con la professione che ho scelto. Leggo, penso, scrivo. Sempre da solo. Tre azioni che nessuno può svolgere in tandem. A pagina 25 della Storia di Lisey, il bel romanzo di King che m’ha regalato Ivan prima di partire per l’altra faccia della Terra, il protagonista dice che c’è uno spazio che è solo nostro, in cui nessuno può entrare: la terra dei sogni, quando ci addormentiamo entriamo in un universo che è solo per noi. E io che faccio? Cerco d’isolarmi anche da sveglio. T’ho lasciato troppo sola. Ho fallito. T’avevo promesso che non saresti stata mai libera come in un mio abbraccio. Ma per quanto mi sono sforzato quell’abbraccio ti stava soffocando. E lo stesso stavi facendo tu.

Cosa ho imparato? Assolutamente niente. Sbaglierò di nuovo, e sempre platealmente. Ma ora so che non dobbiamo mai riporre la nostra felicità nelle mani degli altri.

Gli altri possono accompagnarci per un pezzo del cammino. Ma alla meta arriveremo sempre soli. O in compagnia di pochi e ottimi amici. Sono quelli che m’hanno fatto risorgere. Sono loro che non tradirò mai. Perché le donne passano e gli Amici restano.

28/06/10

Cerchiobottismi

Non più parole, un gesto: dominerò le citazioni prima di perderne il controllo.
Ormai scrivo sempre più spesso per sfidare i lettori a snidar tutti i referenti e i riferimenti incrociati, beandomi che ancora nessuno li abbia scovati tutti.
Per troppo tempo la vita l’ho subita. L’unica scelta fatta con piena consapevolezza fu mandare all’aria la certezza del dottorato all’università, ancora prima della lode mancata e tutto il resto. E sono circondato da coppie che scoppiano, giunte sul primo gradino del sagrato per tentare di dare un senso al loro stare assieme solo con la benedizione d’un prete. Ho amato molto il libro di Irene Chias, sin dal titolo “Sono ateo e ti amo”. Dovrei ricopiarvi qui la quarta di copertina ma violerei con malcelato tempismo la promessa con cui ho iniziato questo post.

Le coppie scoppiano. Questo è un dato. Scoppiano e scappano, dopo anni di fidanzamento in casa o convivenze sbilenche. Appena si tratta di far sul serio uno dei due s’allontana e lascia che un legame che credeva vitale si sfilacci come il gonnellino di Arianna nel labirinto di Creta. Ma non c’è un Teseo a ritrovar la strada e troppo spesso l’epilogo è l’inevitabile comparsa del minotauro con corna non troppo simboliche.

Gli unici a tradirci siamo noi stessi, che non crediamo più in noi e diamo la colpa di tutto alla crisi, alla precarietà, all’ecomafia, alla pelate di Berlusconi, Bersani e Di Pietro, a Garibaldi, ai piccioni di piazza Duomo, ai calzini che spariscono, alla birra, agli autori dei Simpson che non riescono più a darci stimoli… Insomma, a tutti tranne che a noi.
- Sei cambiata
- Invece tu non cambi mai, non cresci, non ti evolvi…
- Non sai decidere
- Prendi troppe decisioni senza coinvolgermi
- Non sono un pacco da spostare a tuo piacimento
- Perché non mi porti mai con te?


Insomma una quotidiana riscrittura del capolavoro di Elio e le storie tese: “Cara ti amo”.

Nel lavoro? Peggio che andare con una sciarpa del Milan alla festa della tripletta interista. Vogliamo affermarci, saremmo pronti – sulla carta, ben inteso – a spenderci nei lavori più umili. A fare il self-made man ma poi quando ci mettono a far fotocopie ripensiamo con aria trasognata alla laurea incorniciata nel salotto buono della casa natia. Però poi ci pieghiamo, gli ultimi rantoli nella vita professionale e sentimentale e poi ci svenderemo in entrambi gli ambiti.
Facendo scegliere sempre agli altri.

