29/10/05

la scomparsa del mocio vileda e la pigra malinconia degli elfi e dei siciliani

E' un dato di fatto: scrivo di meno. Molti dicotomici lettori si chiederanno perché sto dedicando tutte queste energie a Kukuzze, a BombaSicilia e all'appena nata Federazione BombaCarta.

Ve lo dico subito: tutto questo attivismo serve principalmente per sfuggire alla fame e alla pigra malinconia dei siciliani. Qui con 1072 euro di pensione di mio padre e i 1300 euro dello stipendio di mia madre è sufficiente una spesa fuori dall'ordinario per arrivare alla fine del mese col contagocce sul portafogli. Metteteci la benzina necessaria per giungere da chi mi ha riavvicinato alle stelle.
Ora pure la SSIS di mia sorella (1228 euro l'anno oltre i soldi per vivere e abitare a Catania)...

Finalmente m'hanno preso al Servizio Civile Nazionale e questo significa tanto perché, come diceva il saggio, il bisogno di filosofare sorge solo quando tacciono tutti gli altri bisogni.

Ergo, fate due più due. E' una verità universalmente riconosciuta, a 23 anni chiedere ai genitori dieci euro in più per la benzina che galoppa inesorabile verso le stelle è un'azione da meditare.
Adesso mi conoscete un po' meglio, capite che non c'è nessuna voglia di fama nelle mie azioni.

Qualcuno magari sta pensando: "che patetico vittimismo ha intossicato la tastiera di Tonino!". E no, questo non ve lo lascio neanche pensare...

Ho fatto l’aiuto fabbro a dodici anni (ventimila lire al giorno), il muratore tutte le estati della mia vita (dalle trentamila lire alle mitiche cinquantamila lire), poi il pittore di cancelli, il babysitter, il cameriere in pizzeria, ho battuto preventivi e tesi e fatto l’uomo-fotocopia, l’uomo di fiducia nel cantiere sino a quando non mi stavano scannando perché non avevo capito che erano quelli del pizzo, pure la raccolta differenziata della carta (portavano giornali e riviste davanti alla canonica e noi li selezionavamo nei sacchi di juta del caffé – avete idea di quanto puzzi un sacco di juta? Immaginatemi chiuso in una stanza coll’odore delle vecchie statue di legno di Sant’Ignazio e l’olezzo tipico dei vecchi preti coperto dall’acqua di colonia scadente) con Padre Barbosio (quello trasfigurato nella MELA BUCATA) per pagare a me e agli altri il viaggio dell’oratorio, ho fatto un corso di cura redazionale sino al pomeriggio prima della laurea e ho girato tutti i free-press e le case editrici, tutte: dalla Sellerio alla più sfigata della Sicilia.

Prima mi chiedevano la laurea per qualcosa di più concreto, ora la laurea c’è e chiedono – come minimo - il master (quelli buoni sono almeno 3600 euro).

Ho fatto di tutto ma mai la vittima, credetemi.

Permettetemi pure di fare mie le parole di quel grand'uomo che è stato Pippo Fava, barbaramente cancellato dal mondo e dalla vita nel 1984:


 "Voglio fare un discorso corretto e sereno sui siciliani, premettendo naturalmente che io sono perfettamente siciliano. Un discorso sulla stupidità dei siciliani. Noi affermiamo spesso di essere straordinariamente intelligenti, quanto meno di avere più fantasia e piacere di vivere, rispetto a qualsiasi altro popolo della terra. Non è vero! La storia è là a dimostrarlo. Da migliaia di anni siamo semplicemente terra di conquista, gli altri arrivano, saccheggiano, stuprano, costruiscono qualche monumento, ci insegnano qualcosa, e se ne vanno. Noi ci appropriamo di una parte di quella civiltà, a volte diventiamo anche i custodi del tempio, in attesa che arrivi un'altra ondata saccheggiatrice. Siamo quasi sempre colonia per incapacità di essere veramente popolo. Presi i siciliani ad uno ad uno, può anche accadere che taluno riesca ad esprimere (nella poesia, nel delitto, nella finanza, nell'arte) attimi di ineguagliabile talento. Sono quelli che ci fottono, che ci danno l'impressione, spesso la certezza, di essere i migliori. Nella realtà, presi tutti insieme, siamo quasi sempre un popolo imbecille." (http://www.claudiofava.it/siciliani/memoria/frame.htm)


E' vero: siamo un popolo imbecille e quello che ci fotte è quella particolare disposizione d'animo che ci avvicina agli Elfi di Tolkien.
"La loro tentazione è diversa: una pigra malinconia, appesantita dalla memoria, che li conduce a tentare di fermare il tempo". (leggete questo bel saggio di Andrea Monda su Tolkien: http://www.asterione.org/monografie.php?id=6)
Malinconici e impigriti, quelli di noi che vogliono schivare questa atavica apatia hanno due strade: o fuggono o si impegnano con virulenta ostinazione. Con testa di cucuzza e cuore d'aquilone noi abbiamo deciso di fondare Kukuzze, un laboratorio permanente di resistenza e volontariato culturale.

Capite bene che comunque, per quel poco che significa, sono felice del Servizio Civile. Fermo non ci sono ai stato ma prima vivevamo dignitosamente con la pensione e lo stipendio di mia madre, con quello che hanno fatto approfittando dell'arrivo dell'EURO, ci arriviamo a fatica. Come tutti. Lo sapete quando l’ho capito che le cose vanno veramente male? Da quando anche mia madre compra le cose all’Eurospin, lei che prima rimproverava mio padre quando si faceva ammaliare dalle sirene del primo prezzo. Il segnale più chiaro? Dai moci vileda siamo passati a stracci che perdono i capelli già la seconda volta che li usi.
Ecco, prima o poi Charlie Brown ce la farà a far volare l'aquilone senza temere che qualche albero se lo mangi, e torneranno le lucciole di cui scriveva Calvino e Pasolini e torneranno anche i moci vileda.


