28/08/04

il sogno piu' sogno di tutti

"I guess I could be pretty pissed off about what happened to me... but it's hard to stay mad, when there's so much beauty in the world. Sometimes I feel like I'm seeing it all at once, and it's too much, my heart fills up like a balloon that's about to burst...
...and then I remember to relax, and stop trying to hold on to it, and then it flows through me like rain and I can't feel anything but gratitude for every single moment of my stupid little life...
You have no idea what I'm talking about, I'm sure. But don't worry...
You will someday."
Finiva cosi' "American Beauty": un giorno lo sapremo. Sapremo come la bellezza del mondo riempie l'amore e il cranio prima che l'anima voli via. Com'essa tracimi verso le nuvole ricolorando ogni singolo momento di tutta una stupida e piccola vita.


Quello di cui molti mi accusano e' vero, sono tenacemente attaccato al mio passato, come una patella allo scoglio. Semplice: viviamo il presente e vivendolo lo spediamo nel magazzino della memoria, il futuro c'e' ma appena ci mettiamo piede diventa, passo dopo passo, recentissimo passato. E poi su che cosa si dovrebbe scrivere?
Sull'avvenire?
Sui mondi al congiuntivo?
Sui possibili futuri che ammazziamo ogni volta che facciamo una scelta?
"Le lingue sono fatte non tanto per disegnare il futuro quanto per raccontare il passato" lo dice pure il mio manuale di Linguistica Generale.


E poi se c'era una cosa che alle elementari odiavo era il tema che ti obbligavano a svolgere ogni dannato anno: "Scrivi cosa vorresti fare DA GRANDE...".
Era angosciante: dover fantasticare su carriere improbabili e certezze fuori portata.
Quei temini erano nere e odiose torture psicologiche, frutto della malignita' della maestra arpia che mi obbligava a colorare il cielo come voleva lei, tutto da un verso e con mano delicata.
- Non lo vorresti fare il calciatore e diventare bravo come Schillaci?
A me il calcio mi ha sempre annoiato, l'unica cosa allettante era fare il guardiano della porta. Mettersi tra due barattoli o tra due zainetti e aspettare. Aspettare lo scontro diretto con l'attaccante. Solo che dopo una trentina di brutte cadute ho preferito gli scacchi.
- Non ti piacerebbe fare il medico ed essere piu' ricco di Zio Paperone in una bella casa col giardino?
NO.


A 8 anni le priorita' erano altre. Minime. Afferrabili.
Riuscire a prendere piu' grilli di Nicola.
Sbirciare sotto la gonna di Antonia.
Riuscire a finire i labirinti di Zelda sul Super Nes della Nintendo.
Il castello dei Masters e il galeone dei pirati della Playmobil.
La macchina degli Acchiappafantasmi (pero' gli altri, non quelli con Slymer).
E poi il sogno piu' sogno di tutti, l'arcisogno, quello che valeva tutta una settimana di tegolini: riuscire a catturare le lucertole con un filo d'erba come faceva Francesco Paolo.


Invece no, quello del tema doveva essere imbottito con un sogno da arrivista. Non potevi scrivere: "voglio solo e soltanto riuscire a catturare almeno una lucertola con un filo d'erba come sa fare Francesco Paolo. E se fosse possibile vorrei pure la fionda a braccio che papa' non mi vuole comprare, giuro che se l'avessi la userei contro mia sorella solo per leggittima difesa o per accoppare qualche piccione.


Se avessi scritto cosi' la maestra mi avrebbe strappato il foglio e chiamato la consulente con i porri sul mento e gli occhiali piu' spessi di tre tegolini messi uno sull'altro. Per continuare a vivere tranquillo nel mio bel banco della seconda fila dovevo inventarmi che mi sarebbe piaciuto un sacco diventare un medico per aiutare i bambini del terzo mondo, gli stessi a cui volevo soltanto spedire tutti i piatti di lenticchie e i broccoli puzzolenti che mia madre mi obbligava a mangiare.


Quando capiro' quello che intendeva Kevin Spacey in American Beauty mi sfrecceranno davanti un centinaio di momenti, fitti fitti e veloci, compatti, ineguagliabili, indimenticabili, inossidabili, indelebili, incocciati per strada o amorosamente coltivati. Forse ci sara' pure quell'unica bellissima volta che ce l'ho fatta a prendere una lucertola.