Perché se per capir qualcosa ci abbiamo messo 7 anni, non è una scelta ben meditata. Semplicemente non è una scelta. E' un rantolo d’una lenta agonia.
Determinazione, petto in fuori da far squarciare dai colpi della vita.

13/05/10

Bagheresi si nasce

“Che cosa fa un giovane a Palermo? Spera di andarsene. Forse non partirà mai, ma se parte, fin dal primo giorno, pensa di tornare e sa già magari che questo non avverrà mai. Soprattutto se resta, non perdonerà chi è riuscito a partire (o tradire?), sia se avrà successo, sia se fallirà. Palermo è una città con cui è impossibile spezzare il cordone ombelicale.” dalla quarta di copertina di “Siciliani si nasce” di Vittorio Schiraldi.

 Stavo pulendo la libreria di mia zia e in mezzo a polverosi trattati di Anestesia ho trovato questo piccolo romanzo del 1983. L’ho letto in due giorni e mi ci sono specchiato. Una volta un´amica mi scrisse “…mia madre e la mia casa in Sicilia mi paiono certezze incrollabili, immutabili: io posso partire e ritornare e trovarli sempre al loro posto. Ma è chiaro che anche questa è un´illusione” e un altro amico tempo dopo mi confidò in una lunga e bella mail “Ho vissuto alcuni anni in Toscana. Subìto il ritorno in sicilia come un esilio. E lo sono ancora. Si emigra da quali terre?”.

Puntuale arriva la scena di “Nuovo cinema Paradiso”, il capolavoro di Tornatore: Salvatore, il protagonista, è alla stazione e Alfredo che gli dice: “Non tornare, non tornare mai, non scrivere, non pensare a noi”. Sullo sfondo ci sono le ancore. Glielo dice perché lo sa bene: chi si volta indietro è perduto. Il Siciliano è un Orfeo rovesciato: se si volta invece di perdere il suo amore, sarà lui a perdersi tra le braccia della terra amata. Quando sono andato a Montevideo, in Uruguay, a 12mila chilometri da casa, avevo 25 anni e tanti sogni, son tornato e ho trovato tutto cambiato: mio padre, il mio gigante d´un metro e 64 centimetri, l´ho trovato asciugato dal male che poi me l´ha strappato due anni dopo. E le illusioni scoppiano al primo sole, quando capisci che la vita ha una bella dentatura e non perderà tempo a morderti.

Ora sono qui, a Milano, a cercare di concretizzare quei sogni prima che il lievito finisca e mi si affloscino mentre ero occupato a fare altro. Ho visto partire un amico dopo l´altro, col nostro tavolo ottogonale di Mineo´s che si svuotava una sera dopo l´altra. Già qualche anno fa molti l’hanno fatto nell’unico modo possibile: scegliendo facoltà che esistono solo al di là dello Stretto. Sono certo che a molti non gliene fregava un fico secco di Diritto Internazionale… Solo che se uno non parte subito poi rimanda, rimanda e resta (“Parti? Dopo che hai dato le prime materie qui?”, “Ormai all’Università i professori mi conoscono… dopo l’ultima manciata di materie mi specializzo qui, poi vediamo…”).

Sicilia fa rima con fissaria. Son belle bugie bucate quelle che ci propinano intrallazzieri d´ogni risma che utilizzano il servizio civile o le docenze nei corsi regionali come ultima flebile speranza per non perdere i giovani figli di quest´isola triangolare. Perché cambiano dialetti e latitudini ma in ogni gruppo di picciotti ce ne sarà sempre uno che parlerà d´acrobazie sessuali improbabili, ci sarà pure quello che non ha mai smesso di pettinar minchiate per dar un senso a una vita troppo vuota e poi ci sono tutti gli altri, quelli che una mattina si stancano di aspettare che qualcuno s´accorga di loro e che vogliono solo la semplice possibilità di poter dimostrare chi sono e quanto valgono.