Onestamente vostro,
tonino

Socrate e Benigni



XXXIII - L'UOMO GIUSTO NON HA NULLA DA TEMERE DALLA MORTE

E dovete sperare bene anche voi, o giudici, dinanzi alla morte e credere fermamente che a colui che è buono non può accadere nulla di male, né da vivo né da morto, e che gli Dei si prenderanno cura della sua sorte. Quel che a me è avvenuto ora non è stato così per caso, poiché vedo che il morire e l'essere liberato dalle angustie del mondo era per me il meglio. Per questo non mi ha contrariato l'avvertimento divino ed io non sono affatto in collera con quelli che mi hanno votato contro e con i miei accusatori, sebbene costoro non mi avessero votato contro con questa intenzione, ma credendo invece di farmi del male. E in questo essi sono da biasimare. Tuttavia io li prego ancora di questo: quando i miei figlioli saranno grandi, castigateli, o Ateniesi, tormentateli come io ho tormentato voi se vi sembrano di avere più cura del denaro o d'altro piuttosto che della virtù; e se mostrano di essere qualche cosa senza valere nulla, svergognateli come ho fatto io con voi per ciò che non curano quello che conviene curare e credono di valere quando non valgono nulla. Se farete ciò, avremo avuto da voi ciò che era giusto avere, io e i miei figli. Ma vedo che è tempo ormai di andar via, io a morire, voi a vivere. Chi di noi avrà sorte migliore, occulto è a ognuno, tranne che a Dio.

Platone, Apologia di Socrate

28/10/05

Il Buon Vecchio Zio Steve

Quand'è che scrivo qualcosa su Steve King? Me lo ricordo ancora il primo libro che ho letto, e poi tutti gli altri, mettevo da parte quindicimila lire (o diciottomila lire per quelli doppi come Tommyknocker) e correvo a comprarlo. Il primo fu IT, 1238 pagine in dodici giorni con mia madre che mi diceva di studiare piuttosto che leggere quel volumazzo, parevo un invasato, correvo a casa e leggevo. Semplicemente perché con Steve succedeva quello che dovrebbe succedere con ogni buon libro, ti dovrebbe venire voglia di dire: non smettere, fai di me quello che vuoi ma non chiudermi fuori da Derry, fammi vedere come finisce a Ben e a Beverly Marsch.

Poi, personalmente, a Steve devo il mio dimagrimento. Mi misi a dieta sulla scia di Ben che ce l'aveva fatta a scacciare la panza.
Steve m'ha allenato la capacità di lettura. Leggersi pagine e pagine è stata una buona palestra.
Devo scrivere qualcosa, magari sulla Torre Nera.
Cosa troveremmo noi lassù?

26/10/05

così parlò marco candida

«dico che chi viene segnalato da Annamaria Manna nella sua Guida di Scrittura Creativa si può considerare un Grande della Scrittura Creativa Italiana».

quindi Bombasicilia è un progetto enorme: qui, qui, qui e pure qui

22/10/05

destini: personaggi e lettori

Di un personaggio il suo autore e il suo lettore possono chiedersi: qual è il suo destino? Di una storia chiusa nelle pagine di un romanzo ci si deve chiedere: qual è il suo destino? Esattamente come ci si può chiedere qual è il destino di ogni persona e della grande vicenda della Storia, cioè la storia del mondo.

Ma anche qui si compie un salto, in realtà: il destino di un personaggio e di una storia narrata non si compie nelle pagine, ma nel suo lettore. La loro storia, in qualche modo, entra a far parte del mio destino. Per un lettore, ma anche per un autore: il destino di un personaggio si compie anche nella vita personale del suo autore, in un modo o nell'altro.



Antonio Spadaro



20/10/05

la legge del taglione (1^ parte)



Stavamo assieme da sempre, sin dove arrivavo ad addentare ricordi lucidi, noi stavamo già assieme. Lui si prendeva cura di noi, si svegliava presto, ci guardava per vedere se avevamo dormito bene e ci metteva tutti in bocca.

Lui aveva già una famiglia dai denti gialli, li riconosciamo subito quelli naturalmente gialli perché le sfumature della placchette sono la parte più difficile da azzeccare. Ci avevano lucidato per bene e poi ci avevano donato a lui, doveva essere una cosa momentanea, al massimo due settimane, il tempo di rinsaldare le gengive. E invece c'eravamo tenuti compagnia per sei anni. Capita sempre così, soprattutto coi padri di famiglia, per loro è tutto rinviabile, possono indossare la stessa giacca di velluto sino a quando le costine scompaiono. Lo stesso maglione ha il tempo di ritornare di moda almeno altre due volte e gli occhiali in stile sovietico li tengono da parte perché non si sa mai. Con noi era diverso, facevamo ci prendeva dolcemente, ci carezzava con la lingua uno per uno, si approfittava ogni giorno di noi e dopo che s'era saziato ci riponeva, ci trattava come le calze della domenica, con la stessa voglia di riporci il prima possibile.

Però dai tempi d'Omero ad ora non è mutato nulla: uno si accorge di quanto teneva ad una cosa, ad una persona o a parti di persone sino a quando non li perde per sempre. Le cose perdute hanno il fascino del noto mai obliato, abitudini vecchie di generazioni si stendono sui fili dei ricordi e noi eravamo lì, in buona compagnia, insieme alla coppa Rimet, al piccolo mugnaio innamorato di Clementina che mettevano nelle pubblicità del Mulino Bianco negli anni Ottanta. Eravamo finite lì, il nostro aguzzino era felice, doveva festeggiare la laurea della figlia, una tipa coi denti piccoli e macchiati dalla mancanza di calcio.