27/08/04

Grigiometallizzato

"Mettiamola cosi': nelle prossime 24 ore ho la possibilita' abbastanza concreta di crepare. Ovviamente non succedera' - ma, se dovesse succedere, sappiate che sono morto felice facendo quello che più mi piace al mondo: viaggiare in paesi che non hanno mai visto un turista prima di me."
Questo e' l'ultimo post di Enzo Baldoni, come riportato da Pino Scaccia. (citato da giulio mozzi)



Il giorno che hanno chiuso gli occhi a Enzo Baldoni io sceglievo il mio nuovo frigorifero.
Bello, alto, no frost, categoria A+, quelli che ti fanno risparmiare almeno il 30 per cento di energia elettrica.
Bello il mio nuovo frigorifero, grigio metalizzato. Ormai viviamo in un mondo monocromo e monotono. Tutto grigiometallizzato. Come la sindrome spaccacuori che dilaga nello zapping estivo. Bella la figlia di Baldoni, occhi veri, l'ho ritagliata dal giornale e l'ho piazzata sulla faccia del mio nuovo frigorifero.
Di Enzo Baldoni avevo leggiucchiato qualcosa su Diario e avevo appena scoperto che era stato lui ad avere l'idea del palloncino verde della pubblicita' della BIC.
E mentre lui diceva addio al mondo e moriva felice facendo quello che gli piaceva, io sceglievo il mio frigorifero. Firmavo la finanziaria: lo incomincero' a pagare in 12 rate tra 12 mesi. Potrei pure scappare, mandare al diavolo questa vita fatta di "racconti di racconti" e storielline esangui e lasciare che sia qualcun altro a pagare le rate del mio frigorifero.


"IO vorrei non vorrei ma se vuoi" lascio il mio frigorifero nuovo, bello, lucido, spazioso, no frost e grigiometallizzato e vado pure io a fare quel viaggio tra cicatrici che non possono rimarginare. Senza piu' orchiti scriptorie da sgonfiare in inutili e patetici e dicotomici furori. Andare li', libero. Con la penna come lancia a cui appendere l'unica bandiera possibile, un'idea che valga tutta una vita.
Gia', qualcuno mi ha lasciato un commento sul mio "diario in pubblico", sulla mia miniera cazzeggiona.
"val sempre la pena scrivere?"



Certi momenti sarebbe meglio l'uncinetto o il punto croce. O passare il tempo a contemplare il mio nuovo frigorifero lucido, solido, bello grigio dentro e fuori, che sputa i suoi cubetti a forma di mezza sfera. Potrei farlo, imparare a contare i punti dell'uncinetto e provare a capire il logaritmo che sta alla base di tutto quel paziente gioco di dita e sferruzzamenti.


Oppure potrei lasciare il mio nuovo frigorifero, prendere il passaporto con la mia brutta faccia bidimensionale e raggrumata di dubbi e disfare 'sta vita piena di "certezze".


Sveglia;
caffe' bruciato;
seduta di lettura sull'unico trono che ci hanno lasciato;
soliti dieciquindiciventi minuti esistenziali passati davanti allo specchio;
dilemma-rasatura;
scegliere di salvare quella barbetta incerta che poi lascio addensare;
doccia bollentetiepidagelata.
E poi via per comprare il quotidiano e far cacare la cagnolona.


Tutta sta trafila tratteggiata per tornare di nuovo qui davanti a questo monitor bianco come il deserto emotivo che si appiccica ad alcuni giorni. Scrivere qualche altro paragrafo della tesi, scaricare la posta, cancellare le solite mail spazzatura da dicotomico@libero.it e da dicotomicifurori@libero.it .
Sputacchiare qualcosa per riempire il blog e pensare al mio frigorifero alto, capiente, rassicurante nella sua bella patina grigiometallizzato.
Solo che la mia faccia riflessa di sbieco su un quadro mi guarda triste, sospira folli voli, vorrebbe volare via, oltre gli aquiloni e oltre le antenne.


Perche' c'e' una sola verita', l'unica cosa davvero lucida e solida: certi giorni sono io quello che si sente grigio metallizzato. Dentro e fuori.