Ci sono due poesie di Costantinos Kavafis che offrono due diversi appigli, buoni a rinfocolare le motivazioni di chi resta per sconforto e di chi ce la fa a partire e rimettersi in gioco. Della prima son sufficienti gli ultimi versi. "La città" spazza via ogni debole voglia di partire: "Non troverai altro luogo, non troverai altro mare […]/Perché sciupando la tua vita in questo angolo discreto/ Tu l’hai sciupata in tutta la terra".

L´altra è una delle perle della letteratura mondiale che mette voglia di rimettersi sulla strada, un po´ come avviene ogni volta che rivedi correre Forrest Gump.
Itaca

Quando ti metterai in viaggio per Itaca
devi augurarti che la strada sia lunga,
fertile in avventure e in esperienze.
I Lestrigoni e i Ciclopi
o la furia di Nettuno non temere,
non sarà questo il genere di incontri
se il pensiero resta alto e un sentimento
fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.
In Ciclopi e Lestrigoni, no certo,
ne´ nell´irato Nettuno incapperai
se non li porti dentro
se l´anima non te li mette contro.

Devi augurarti che la strada sia lunga.
Che i mattini d´estate siano tanti
quando nei porti - finalmente e con che gioia -
toccherai terra tu per la prima volta:
negli empori fenici indugia e acquista
madreperle coralli ebano e ambre
tutta merce fina, anche profumi
penetranti d´ogni sorta; più profumi inebrianti che puoi,
va in molte città egizie
impara una quantità di cose dai dotti.

Sempre devi avere in mente Itaca -
raggiungerla sia il pensiero costante.
Soprattutto, non affrettare il viaggio;
fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
metta piede sull´isola, tu, ricco
dei tesori accumulati per strada
senza aspettarti ricchezze da Itaca.
Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo
sulla strada: che cos´altro ti aspetti?

E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.
Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.

03/05/10

nostalgia del fare

C'era una volta l'ottimismo di muovere le mani attorno al materiale, imparando a togliere «sempre più quel distacco tra ciò che vuoi fare e ciò che fai», come nel primo Calvino torinese (I giovani del Po, 1957-58). O magari il pendolarismo di Ugo Braida, figura-tipo di quegli operai «minori» che ogni mattino arrivano a Torino dalle province piemontesi nel romanzo Gli anni del giudizio (1958) di Arpino. Quel cantare (o scatarrare) nel buio di treni da «baracchini» che si muovevano al passaggio di un Paese in crescita dai campi al «fabbricone», in attesa di quegli altri treni della speranza che stanno per arrivare dal Sud. Parenti ancora sani di quel vizio che sta per insidiare il fegato di un Ottieri all'assalto del suo Donnarumma ((1959) o il cuore di un Volponi eporediese all'incontro del suo Albino Saluggia in Memoriale (1962): prossimi l'uno e l'altro al famoso fascicolo n. 4 del Menabò di Calvino e Vittorini, ma più ancora alla grande parabola dei condizionamenti psicologici e della falsificazione consumistica di ogni valore morale che si profila con Il padrone (1965) di Parise.


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01/05/10

L'agonia del romanzo

...Ad aver subìto un colpo mortale è stata la letteratura nel suo insieme, sostituita dalla paraletteratura da classifica, quella «al polistirolo», «abbozzata», «di plastica», secondo le definizioni di Davide Morganti, intervistato da Pietrangelo Buttafuoco (Il Foglio, 23 aprile). Si è poi esaurito anche il romanzo di genere vero e proprio, che, come avverte, nello stesso servizio, lo scrittore Massimiliano Parente, «deve vedersela con i cazzuti sceneggiatori delle serie televisive». Per Parente è morto, o quasi, persino lo scrittore-scrittore, abbattuto da una nuova categoria, quella dell' «e scrittore»: «giornalista e scrittore», «blogger e scrittore», «opinionista e scrittore»...

Paolo Di Stefano, Corriere della Sera, 27/04/2010

Anche i mostri ridono

Ci siamo svegliati una mattina con l´ennesima novità: la rivoluzione del traffico nel centro storico. Dove erano rimaste solo vecchie seggiole con zucchine e broccoli a prendere il sole adesso ci passano centinaia e centinaia di macchine.