Quella non era una donna: era un panzer, peggio d'una sabbiatrice industriale. Per lei riassettare la casa significava disfarsi di vecchi ricordi e di tutti gli oggetti che secondo lei avevano perso la loro usabilità, da strumenti erano decaduti in ninnoli e da ninnoli a cianfrusaglie buoni per la nettezza urbana.
Di sicuro ci fu un complotto, ce ne stavamo lì, l'aguzzino di sbieco sul divano, appagato da mezzo chilo di oro saiwa che ci aveva fatto mordere con fare voglioso per stuzzicare la sua libido e i suoi succhi gastrointestinali. Dopo s'era fatto vincere dal torpore che Gerry Scotti riesce a infondere in tutta la stanza quando ci fa giocare a Passaparola e noi stavamo buone, coperte alla belle meglio per celare al mondo le nostre rotondità tinte di un rosa carne quasi perfetto.

La donna-panzer ci prese insieme ad una vecchia copia di Famiglia Cristiana che ormai faceva parte dell'arredamento da quasi tre anni, finimmo a mordere il naso del Papa e il culone cellulitico di una suora, c'era un implicito contrappasso.
Finimmo lì, nel sacco nero degli scarti quotidiani, ci spinsero bene in fondo e poi strozzarono il sacco.



continua

Salvatore Tedesco. SAGGIO SULL'UMORISMO FELINO

Crediamo di conoscere la storia del gatto di Alice nel paese delle meraviglie: il gatto che sorride, e che a poco a poco diventa invisibile, sinché non ne resta che il solo sorriso.

Ma questa non è che la prima metà della storia: il gatto dovrà riapparire, e precisamente – ed è questa la tesi che cercheremo di dimostrare – nella figura di un cane: di Snoopy. Siamo sempre stati profondamente convinti che in realtà Snoopy fosse un gatto, e spie sorprendenti di questa sua natura ci sembravano essere il suo trasformarsi nella figura del "feroce avvoltoio", o, ad un livello più profondo di analisi, il suo odio per il "gatto dei vicini", un personaggio assente, come gli adulti, presente nella coscienza di Snoopy, come la "ragazzina dai capelli rossi" in quella di Charlie Brown, ma, in più, presente in infinite occasioni quando distrugge la cuccia di Snoopy (che dorme, come noto, sul tetto, e che ha una sintomatica, a mio giudizio, amicizia con un uccellino, Woodstock), o fa a pezzi il guantone da baseball con cui Snoopy protegge la mano che gli offre la pace.

Tutti questi momenti erano, lo ripetiamo, indizi di una natura felina, violentemente rimossa, ma a tratti riaffiorante: Snoopy aveva un bel definire stupido il "gatto dei vicini", ma noi lo vediamo piuttosto come invincibile, e poi, che magra figura fa la caninità, agli occhi di Snoopy; è celebre la triste galleria dei personaggi canini: dal fratello Spike, prima magrissimo, denutrito (vive spazzando la tana di un branco di coyote, nel deserto) poi, dopo la cura di Lucy, teso come un tamburo (come una grancassa, corregge Snoopy, suggerito dal gatto-ex-machina), agli anonimi cani che inseguono abbaiando le auto, e poi, sorpresa, la cagnetta che Snoopy ama, e che non vede mai, avvolta come è da una nuvola di fumo, durante una violenta manifestazione all'Allevamento della quercia, ha "zampine morbidissime", trasparente richiamo ad una non placata, struggente, nostalgia felina.

Ma, a tutto ciò si aggiunge ora, nella nostra considerazione, un nuovo elemento decisivo: Snoopy racconta a Woodstock la storia del "bracchetto che diventava invisibile" – che è appunto la storia del gatto di Alice, e, in più, nel bel mezzo della sua trasformazione, divenuto soltanto sorriso, si accorge di non riuscire a ridivenire visibile, scoprendoci così l'incompiutezza rilevata in apertura nella storia di Carroll: se Snoopy ridivenisse a quel punto visibile, sarebbe un gatto.

Formulare questa ipotesi serve solo a rendere plasticamente evidente il nostro discorso; ma è in effetti, nella sua indimostrabilità, un'ipotesi non necessaria, dal momento che ci basta constatare che Snoopy scopre inavvertitamente la sua vera natura: è dalla natura felina che attinge tutte le sue energie, in cui trova il suo ubi consistam.
"Qui oderit animam suam custodiet eam".
Questo detto evangelico potrebbe stare a epigrafe dell'intero agire del "teologo" Snoopy (troppo CANonico, gli dice Lucy).
Notiamo come un'eco dell'eresia di Shebbetay Zwi, il Messia apostata della mistica ebraica che condivide la natura umana sino al peccato e all'apostasia, ma forse ancora di più, qualcosa di ancora infinitamente più purificato; solo rinnegando sé nel suo odio esplicito per i gatti, nella sua amicizia per un uccello (il nemico e la preda naturale dei gatti), potrà ritrovare se stesso.

La forza che sopporta la caninità ed in essa si mantiene, è la vita dello spirito felino. Esso guadagna la sua verità solo a patto di ritrovare sé nell'assoluta abiezione canina. Questo soffermarsi è la magica forza che volge il negativo canino nell'essere felino.