26/08/04

Barche contro corrente

   E mentre me ne stavo li' a meditare su quel lontano, ignoto mondo, pensai allo stupore di Gatsby allorche' per la prima volta identifico' la luce verde all'estremita' del molo di Daisy. Aveva fatto un lungo cammino per giungere a questo azzurro prato, e il suo sogno dovette sembrargli cosi' vicino che difficilmente poteva mancare di afferrarlo. Non sapeva che era invece gia' alle sue spalle, in qualche parte, nella vasta oscurita' dietro la citta', dove i campi oscuri della repubblica si stendeva nella notte.
   Gatsby credeva nella luce verde, nella pienezza eccitante del futuro che anno dopo anno indietreggia davanti a noi. C'e' sfuggito una volta, ma non importa — domani correremo piu' in fretta, tenderemo di piu' le braccia... E in un bel mattino...
Cosi' procediamo a fatica, barche contro corrente, risospinti senza sosta nel passato.

Francis Scott Fitzgerald, IL GRANDE GATSBY


Procedere a fatica, boccheggiando, con l'elastico del passato che ci tiene legati a quello che e' stato. Non me lo so spiegare: questi anni finiscono veloci tra i ricordi, tra quelle pagine bianche e nere da sfogliare quando il Corvo Dei Giorni Passati bussera' alla nostra porta. Ci trovera' li', seduti nella nostra poltrona preferita a coccolare rimorsi e rimpianti che rinfocoleremo con l'attizzatoio delle Occasioni Mancate.
Baci che potevano essere schioccati, Amori che potevano durare, Fette di torta rifiutate, Risposte scordate. Sono milioni le scelte che si oppongono autoescludendosi, fatta la nostra decisione i mondi al congiuntivo, intrappolati nel sacco dei SE e dei MA, scivolano via, svaporano verso le nuvole.


Succede con tutte le fette della nostra vita. Pure quando scegliamo le nostre scarpe nuove e diciamo addio a quelle vecchie. Ma l'apice si verifica inevitabilmente con gli Amori Perduti.


L'archetipo e' nel mito, come sempre. Orfeo a forza di pizzicare la sua cetra ottiene da Ade la possibilita' di riprendersi la sua Euridice ma si volta, viola l'unica condizione, e la perde per sempre. Si danna notte dopo notte, sino a quando arrivano le Baccanti lo scopano a morte prima di staccargli la testa con una corda della sua cetra. Zeus commosso lo scaglia nel cielo e li'  Orfeo si ricongiunge con la perduta Euridice.


Stessa storia, attori diversi: IL GRANDE GATSBY, l'America ruggente degli anni Venti, L'America intenta a costruirsi a tavolino i suoi miti mancati e mancanti.
Gatsby ricco contrabbandiere, ex soldatino innamorato di Daisy, la ritrova, il cuore gli scoppia in petto e poi il destino sogghigna maligno e gli fa saltare le cervella per mano di un marito cornuto che l'ha scambiato per il cornificatore.


Gia', la vita e' proprio questo: "procedere a fatica risospinti senza sosta nel passato". Un passato che diventa mitico, ancestrale, taumaturgico: capace di  rinsaldare i lembi di qualsiasi amputazione emotiva.
Storielline anonime, destinate a scivolare nell'oblio insieme a vecchi numeri del Corriere della Sera diventano il riflesso di un passato dorato, un passato in cui Noi scivolavamo come biglie su un piano inclinato e oliato per bene.
Capita pure con gli anni del Liceo, quelli del cazzeggio consapevole. Nessuno si ricorda quei pomeriggi passati a studiare l'ablativo assoluto o i principi della termodinamica e il Passero Solitario. Ci ricordiamo pero' delle sigarette condivise tra una lezione e l'altra, dei primi calori stemperati da seghe pomeridiane. Coi capelli di lei che ci solleticavano i sogni nell'interminabile sesta ora. E i pomeriggi in palestra a cercare di far sputare alla panza almeno un addominale a quadratino per fare bella figura al viaggio d'istruzione.


Sono tutti puntelli che delimitano l'area su cui costruiamo la nostra vita. Con discese ardite e risalite sin dove volano gabbianelle e poeti.
Li abbiamo incorniciati quegli anni, anzi, sono loro che ci hanno incorniciato con il loro abbraccio. Il resto abbiamo voluto dimenticarlo. Pomeriggi freddi e grigi, e-mail che era meglio non scaricare, telefonate inutili.
La vita rotola, malgrado tutto. Rotola come lattine vuote quando tutti se ne vanno a casa.
Tanto "domani correremo piu in fretta, tenderemo di piu' le braccia..."