Chissà se davvero il Corso chiuso contribuirà al rilancio della nostra città. Adesso piange il cuore a vedere notte dopo notte il Corso in balia di qualche gruppo sparuto di giovinastri che si diverte a insozzarlo con i cartoni lasciati dai negozianti. Sembra una città fantasma. Una città abbandonata e sporca. Il treno di Baarìa passò avanti e si trascinò via il marketing territoriale lasciandoci l´unica cosa che non ci abbandonerà mai: l´emergenza rifiuti. continua a leggere su 90011.it

Varcare una frontiera

«Quello che volevo era semplicemente varcare una frontiera, quale che fosse: non mi premevano lo scopo, il traguardo, la meta, ma il mistico e trascendentale atto in sé di varcare una frontiera».

Ryszard Kapuściński, In viaggio con Erodoto



11/04/10

Riviste e meraviglie

“Cronache contro un inarrestabile svanire” è il semestrale d’approfondimento curato dalla redazione del portale Pupi di zuccaro.

Per festeggiare il primo compleanno del progetto è stato appena pubblicato il numero 2 in pdf: un piccolo reportage sull'editoria siciliana, racconti della memoria tra Bagheria e Messina, un articolo sul rapporto tra Amici di Maria De Filippi e Marx, recensioni, foto, e la sezione "storie vostre" per i racconti che arrivano all'indirizzo pupidizuccaro@gmail.com.

È possibile scaricare il numero direttamente da qui.

05/04/10

Persone che vuoi avere vicino



Forse non esistono nemmeno amici buoni o cattivi, forse ci sono solo amici, persone che prendono le tue parti quando stai male e che ti aiutano a non sentirti solo. Forse per un amico vale sempre la pena persino morire per lui, se così ha da essere. Niente amici buoni. Niente amici cattivi. Persone e basta che vuoi avere vicino, persone con le quali hai bisogno di essere; persone che hanno costruito la loro dimora nel tuo cuore.



Stephen King, IT



31/03/10

Nasata con Pirandello

Recisa di netto ogni memoria in me della vita precedente, fermato l'animo alla deliberazione di ricominciare da quel punto una nuova vita, io era invaso e sollevato come da una fresca letizia infantile; mi sentivo come rifatta vergine e trasparente la coscienza, e lo spirito vigile e pronto a trar profitto di tutto per la costruzione del mio nuovo io. Intanto l'anima mi tumultuava nella gioja di quella nuova libertà.

Non avevo mai veduto così uomini e cose; l'aria tra essi e me s'era d'un tratto quasi snebbiata; e mi si presentavan facili e lievi le nuove relazioni che dovevano stabilirsi tra noi, poiché ben poco ormai io avrei avuto bisogno di chieder loro per il mio intimo compiacimento. Oh levità deliziosa dell'anima; serena, ineffabile ebbrezza!

La Fortuna mi aveva sciolto di ogni intrico, all'improvviso, mi aveva sceverato dalla vita comune, reso spettatore estraneo della briga in cui gli altri si dibattevano ancora [...].

Luigi Pirandello, Il fu Mattia Pascal

28/03/10

Se non si divide il buio/ si tradirà sempre la luce

Gli anni passano e la verità  di questa tavola è sempre più abbagliante: “… Ma alla fine cosa rimane? Solo il banale orrore di due persone che si trovano per caso, si piacciono, si amano… magari pensano che l´amore sia qualcosa di eterno…finché una delle due abbandona l´altra… e scompare…”.

E m'ero ridotto pure a leggere "Gli uomini vengono da Marte e le donne vengono da Venere"! Caverna, abissi, silenzi e altre atroci minchiate... Ch'era meglio succhiare  Tampax usati o fare i gargarismi con il Selg Esse. Le donne passano, gli amici restano. Lo dissi e lo ribadisco. E per chissà quale ragione karmica dopo le mie due tesi di laurea "Neve e Silenzio." e "La luna, la Neve e il Soggetto", lei è sparita proprio tra la neve.