Umorismo felino: il più difficile; il gatto guarda sé nell'assoluta interiorità del suo spirito – e fuori non viene nulla; il sorriso del gatto resta nella sua purezza solamente intuita; ma il gatto deve comunicare, rendere dicibile. E così la forma necessaria di questo suo comunicarsi è il cane: il cane è il momento in cui il gatto esce dalla sua indicibilità, e l'umorismo felino si dispiega in una storia, anzi, nelle storie di Snoopy.

(Salvatore Tedesco insegna Storia dell'Estetica all'università di Palermo)

18/10/05

Di denti e di labbra. Sulle facce e voci ai tempi dell'email.

Sabato (l'otto ottobre) sono stato all'officina. Dei contenuti ve ne parlerò in seguito (e ve ne parlerà meglio Livia sul Gasoline del prossimo mese), ma mi premeva dirvi che ho visto per la prima volta alcune persone di cui da anni leggevo le loro mail proprio qui, in questa lista. Ho conosciuto con grande piacere l'esplosivo e competente Tonino Pintacuda, poi Rosa Elisa Giangoia, un pozzo di conoscenza e di entusiasmo per la letteratura; Annamaria Manna, la superguida - linkata da quasi tutti i siti letterari - di Supereva per la scrittura creativa, e Gabriele Guzzetti, rappresentante del gruppo "Ulisse" di Uboldo.


È stranissimo appiccicare in un colpo solo i racconti e le poesie a dei visi sorridenti. Il procedimento di conoscenza è rovesciato rispetto a ciò che avviene di solito. Prima, di consuetudine, si conosce una persona, ci si stringe la mano, e si parla un po'. Poi, eventualmente, ci si scambia corrispondenza. Qui è tutto l'opposto: di quella persona si conoscono già la residenza (Bagheria, Genova, Trento, Uboldo), si pensa a Bombasicilia e ai macchiafogli, alla critica letteraria e ai racconti di Rosa, ai diari scolastici che anni fa mandava Annamaria in lista, alle persone care e alle montagne dei post di Gabriele. Insomma, prima conosci una «voce», l'andatura e lo stile di scrittura, e poi la persona. Questo grazie alla tecnologia.


Che può essere usata bene e male, come tutti gli oggetti, come il famoso anello nelle mani di Gollum, Bilbo e di Frodo. In questo caso la rete è servita a tenere i contatti tra persone a centinaia di km di distanza; ma, a mio avviso, non è la stessa cosa. Non è mai la stessa cosa; sarebbe molto più incisivo se vedessi spuntare Demetrio a casa mia per parlare del racconto del mese. Comunque nel caso di una lista che abbia fini letterari, visto che il fine ultimo è l'uso proprio e improprio della parola scritta, questo limite è meno importante. Se invece spostiamo il tiro a una mailing list che abbia il fine ultimo di far conoscere altre persone e allacciare nuove amicizie, o ad una chat, o ad un messenger, questo limite diventa un abisso. La conoscenza in carne ed ossa è insostituibile, evita spiacevoli malintesi, e - per chi si conosce di già - non è uno strumento paragonabile, a mio avviso, ad una chiacchierata davanti ad una buona birra. In altre parole: sono molto contento di aver visto quei visi, così come spero in futuro di vederne altri di questa lista. Quando mi iscrissi a Bombacarta, tenevo il nick Mario Rossi, poi dopo un po' di tempo cambiai in Antonio, e dopo un altro po' lo cambiai in Toni, esattamente come mi chiamano gli amici e le persone care. Nell'anonimato non mi riconosco, sono (e lo sarei anche con un falso nome, ma forse a cuor più leggero) responsabile di ciò che scrivo in prima persona. Per tutto questo, quando capita, mi fa un gran piacere vedere i volti responsabili degli scritti che quotidianamente leggo. Se un giorno di un sabato futuro poteste venire ad un'officina di Roma, cari listaioli, sarei lieto di conoscervi.


Sempre a proposito di questo mi viene in mente una ragazza che vidi salire sul treno dopo aver salutato, abbracciato e baciato il suo ragazzo. Dopo un paio di minuti si mise a comporre un sms, poi ne ricevette uno dopo cinque minuti, e così via per circa un'ora; dopodichè telefonò, e ricominciò la solfa degli sms; ho buone ragioni per ritenere che tutte questi messaggi e telefonate fossero rivolti al ragazzo che aveva lasciato sulla banchina della stazione. Va tutto bene? A mio avviso no. Il telefono le dava l'illusione di avere quel ragazzo ancora davanti a lei, le anestetizzava il dolore della sua mancanza. Quella mancanza è utile, dà la possibilità di interrogare se stessi sull'importanza di quella persona, di sentire la propria voce in solitudine e di vivere "qui e ora" nella realtà senza stare costantemente proiettati da un'altra parte. La realtà è che lui in questo preciso istante non c'è, non ci sono surrogati(telefoni, sms, videotelefoni, chat) che tengano.
Una voce ha un viso che sorride, delle mani da stringere, un corpo da abbracciare.




Toni La Malfa

R4 mon amour!



Ne guidavo una anch'io, verde pisello, semplicemente fantastica.
Poi s'è spenta in silenzio...
Qui invece c'è qualcuno che ancora non s'è deciso a cambiarla.