* la gnosi delle fanfule: una citazione al giorno (o quasi) per altrettanti liberi intrecci di neuroni.

Una solitudine a due

JULIE: Ti fidi di me?
DANTON: Che ne so? Sappiamo poco l'uno dell'altro. Abbiamo la pelle spessa, ci tendiamo le mani ma e' fatica sprecata, non facciamo che strofinarci a vicenda la scorza ruvida - siamo molto soli.
JULIE: Tu mi conosci, Danton.
DANTON: Si', per quel che si dice conoscere. Tu hai gli occhi scuri e i capelli ricciuti e una carnagione delicata e mi dici sempre: caro Georges. Ma qui, qui (le indica la fronte e gli occhi), che cosa c'e' qui dietro? Via, abbiamo sensi grossolani. Conoscerci? Dovremmo spaccarci il cranio e strapparci a vicenda i pensieri dalle fibre del cervello.
Georg Buchner, LA MORTE DI DANTON, Atto primo - Scena prima.


Parlero' dunque di un numero, il secondo se bisogna credere alla matematica.
Due. Inizia tutto da qui.
Due solitudini che si incontrano per crearne una terza.
Due, come le gioie dello scrivere: parlare da solo e parlare a una folla. [Pavese, il mestiere di vivere - 4.5.1946]
Due, come l'amore e il cranio che complottano nel loro infinito duello.
Due: corpo e mente. Da sempre oscilla il pendolo tra gli estremi.
Due sono gli occhi, due le narici, due le orecchie, due i reni, due i lobi dell'encefalo. Due i movimenti del cuore.
Due.



Maledetto numero! Per essere felici uno deve folleggiare in tre passi di danza, da monade deve passare alla fusione delle gonadi e solo cosi' guadagnare la solida unita' della 2^ persona plurale. Lo dicono tutti: la felicita' la centri solo se due TU collidendo diventano un NOI.
Funziona.



Il giorno che ci hanno strizzato dall'iperuranio per scagliarci qui, a sputacchiare vita e cristalli di fiato tra i vicoli suburbani, Qualcuno doveva aver carezzato un ciuffo d'ortica. Sicuro. Perche' altrimenti sarebbe inspiegabile.
Siamo soli: e qua uno poteva pure coricarsi sotto un sasso e aspettare la notte che non ha sorelle. Ma no, ci e' data l'illusione della felicita', solo che dobbiamo essere in 2.
E non funziona la proprietà distributiva o additiva: 1+1 non da' come risultato 2. 1+1 deve dare solo e soltanto un altro 1, solo che piu' pieno, piu' solido e denso. Due solitudini devono scontrarsi per generarne una terza che poi dovra' ripetere la medesima fatica di Sisifo per dare avvio a un altro cerchio che si mangera' la coda, cosi' sino alla fine del Mondo.



Altri 4 miliardi e mezzo di anni e la stella gialla che ci rosola le chiappe si spegnera' e calera' la notte perenne.
Calera' sui giusti e sugli iniqui, anime belle e anime buie bruceranno insieme con quei geyser di idrogeno che schiumeranno nel cielo. Addenteremo quella tragica bellezza e poi semplicemente scivoleremo dietro il nostro sipario.



La bellezza che venne dal mare, li', nascosta tra i seni di pesca di Afrodite.
Afrodite contro Atena, due dee: una nata dal fluire delle onde e l'altra dal cervello di Zeus dopo che Efesto non trovando le Aulin decise di risolvere il problema scoperchiando il cranio del padre degli dei.


Notte di incubi, con citta' ripopolate da fantocci inebetiti.
Strozzando i ricordi ne restano due, solo due impigliati nelle orbite rovesciate.
Tutto torna.
Lombi infuocati e notti perdute e cariate.
Ci starebbe bene un nuovo personaggio qui, un deus ex machina scritto e pensato proprio per asciugare le pozzanghere di lacrime e sangue. Ma non e' compito nostro. Facciamo l'unica cosa possibile: sbucciamo un altro giorno.