Dylan Dog n. 59, Gente che scompare, colonna sonora "Orfani ora" di Vinicio Capossela

25/03/10

"Tre gocce di zammù" sull'Approfondimento



È nelle edicole di Bagheria e dintorni il nuovo numero dell'Approfondimento di Bagheria (qui la pagina facebook) in cui troverete il mio racconto Tre gocce di Zammù che era già stato selezionato per il progetto Microcenturie.
E c'è anche un mio corsivo: La notte dei bollettini viventi.

Buona lettura

10/03/10

"Meglio una colonscopia di facebook?"

Il vecchio George "Dr. Ross" Clooney tra un bacio farlocco e l'altro alla Canalis trova il tempo pur di far queste superlative comparazioni. Per non lasciar nulla d'intentato ho chiuso per sempre con quell'abisso mangiatempo chiamato Facebook e ho trovato il coraggio d'affrontar la colonscopia.

Tutto ebbe inizio con un occhio rosso, scambiato per congiuntivite, rivelatosi poi una perniciosa e cronica iridociclite. Due anni d'inferno mentre mio padre s'asciugava come un ciocco al sole. Papuzzo, dal mondo della verità, dov'è stato raggiunto subito da Mike Bongiorno, riderà di gusto.

Un occhio rosso e dolorante che è stata solo la premessa a un incubo: non esiste un protocollo univoco per l'iridociclite. Come sempre quando la medicina latita e sconosce l'eziologia va a tentoni, come fa Homer a ogni fusione del nocciolo. Ecco: l'ambarabaciccicò medico per un'infiammazione autoimmune dell'occhio passa inevitabilmente dal sacro orifizio. L'uomo scherza e ride sulla sua più o meno risibile mazza dall'alba dei tempi ma mai e poi mai accetterà di buon cuore la profanazione del suo prezioso pertugio.

E io perché dovrei costituire eccezione?

31/01/10

Dopo domenica è lunedì

Si camminava di nuovo col buon Nino, tre ore di marcia a tappe forzate in una clemente giornata palermitana per arrivare alla meta e essere ricevuti per ben 5 minuti. Ieri sera prima di riprendere la lettura delle ultime cento pagine di The Dome mi son fermato a riflettere.

Mi barcameno a inseguire progetti che scoppiano puntualmente. Nove anni fa sceglierei nuovamente filosofia?  Resterei di nuovo qui? Andrei un'altra volta in Uruguay? Vedrei morire giorno dopo giorno mio padre senza riuscire a far nulla? Perderei l'ultima Sissis per una sola sessione di laurea? Dicono che s'impara dagli errori. Con la mia donna in esilio ai confini della Svizzera c'è fin troppo tempo per pensare alle cazzate compiute  e a quelle da compiere. Dicono regione inclemente con chi ha un minimo d'aspirazione.

Aspirazioni che vedo ridimensionarsi quando decido di dedicarmi allo sport nazionale: la ricerca infruttuosa di lavoro. C'è una folta letteratura a riguardo. Che poi uno finisce a porgere coppola e cappello al primo che ti promette qualcosa. E così uno si ritrova - suo malgrado - a seguire vari circoli e cenacoli. Di gente che t'arruola sventolandoti la promessa d'un lavoro che mai si concretizza. 47 materie e l'unica cosa che posso fare è ricominciare. Giocando a ribasso con le proprie aspirazioni. Qui che si può fare? L'apprendista portiere notturno in un resort difficilmente raggiungibile dai mezzi pubblici, senza vitto e alloggio o lo stagista a vita. Cazzo, quanto mi manca campare scrivendo. Mi riusciva pure bene. E ora qui mi offrono 5 euro a pezzo, imbrigliando la libertà dell'ispirazione, scrivendo un raccontino a settimana sul fatto di cronaca. Leggo ancora Stephen King, dopo anni e anni di Steiner, Dostoevskij, D'Arrigo, Celan, Heidegger, Aristotele è un piacevole passatempo. Con la certezza di non essere unico imprigionato in questi tre anni che le statistiche annotano con una semplice dicitura: l'ottanta per cento trova lavoro a tre anni dalla laurea. No, s'accontenta di quel che capita. Se poi in questi tre anni ti cambia tutto il mondo accanto e puoi solo andare avanti a testa alta. Con le spalle ingobbite da troppe notti sui libri, a imparare a ricominciare.

http://www.youtube.com/watch?v=UVnBLxuGQ9Q

21/01/10

Il ritorno del vecchio Dylan?