15/10/05

restyling



altre foto sempre qui

«Bombacarta» fra scrittura e vita

«BombaCarta» cresce e si diffonde sul territorio. L'associazione culturale, nata nel 1998 da un'idea del gesuita Antonio Spadaro, scrittore della «Civiltà cattolica» e critico letterario, è diventata lo scorso 10 ottobre una federazione di associazioni che raccoglie numerose realtà in tutta la penisola, da Bagheria a Genova, da Trento a Uboldo (Va) a Reggio Calabria.
«BombaCarta» è un organismo vitale e variegato che si articola su diversi tipi di esperienze: c'è la una mailing list che conta diverse centinaia di iscritti che si scambiano idee, pareri e polemiche su propri e altrui lavori creativi, una serie di laboratori di scrittura, ma anche video, teatro, lettura critica, intitolati questi ultimi alla figura della grande narratrice statunitense Flannery O'Connor, un'officina mensile che si tiene presso l'istituto Massimo di Roma.
«Tutto si basa - spiega Spadaro - sullo scambio di idee, amicizia, competenze. BombaCarta è un luogo in cui si impara a sviluppare un rapporto profondo tra arte e vita».
L'associazione che ha da poco realizzato una giornata di studi dedicata a Raymond Carver, tornerà presto in pubblico con un incontro, tra gli altri, sull'antologia di Spoon River nella rilettura musicale di Fabrizio De André.




Saverio Simonelli, da L'Avvenire del 12 ottobre

13/10/05

IL PASTO GRIGIO di demetrio paolin

Domenica mattina la capitale dell'isola triangolare è una donna un po' sfatta che si stiracchia le ossa sugli scogli del molo. Prodi al giardino Inglese, la messa con il coro dei Maltesi, in mezzo un traffico da guiness dei primati.
Giro e rigiro le ruote della Ford Fiesta, niente. Manco uno spiazzo, il cellulare continua a suonare: la Principessa mi cerca, perduta con la cinquecento L del '73 in mezzo alle straduzze traditrici che le piacciono tanto.
La giunta forzista ha rimesso a nuovo il Foro Italico, finalmente nel prato ci puoi andare. Infilo la ford nell'insenatura che c'è prima di dirigersi verso le curve della Strada Statale 113.
Ho la macchina fotografica digitale ma senza le batterie e nella spiaggia vedo un bambino di sette anni che fa fare il bagno al cavallo, pare un quadro del Picasso della fase azzurra.
In testa mi pulsa l'ultima zuffa con l'allegra famigliola, perché mia madre l'ha capito prima di tutti che così avanti non si va. Ogni mattina mi ricorda che la mia carta d'identità dice al mondo che di anni ne ho ventitre.
Posso essere profondo e spiritoso, barbuto e riccio ma qualcosa mi devo inventare. Ho l'ultimo anno della specialistica che s'affaccia sull'abisso,un abisso in cui la speranza alla fine ha vacillato. In quell'insenatura del golfo di Palermo ho capito il senso del "pasto grigio" di Demetrio Paolin.

Credevo davvero d'averlo capito, con una di quelle intuizioni che ti luccicano nello specchio mentre ti rifili la barbetta. Ma è stato un fuoco fatuo, c'era un vizio di fondo. È come nota Wittgenstein nelle Ricerche Filosofiche: nessuno è mai sicuro, davvero, che l'altro abbia fin in fondo capito i nostri giochi linguistici. L'esempio che Ludwig fa è quello della serie dei numeri naturali: sotto i cartelli dell'alfabeto, magari sotto l'improbabile "u" di upupa ci hanno spiegato la regola "n+1", per ottenere tutti i numeri naturali, dobbiamo aggiungere un'unità e così via, sino a un'improbabile infinito potenziale mai attualizzato. Ma il dubbio resta, siamo davvero sicuri d'aver capito, se continuassimo a contare sino all'ultimo rantolo di questa terra stanca e logora, cosa resterebbe?
La vicenda che c'è al centro del grigio urbano di Demetrio è asfittica, la scena iniziale è paradigmatica, un autobus di quelli che girano senza meta nella loro via crucis di quotidianità maciulla un vecchio, Matteo va a casa, saluta l'Elvira, la sua vicina a cui snocciola commenti e formazioni di calcio come grani di rosari. E Matteo arriva a casa e coltiva le begonie, lo fa per non appannarsi. Intuiamo qualcosa, dopo dieci pagine ne abbiamo la certezza. Matteo è il più atipico dei lavoratori atipici.
Io che Demetrio lo conosco non facevo che cercare il mio amico in questo personaggio, inutilmente. Ecco, Demetrio ha lasciato la scena alla vicenda, ci sono due o tre scene davvero potenti. E quelle le ho capite solo ieri sera. Ecco, questo è un altro merito del nostro Paolin, in alcuni setting assurdi il suo romanzo diventa una specie di Virgilio di carta e inchiostro, la bella carta impaginata con quella scelta-destino di non mettere il nome dell'autore sulla copertina, uno schiaffo a tutto l'onanismo egotistico che ha intossicato l'editoria italiana, personalismi. Non compro più un romanzo che parla di..., che detta dentro questa cosa qui, no compro un Aldo Nove, uno Stefano Benni, un Giorgio Bocca. Io ho comprato IL PASTO GRIGIO, solo quello. E al ritorno da Roma in mezzo al traffico causato dal blocco ad oltranza dei tir, nella sera palermitana con le marmitte che tossicchiavano il loro fumo azzurrognolo ho capito davvero, ancora un po' di più quello che "il pasto grigio" vuole significare.