25/08/04

Un anno di disamore

Sono passati altri 365 giorni, uno per uno sono scivolati tra le tette di Emanuela Folliero.
Un anno fa leggevo ancora la Repubblica, poi il Corriere mi ha conquistato attirandomi col Caravaggio in omaggio. Cambiare quotidiano e' uno di quelle cesure che segano la routine e le subroutines che coccolo nel periodo che intercorre tra due passeggiate consecutive con la mia cagnolona. Sto li', lei espleta le sue funzioni girando il collo come a cercare la mia benedizione e io medito. Medito accarezzando la mia vita p.C. e quella d.C.; quella prima del Corriere e quella dopo.

 

I primi tempi scivolavo tra le panchine di Lettere e Filosofia come un ladro, leggere il Corriere poteva costarmi l'etichetta di reazionario veterofascista etc. etc., gia'. Basta poco per meritarsi un'etichetta: viviamo in un mondo di etichettatrici DYMO, quelle all'antica che giravi le lettere sino a incocciare quella giusta e poi punzonavi il nastrino che costava quasi quanto tutta l'etichettatrice. Il rumore che fanno certe persone sputasentenze e' lo stesso, pare che mastichino cubetti di ghiaccio per regalarti neve e veleno per colazione.

 

Queste parole le vorrei dedicare alle mie ex, coalizzate nella comune paura di finire sputtanate in uno dei miei "furori". Mica che e' colpa mia, se e' vero che l'uomo e' caratterizzato da illimitata capacita' semiopoietica, io non faccio altro che indirizzarla al perenne recupero della Memoria a breve termine. Chi mi conosce bene lo sa, io addento discorsi, affetto i pomeriggi in paragrafi e capitoli. Capita.
Sara' stata la mia infanzia passata a imbottirmi il cervello con raccontini autoprodotti per resistere al monopolio del telecomando che mia sorella ha tenuto incollato alla mano durante l'infanzia. Deve avere i polpastrelli sagomati a forma di pulsanti. Sicuro.

 

Mi metteva seduto li', davanti alla tele, e poi mi obbligava a visionare le tristissime avventure di bambine sole e sfigate almeno quanto dieci Paperini: Candy Candy (nome poi tristemente ereditato dalla mia purissima bastardina), Lovely Sara, Lady OScar e Georgie dai biondi capelli fatati...
Perche' la proporzione tra cartoni col pisello e cartoni da femmina era almeno dieci a uno. Per un'infinita partita di Holly e Benji almeno dodici lutti tra le varie donnine della tele.
Sono cresciuto cosi', dovendo salvare quel poco di mascolinita' che uno puo' accumulare crescendo in una famiglia di stampo matriarcale.
E allora ecco i raccontini salvavita, capaci di portare in salvo la mia sana pazzia. Le cavavo dagli oggetti che popolavano il mio mondo. E cosi' sono sopravvissuto, sino a quel settembre 2003.
Riassumo quest'anno in 5 citazioni da altrettante e-mail:

 

17/12/2003 E' solo per dirti grazie: il tuo racconto mi ha riempito il cuore. Se avessi un figlio, glielo leggerei - a poco a poco - tutte le sere.

 

9/2/2004: "Ma perche' ti sei messo a studiare il tostissimo Celan? Fai su di lui la tua tesi??"

 

20/3/2004 caro fratellino,
lo sai che certe cose vanno vissute fino al fondo, fino a risucchiare il bitume depositato a fanga nei serbatoi del diesel, fino ad intossicarsi cuore, cervello e polmoni, fino a bruciarsi tutto abbrustolito, fino a diventare cenere di cenere di cenere.
prendila a calci, scopala a morte, piangigli addosso, mordila e graffiala mentre la accarezzi, fai venire fuori il dolore che ti provoca, se vuoi venire fuori veramente da questa storia.
che cazzo di consigli, eh?
ma il disamore può essere una forma intossicata d'amore.
io rimango sempre un poco innamorato delle donne che ho amato.