O grande signore delle nuvole parlanti, fa che non sia solo un fuoco di paglia! Che non ce lo meritiamo un altro lustro di albi sottotono, sperando che la Barbato tra un thriller e l'altro trovi tempo di farci ricordare perché per una dozzina d'anni abbiamo acquistato Dylan Dog. Ci abbiamo provato a ridargli fiducia, sulla scia di quegli albi a colori che ormai spuntavano fin troppo spesso, violando il sacro tabù del colore solo per i numeri "centenari". Sì, son sceso di casa, due minuti prima che l'edicola chiudesse per stringere tra le mani il 280esimo albo dell'Old boy, con la speranza d'una fiammata di passione d'un vecchio amante. Prima Telese sul Fatto quotidiano, oggi anche il fuoco incrociato del Secolo d'Italia e dell'Unità. Ce n'era abbastanza per spingermi a vincere le resistenze. Ad onor del vero ho lasciato solo la serie regolare, compro ancora - maledicendo ogni singolo euro sciupato - gli speciali estivi e annuali. Tutti: "Dylandogone", Maxi, Special e l'almanacco della paura.

Per questo "Mater Morbi" si sprecano gli aggettivi: solida trama, disegni magistrali, paragoni con pietre miliari della letteratura come "Il lungo addio" e "Johnny Freak". Se non si son rincoglioniti tutti è la volta che quell'ex alcolizzato mi riacciuffa. Speriamo bene. Che per leggere qualcosa di buono su Dylan Dog (non IN, dico proprio SU) una deve espatriare sui blog dei fuoriclasse Bonelli, come la Barbato (che con Tueentoun nel Dylan Dog Gigante di quest'anno m'ha impedito di maledire per 58mila volte i 5.80 euro spesi, dopo che avevo iniziato la lettura dalla versione dylaniata del Piccolo Principe) e - inevitabilmente - Roberto Recchioni, che ha m'ha conquistato post dopo post, soprattutto con questo.

Che dire? Ci manca solo che l'imminente film sull'Investigatore dell'Incubo si riveli una scudisciata sugli zebedei...

17/01/10

Tre gocce di zammù

Su pupidizuccaro.com procede la pubblicazione della mia nuova storia, rigorosamente a puntate. Siamo già alla terza puntata.

16/01/10

Cinefilia

Ci hanno lasciato solo la settima arte, regalandoci l'illusione della terza dimensione che dovrebbe riempire le sale che una politica suicida dei prezzi prima ha provveduto a svuotare per bene. Ah, chi se li ricorda i mercoledì al cinema di Veltroni?

Nel fine settimana i prezzi lievitano d'un euro e cinquanta di sovratassa per una sala ancora più sporca, calpestando resti di quell'insulso gelato bomboniera che vendono solo nei cinema, con bicchieroni di pop corn da schivare manco fossimo nel campo d'addestramento di nerboruti marines. Dio benedica le carte sconto che ci permettono di risparmiare sino al 50% per vedere i film in tutto il loro sfolgorio. Negli ultimi tempi il mucchio dei biglietti cinematografici è cresciuto, sino a raggiungere il lembo del mantello dell'action figure ricavata dalla copertina del primissimo fumetto dedicato all'Uomo d'Acciaio. Tra gli ultimi tagliandi: La principessa e il ranocchio e Sherlock Holmes.