C'è una grande assente che si staglia contro la vicenda di Matteo e dell'Elvira, è la speranza. Quella che io infilo praticamente in ogni paragrafo, quella che m'ostino a pettinare ogni sera prima di infilarmi sotto le coperte dopo lo squilletto della buonanotte alla Principessa.
Non c'è nessuna apologia, un'assenza che urla di pagina in pagina, nessuno spera, nessuno cerca di cambiare la sorte che gli è capitata. E lì coi camionisti che hanno messo di traverso i loro tir per bloccare la vita di Palermo, una metafora vivente di questi tempi di disamore intossicati, lì, bloccato per cinque ore di fila con in sottofondo Battiato, il pasto grigio finalmente m'ha parlato.

tutte le notizie sul libro

12/10/05

Ho rapito Dontemanda. (racconto del fratello DDT)

Camminavo, fumando una sigaretta francese.
Ero bello come un dio avvocatizio: scintillanti scarpe eburnee, completo di un ieratico piombo spinato, camicia azzurro cielo a bottoncini sotto, una cravatta reggimentale sangue e oro, che le donne sospiravano sempre ad incontrarla.
Una macchina da guerra, insomma, che pensava ai fatti suoi, quindi anche più scostante del solito. Peccato per la faccia bianchigna e le occhiaie nere da panda, ma non si può avere tutto dalla vita. Specie se non noleggi il fondoschiena.

Dondolavo avanti e indietro, movimento appena accennato, la borsa piena di carte bianche e cartelle rosse rosse con su scrittoavvocato X, che poi sarebbe il mio nome.

Avanzavo, preceduto da una nuvola di fumo, la sigaretta ben salda nella mano e sguardo squadrista al radioso sol dell'avvenire.
Nel mio studio, computer silente ed efficiente violava ripetutamente la legge sul copyright, scaricando Dalla cina con furore di e con Bruce Lee, l'ultimo film di Ben Stiller, un lungometraggio animato di robbottoni giapponese coi sottotitoli in slovacco e gola profonda,versione originale del 1974, già che c'ero.

Ero un uomo con la U maiuscola, dovevo reagire.

Lo presi all'uscita di un seminario di glottologia semantica apotropaica, che il fetido esserino frequentava per rilassarsi, dopo la lezione di grammatica jonica.
Agii, come sempre, con la classe e raffinatezza che contraddistingue il gentiluomo bandito part time che mi pregio d'essere: «FERMI TUTTI, RICCHIONI! E TU, STRONZETTO, ENTRA IMMEDIATAMENTE NEL BAGAGLIAIO! IL PRIMO CORNUTO CHE PROVA A RESPIRARE LO SFONDO!» Nessuno respirò.

Piagnucolò un poco, bagnandosi i pantaloni, quando lo legai alla poltrona ninja e gli dissi che col cazzo che avrebbe visto CultBook, quella sera.

Poi, senza la minima pietà, in sequenza, lasciai scorrere le immagini di:
Scemo + scemo, L'urlo di chen terrorizza anche l'occidente, Robottone contro Robottone contro Robottone, Fantozzi va in pensione e poi ci ripensa, il meglio del meglio di Scommettiamo che, Milano città violenta e bagasciona e, soprattutto, il capolavoro assoluto del cinema di di tutti i tempi: Alien Vs Predator n.9.

Poi, iniziò il lavoro vero.

Dovetti riprogrammarlo fin dalla base: turpiloquio e furto in catoleria, violenza gratuita ai più piccoli e, soprattutto, alle bambine, peti molesti ed indesiderati, specialmente durante funzioni religiose e all'interno di ascensori pieni, abuso delle miccette e contrabbando di raudi vietati ai minori, regole per le gare di rutti e piscio più lontano, ingurgitamento di cioccolate e lancio di gavettoni ai disabili e, sopratutto, IL CIAMBELLONE E' PER I FROCI, CHIARO!!??

Lo iniziai alle patatine fritte con la salsa curry di mac, trucioli di segatura idrogenata al sale grosso e olio esausto.

Continuai con il Black Metal, l'EBM, il Noise industriale giapponese e, dulcis in fundo, i Profilax.
Altro che quella pignatta sfondata di bobdilaaa!

Lo facevo andare al cesso solo con Topolino, Lanciostory e Nathan Never, a seconda delle esigenze: bisogno di evacuare, voglia di soft core umoristico, desiderio di avventura e aggiornamento sulle nuove tecnologie.

Il tutto durò una settimana, alla fine, stremato, ebbi il primo successo:
durante una pausa, Donte catturò il gatto della vicina, orrendo felino semipersiano butterato e dall'alito pestilenziale, e lo infilò in lavatrice, programmando - yahoooooooo!! - la doppia centrifuga e l'asciugatura rapida.

Commosso,di lì a breve lo restituii ai suoi genitori.
Il piccolo era finalmente tornato bambino.

------

spqrrideteénataledueottododici004

asterione

Asterione promuove il confronto fra le diverse discipline:

* l'opportunità di confrontarsi con diversi punti di vista, diverse modalità di costruzione del problema, diversi processi creativi apre al singolo nuovi orizzonti all'interno della propria disciplina.
* la specializzazione, quando perde la visione d'insieme e si affida esclusivamente ad un atteggiamento analitico, si tramuta in mero esercizio intellettuale. Il confronto fra le diverse aree disciplinari consente su piccola e su grande scala il recupero di un movimento sintetico.

Asterione promuove lo studio delle relazioni fra soggetto e comunità, al fine di garantire un equilibrio aromioso e la salute dell'uno e dell'altra. Asterione si pone al servizio della persona, della sua crescita, dello sviluppo delle sue capacità e competenze, della stimolazione della sua creatività, e al servizio della comunità favorendo la lettura e l'interpretazione dei fenomeni collettivi.

Asterione promuove la libertà delle informazioni e la qualità della formazione.