 

20/4/2004 Ieri chiacchieravo con un mio carissimo amico, e nel discorso e' uscito fuori che lui ammira il mio carattere e il modo in cui sono capace di mandare a 'fanculo le persone (giusto per non giarare intorno alle parole). [...]
Io sono una egocentrica vanitosa bastarda, tu pure...
Io mi agito quando sento minacciare il mio bel mondo fiorito, tu lo hai minacciato.
Io cerco, con delicatezza (la mia delicatezza, non puoi pretendere!), di fartene rendere conto, tu non mi prendi sul serio.
Il mio 'malo carattere' si mostra in tutta la sua potenza e ti tratto come una merda.
Tu orgoglioso e tronfio senti di avere ragione mentre io torto e mi mandi a tua volta a fare in culo.
Da quel momento ci guardiamo come cane e gatto (io gatto!): "sei bastarda tu!", "No, sei tu il pavone idiota!"
Se ne puo' fare un romanzo coi fiocchi non credi?
Ma non perdiamo il filo.
Ammetto le mie colpe.
Credo di essere sempre io nella ragione e tutti gli altri poveri scemi nel torto.
Ammetto di sentirmi troppo "yeah yeah", con il mio modo di ragionare freddo lucido e cinico.
Ammetto di essere stronza.
Ma questo, se non ricordo male, non te l'ho mai nascosto... e siamo arrivati al punto. La cosa che più mi ha infastidito è stato questo non credere alla mia stronzaggine, questo non voler prende sul serio le mie parole. è così difficile essere davvero ipocrita per me ('Acchiana!'), che mi fa andare in bestia quando non vengo così intenzionalmente ascoltata...
Sto peggiorando la situazione, vero?

Stavo ascoltando Battisti poco fa, 'Pensieri e Parole', (cosi' non mi puoi più dire che non metto musica nei miei sproloqui). La tua scrittura è sbucata fuori, scarabocchiata nei margini di alcuni miei appunti. Ho riletto le tue correzioni e ho sentito di aver perso una bella amicizia, solo per pura e semplice arroganza... paura... stupidita', o non so cos'altro.

Alcune volte non ti sopportavo proprio, ma in quei momenti te lo dicevo sempre. Alcune volte mi sentivo soffocata, ti dicevo anche questo. Alcune volte eri proprio cocciuto, ma quando mai io non lo sono stata? [...]

 
26/7/2004 Credo che spesso vediamo solo quello che vogliamo vedere mentre restiamo ciechi rispetto a tutto il resto. [...]prova a guardare le cose anche da un altro punto di vista, se proprio non risolve le cose, almeno placherà il tuo spirito.

 

***

 

Chiaro, gli snodi fondamentali ci sono tutti.
Provo sempre a scrivere per smuovere il petto di qualcuno che nemmeno so che faccia abbia
e vivo sempre una di quelle piccole grandi "love story" che ce ne possono essere solo a vent'anni finita a botte e insulti. A poco servono i consigli del fratellone, consigli che conosco troppo bene e sui cui ci ho gia' sbattuto la testa.

 

E la vita continua, come quel titolo del film di Kiarostami. Gia' pure io vittima di un terremoto emotivo che mi ha preso alle spalle, mi ha rubiato gli occhi e poi mi ha ricoperto finalmente dell'ombra necessaria per cogliere almeno qualche sfumatura.

 

La vita continua, alcuni personaggi escono e altri ritornano. Manco stessi vivendo la sceneggiatura di una puntata di Beautiful. E con due anni in mezzo capire che magari quell'amicizia l'ho lasciata svaporare come un coglionazzo. Coglionazzo. Coglionazzo. Coglionazzo. La vera verita' e' che i tempi morti mi uccidono, mi piace assaporare le situazioni che si avvicinano inesorabili al loro punto di rottura.
E poi la fine e' sempre quella, aspetta li' col suo sorriso spaccacuori. Pure che uno attraversa porti sconosciuti prima, si ritrova davanti a una caraffa di vino a rimasticare dolori che si credevano sopiti. E arrivano trottellerando i soliti buoni consigli che gli altri ti regalano gustandosi la loro postazione esterna alla faccenda. Comoda e indolore poltrona da cui vedere te che ti danni per i tuoi piccoli dolori da giovane Werther.
Tutti buoni c.t. della vita degli altri! Buoni per muovere le emozioni come i pupetti basculanti del subbuteo. «Agisci cosi', rinforza la difesa emotiva e scarta gli avversari...»

 

E' stato un anno bello pieno, l'abbraccio tutto e tutto lo immagazino nell'unico posto possibile, in quella cassaforte che ognuno di noi tiene tra l'amore e il cranio.

 

 

13/08/04

Bacca di lupo (paul celan)

... o
Voi fiori di Germania, o il mio cuore
divien autentico cristallo, al quale
la luce sperimenta se stessa; quando la Germania


HOLDERLIN, Dall'abisso infatti...