Sembrano passati secoli dai martedì cinematografici coi miei cugini: Francesco era un picciriddo a cui facevamo a celare la pizza sotto la felpa, Piero c'è sempre. Coerente sino al midollo coi suoi ideali: famiglia e duro lavoro. Forse un po' più stanco, fortificato da tutto quello che la vita ci insegna. Del film della Disney poco da aggiungere, tipica favola, disegnata alla vecchia maniera, con ottime canzoni e la morale ad uso e consumo di questi anni di crisi. La cameriera corona il suo sogno facendo massacranti doppi turni, riempiendo dozzine di barattoli di mance, sposando un principe squattrinato a cui insegna l'onore della dura fatica e minacciando i due venditori aiutata da un alligatore gigante. Ma la sorpresa è la lucciola Ray, con la voce italiana di Luca Laurenti e un amore corrisposto per una stella lucente. E finalmente uno sinceramente cattivo come Facilier con i suoi amici nell'aldilà. Potevamo pure risparmiare 30 euro ma andare al film di Natale con le proprie donne è coronare un sogno che continua la vecchia tradizione di famiglia, quando mia madre si sobbarcava me e tutti i miei cugini per portarci  a vedere La Bella e la Bestia o Aladdin.

Sherlock Holmes è stata la nostra scelta di masculi, prontamente scartata dalle nostre fanciulle che hanno preferito la melassa Disney. Soprattutto la cugina acquisita che poi s'è appisolata perdendo almeno due euro di film, malgrado Piero la scuotesse per non straperdere dopo il salasso di 15 euro a coppia. Ultimo spettacolo, martedì, giorno ideale per approfittare dello sconto Diamond. Una banconota da 10 basta per due biglietti e un bicchiere di popcorn. Jude Law è perfetto come Watson in un film che recupera quanto di buono avevo riletto quest'estate tra le pagine dei racconti di Conan Doyle, con un mirabile Sherlock che indulge ai vizi e primeggia nella lotta, proprio come l'originale. Con il professor Moriarty che s'intravede appena facendoci pregustare un sicuro sequel.

14/01/10

Svacantati



La notte trascorsa si passeggiava col direttore, pettinando sopiti ghiribizzi. Anacronistici da sempre, obbligati a camminare nelle ore serali coll'asfalto laccato di pioggia per schivar politici, protestanti d'ogni risma e la curiosa fauna che rimpolperà il prossimo censimento cittadino.

Sullo sfondo giovinetti che riempivano il vuoto d'una sera troppo gelata sfogando frustrazioni con i resti degli scatoloni dei commercianti del corso. Tornati in redazione e chiusi i conti dell'anno precedente ci siamo guardati, con un nintendo Ds a separarci e uno scatolone di inutili orpelli da infilar in pacchi e buste. Che l'E-commerce è la penultima spiaggia per metter da parte nocciole e noci come vecchi scoiattoli per affrontare questo che sempre più appare come l'ultimo inverno.

Dozzine di amici veri, con le loro barbe pungenti, le mani sudate e l'alito da posacenere, tutti affratellati dalla stessa sensazione: svacantati. Svuotati d'ogni minima luce nello sguardo. Giornalisti, redattori, traduttori, pubblicitari, programmatori, macchiafogli. Tutti abbiamo scelto strade che ci hanno ancorato qui, a maledire questa terra che rigurgita racconti di vita e di sogni bucati. Con la certezza che un'altra primavera la aspetteremo lontano.

E poi arriva lei: la domanda. Quella che schivi ogni giorno che marchi su ogni dannato foglio di calendario. Cosa fare di questo futuro che sempre più appare sotto una teca, sotto un cupolone di plexiglass in cui pian piano l'aria va esaurendosi. E serve a poco confortarsi celiando con compagni di sventura, che l'insoddisfazione ci accomuni tutti non la rende meno amara.

02/01/10

Palermo. Geografie del mistero



Presso la libreria Modus Vivendi di Palermo è disponibile l'antologia Palermo, geografie del mistero curata da Fabrizio Piazza. Tra i 17 autori ci sono anch'io, con il mio Via Lincoln.