In particolare, Asterione promuove lo scambio ed il confronto fra

* scienze mediche, psichiatriche, psicologiche e psicoanalitiche
* filosofia, fisica e matematica
* scienze della formazione
* arte e letteratura
* economia, politica e diritto
* tecnologia, informazione e nuovi media

io sono qui

10/10/05

La compagnia di BombaCarta

Cari amici, Oggi è nata è la Federazione BombaCarta! BombaCarta non è più solamente una Associazione ma una Federazione di associazioni e gruppi culturali che condividono ispirazione e progetto culturale. Adesso le sedi sono Roma, Reggio Calabria, Trento, Uboldo (VA), Bagheria (PA), Genova. Si attendono altre realtà, ovviamente!

A Roma dal 7 al 9 ottobre si sono riuniti i responsabili dei gruppi e delle associazioni locali. Ma... In realtà non è vero... La Federazione era già nata di fatto nella nostra storia concreta. Quel che è accaduto in questi tre giorni a Roma è stato un passo importante solo perché ha siglato una realtà che spontaneamente avevamo costruito pezzo per pezzo nel corso di 8 anni.

Se non fosse stato così avremmo edificato un ente di ragione non una REALTA’. Perché sono stati belli questi giorni, come molti partecipanti mi hanno detto al telefono in queste ore? Semplicemente perché abbiamo verificato di persona (fisica) l’armonia che è cresciuta tra noi e, con questa, la conoscenza reciproca. Questo è bello: siamo stati insieme stupendoci, alla fine, della estrema fluidità e congenialità che si respirava. Io sono veramente felice e grato alla vita per avermi dato di vivere questa esperienza di legame impensabile e improbabile tra persone di diversa formazione, età, mentalità e luogo di vita....

Chi vorrà iscriversi alla Federazione BombaCarta potrà scegliere liberamente se iscriversi all’associazione o al gruppo che sente più idealmente vicino, al di là di ogni vicinanza territoriale, ovviamente. In seguito ogni realtà, quando e come vorrà, darà indicazione su come fare. E’ stato costituito anche un Consiglio di Federazione composto dai responsabili/presidenti dei gruppi/associazioni. BombaCarta!! Avanti tutta!! Antonio

Di seguito un sugoso racconto dell’evento (una sorta di cronaca personalissima e tolkeniana) di Andrea Monda:

Ieri e oggi si è svolta la riunione dei rappresentanti delle realtà locali collegate a BombaCarta: Bagheria, Genova, Trento, Uboldo, Reggio Calabria e BC è diventata una federazione. Come sapete sono un appassionato lettore del Signore degli Anelli. Ecco, questa riunione ha appagato la mia dimensione “epica” e specificamente “tolkieniana”.
 Durante la riunione è stato Stas ha farmelo notare: “Antonio è Elrond”, mi ha detto.
 C’è infatti un episodio, centrale, del romanzo che è quello del Concilio di Elrond (contenuto nel lungo e omonimo capitolo) che è molto simile a quanto accaduto ieri e oggi al Massimo.

 Attorno a quel “mitico” tavolone di legno, quello delle Officine, si sono riuniti una quindicina di persone, provenienti da diverse lande della Terra d’Italia e hanno eletto 6 rappresentanti che insieme costituiscono il Consiglio della Federazione BombaCarta.

A Gran Burrone, la Casa Accogliente di Re Elrond, si sono riunite una dozzina di personaggi provenienti dalle diverse lande della Terra di Mezzo e hanno eletto 9 persone, i componenti della Compagnia dell’Anello. Così Elrond introduce il Concilio da lui (apparentemente) convocato: «Questo è il motivo per il quale siete stati tutti chiamati qui. Chiamati, dico, pur non avendovi io chiamati a me, stranieri di remoti paesi. Siete venuti e vi siete incontrati, in questo breve lasso di tempo, parrebbe quasi per caso. Eppur non è così. Sappiate che è stato ordinato che noi seduti in questo luogo, noi e non altri dobbiamo trovare una soluzione al pericolo che corre il mondo» (Il Signore degli Anelli, pag.307)
Nella tesi che presto discuterò all’Università Gregoriana, cito questo brano a dimostrazione della presenza della Provvidenza tra i protagonisti del romanzo di Tolkien e aggiungo che tutti i partecipanti sono stati “convocati” come seguendo una misteriosa “regia” che è all’opera. A fronte della chiamata c’è la disponibilità degli uomini ma anche l’aiuto del “misterioso regista”. La responsabilità dell’uomo quindi non è schiacciata ma messa nelle condizioni per essere esercitata. La Grazia viene in soccorso proprio per questo.
Come scrive il teologo protestante Dietrich Bonhoeffer: «sono fermamente convinto che Dio ci concederà in ogni situazione tanta forza quanta ne abbiamo bisogno. Ma non la dà in anticipo affinché non ci fidiamo di noi, ma di lui soltanto»; Aragorn così si presenta agli hobbit, sotto i logori e inquietanti panni di Grampasso: «Non vi chiedo più di quanto voi possiate offrire» (Il Signore..., pag.218). Anche il buon Spadaro, forse per conto di un Altro, ci chiede quanto noi possiamo offrire: né più né, senza dubbio, di meno. Ma perché eravamo là? Che siamo andati a vedere al Massimo? E’ stato meraviglioso il solo fatto di stare lì, di trovarci insieme lì, senza nemmeno esserci mai conosciuti di persona, prima di allora (potenza della rete informatica, direbbe giustamente Tonino Pintacuda, Internet, “il palantir” e le aquile della Terra di Mezzo!).