... come alle case degli ebrei
(per ricordo della Gerusalemme distrutta),
deve sempre essere lasciato
qualcosa di i n c o m p i u t o ...
JEAN PAUL, La valle di Campan.



Metti la sbarra: ci sono
rose in casa.
Ci sono
sette rose in casa.
c'e' il settelumi in casa.
Nostro
figlio
lo sa e dorme.


(Lontano, a Michailovka, in
Ucraina, dove
mi hanno ucciso padre e madre: cosa
fioriva la', cosa fiorisce la'? Quale
fiore, madre,
li' ti fece male
con il suo nome?


Madre, a te
che dicevi bacca di lupo, non:
lupino.


Ieri
uno di loro venne e
ti uccise
un'altra volta nella
mia poesia.


Madre.
Madre, a chi
ho stretto la mano,
quando con le tue
parole io andai in
Germania?


In Aussig, dicevi tu sempre, in
Aussig,
sull'Elba,
in
fuga.
Madre, li' abitavano
assassini.


Madre, io
ho scritto lettere.
Madre, non venne risposta.
Madre, venne una risposta.
Madre, io ho scritto lettere a -
Madre, essi scrivono poesie.
Madre, non le scriverebbero, se non ci fosse la poesia, che
io ho scritto, per amor tuo, per amore del tuo
dio.
Lodato, dicevi, sia
l'Eterno e
glorificato, tre
volte.
Amen.


Madre, essi tacciono.
Madre, sopportano che
la perfidia mi diffami.
Madre, nessuno
agli assassini tronca la voce.


Madre, essi scrivono poesie.
Oh
Madre, quanto
dei piu' stranieri campi porta il tuo frutto!
Lo porta e nutre
quelli che uccidono!


Madre, io
sono perduto.
Madre, noi
siamo perduti.
Madre, il mio figlio, che ti somiglia).


Metti la sbarra: ci sono
rose in casa.
Ci sono
sette rose in casa.
c'e' il settelumi in casa.
Nostro
figlio
lo sa e dorme.


[21 ottobre 1959 - 25 aprile 1965]


Tutta la mia tesi altro non e' che un lungo, lunghissimo commento a questa splendida poesia...

08/08/04

A proposito della tesi...

9/2/2004: "Ma perché ti sei messo a studiare il tostissimo Celan? Fai su di lui la tua tesi??" [antonio spadaro, critico letterario]


16/7/2004 Vicina anche la tua laurea, amice.
Bene. Incuriosita mi chiedo come sarà drizzare la tua scrittura entro un saggio, a colpi di mascate?! Certamente sarà una bella sfida, tra te, lei e Celan.
Incrocio dita e cuore, parolaio. [laura]


29/7/2004: "l'introduzione della tua tesi è interessantissima. Buon lavoro, di cuore." [manuela perrone, giornalista]
 
4/8/2004: "Tonino ti scrivo in privato per dirti che stai scrivendo veramente una bellissima tesi.


Un consiglio personale molto personale.
Osa di più.
Non aver paura di osare, di tentare ai limiti la tua lingua critica.
Non averne paura.
Non entro nel merito di Celan, poeta che amo moltissimo, ma che conosco meno di te. Sicuramente.


Ti parlo della tua tesi come del tuo libro.
Beh, tonino questo è il tuo libro. Il primo. Il più importante. Più di qualunque romanzo. Perché questo testo sarà valutato e letto.
E a te trema la mano.
Lo sento leggendolo.
Quindi, su Tonino scrivi, certo in modo più educato, ma scrivi come sai fare tu." [demetrio, scrittore]


7.8.04 Caro Tonino, ho letto il tuo abbozzo, e senz'altro mi pare che molte cose buone siano in viaggio
[...] spesso però  ti affidi ad aperture evocative piuttosto che ad argomentazioni esaustive; scopo di un lavoro di ricerca dovrebbe essere l'opposto. Il modo per arrivarci è chiaramente legato ad approfondimenti che avranno luogo solo in altro momento, però dovresti sforzarti di sbrogliare la matassa per quanto possibile: ti assicuro che non perderesti in densità, anzi ci guadagneresti.
[...] è meno utile che ti stia a dire che molte cose - molti modi di organizzare testi di Celan e commenti tuoi o altrui, e anche il tuo modo di ripensare le questioni e i valori in gioco - mi sembrano molto ben scritti, convincenti. [il Relatore]