Tutti insieme quasi “costretti” a partecipare da questo comune sentire che è nato e cresciuto in questi 8 anni. Ognuno con la sua storia unica, con questo spazio dato a BC, ritagliato nella propria vita a favore di questa “risorsa di vita”. Ieri mentre le ore scorrevano e tutti i “convocati” si presentavano, li guardavo e pensavo a quella pagina del romanzo e mi divertivo a fare delle “sovrapposizioni”, ovviamente molto “libere” (spero che nessuna le prenda sul serio, ma per quello che sono, un divertimento per un hobbit perdigiorno come il sottoscritto). Comunque: così come nel romanzo è forte e chiara la differenza linguistica dei personaggi (uomini, elfi, nani, hobbit…), così ieri sentivo quegli accenti, così vivaci dei nostri rappresentati, che meraviglia! Gabriele da Uboldo, Tita da Reggio, Antonio da Messina (sì, pure lui!), Rosa da Genova, Annamaria nel suo trentino-partenopeo e Tonino col suo palemmitano!

Tonino poi era perfettamente tolkeniano: con la sua passionalità, i suoi impeti improvvisi, la permalosità sicula e la vivacità di tutti i suoi interventi. Ho rivisto davanti a me il personaggio di Boromir. E’ costui (per gli ignoranti in fatto di Tolkien) una nobile figura di guerriero orgoglioso e generoso; il suo sacrificio cavallerescamente eroico a favore degli Hobbit al termine del primo libro della trilogia è uno dei momenti più toccanti della saga. Ma è interessante che Boromir arriva nella casa di Elrond portando con sé (così come fanno gli altri) tutti i problemi del suo paese, Gondor, posto al sud della Terra di Mezzo e la critica che lui porta agli altri paesi è davvero interessante: “io sto lì, nel sud, tutto solo a combattere contro Sauron, una battaglia che faccio anche per conto vostro e voi ve ne state qui a Gran Burrone a chiacchierare senza muovere un dito e poi volete anche assumere il comando delle operazioni e chiedere obbedienza a me, che vi salvo dalla disfatta!” Più o meno quanto disse il sagace Tonino nel Concilio del Massimo.

Poi ci sono gli altri alleati, gli altri paesi liberi ma che (apparentamente) non combattono come fa Tonino-Gondor, alcuni perché “scollegati” dagli altri: Tita e Rosa, così poco informatizzate simili al regno degli Elfi di Lorien o alla Marca di Rohan. Poi ci sono quelli che fanno tutti da sé: come Annamaria, novella Tom Bombadil nella Vecchia Foresta di Trento (costretta a pagare il bollo per mandare avanti i laboratori di lettura!), poi ci sono i Woses di Uboldo, tutto “movimento” e poco “istituzione”, abbastanza invisibili ma in realtà utilissimi nel momento del bisogno e infine ci sono gli Hobbit.. i romani! Ecco la Contea, tutta immersa nel verde, nel fumo del tabacco e delle chiacchiere, insomma nell’ozio più assoluto (questo sempre secondo il focoso Tonino-Boromir…e un po’ ha ragione)!
Io mi sono sentito come il vecchio Gandalf (scusate la modestia), chiamato dalla Contea ma non per fare grandi cose e sventare i tanti tranelli del Male ma solo per allietare le grandi feste con meravigliosi fuochi d’artificio.. che altro sono se non questo i Grandi Eventi?

Meno male che c’è Stas-Sam, sposato con la dolce Rosie-Cecilia, che è il fido braccio destro del nostro eroe, Antonio-Frodo-Spadaro che porta da ormai 8 anni questo fardello-anello che è la Presidenza dell’Associazione (e ora che è diventata Federazione il fardello si è fatto ancora più pesante)… hip hip hurrah per il nostro Presidente e per il nostro Vice-Presidente!
E meno male che ci sono anche gli altri hobbit, quei mattacchioni di Merry-DDT e Pipino-Gaston che ci allietano con la loro arguta allegria! (e quando si stancano sono subito rimpiazzati dal sottoscritto accompagnato dall’immancabile, spesso latitante, Saverio!). E meno male che c’è Michela, anche se da quando si è messa l’anello (nuziale) al dito ha scoperto il primo potere dell’anello: l’invisibilità.. è sparita! .. riusciremo nella nostra missione?

La Federazione BombaCarta resisterà agli attacchi del nemico? Intanto proviamoci, poi la Provvidenza provvederà, no? Intanto: W la Compagnia di BombaCarta! W la Federazione! Andrea

01/10/05

Riceviamo e pubblichiamo (per i palermitani)

Gli amici di Oblomov
Associazione culturale Per/Corsi letterari al Parco Tomasi di Lampedusa

Laboratori di Scrittura e Incontri di Lettura

 A metà ottobre iniziano i Laboratori di scrittura e gli Incontri di Lettura dell´associazione culturale Gli amici di Oblomov al Parco letterario Tomasi di Lampedusa.
Sono previsti

Laboratori per principianti (di ogni età, dai 18 anni in su),
Laboratori per chi già scrive,
Incontri per chi ha una lunga esperienza di scrittura e ha già pubblicato qualcosa,
Incontri di lettura.

 I Per/Corsi degli Amici di Oblomov sono curati da Beatrice Agnello, Marcello Benfante, Leonora Cupane, Matteo Di Gesù, Franco Romeo, Mario Valentini. Laboratori e incontri danno vita a una piccola comunità letteraria, impegnata contro l´uso approssimativo, sbadato e anonimo delle parole. Servono per coltivare l´osservazione e l´immaginazione, per imparare a raccontare, per cavare fuori dalle parole la loro forza conoscitiva ed emozionale. Sono un luogo conviviale per chi ama leggere, discutere, incontrare altri lettori e scrittori.

INFORMAZIONI e ISCRIZIONI:
Beatrice Agnello 338.8632095 beagnello@libero.it
Fabrizio Piazza 091.323493.