20/12/11

Diario Milanese. Tentacoli e cornetti

milano
Mi volto e mi rivolto
, è mai possibile che sia diventato anch’io cieco alle differenze abissali che separano noi bagheresi da questi lombardi? È mai possibile che anch’io inizi a lamentarmi se il bus è in ritardo di soli 8 minuti? Milano giorno dopo giorno ti trasforma in Forrest Gump, corri così tanto che alla fine neanche ti ricordi perché. Tra una giacca da ritirare in lavanderia e il bucato che gela nello stendino ancora prima d’asciugarsi. Poi però arriva l’illuminazione. Ero con la mia Silvia - il dono più grande di questa vita nuova - a combattere il freddo sorseggiando una cioccolata calda in quei locali d’alluminio che vorrebbero ricreare piccole americanate nella città dei Navigli. Stanco per via del nuovo incarico che m’ha privato anche dei sabati e delle domeniche, dimentico che qui i cornetti si chiamano “brioche”. E dire che un amico napoletano m’aveva avvisato. Me lo ricordo ancora, eravamo alla presentazione d’un libro e Paolo mi ricordava il suo primo approccio con questa città tentacolare, capace di farti spiccare il volo o stritolarti per sempre. Paolo arrivava dalla Campania e s’infila in un bar. Da buon partenopeo chiede un cornetto. E il barista gli risponde che d’autunno non hanno gelati. Qui il cornetto è solo quello Algida. Consapevole di questo, da allora in poi nelle rare colazioni che mi concedo nella quotidiana guerra tra lo stipendio e il calendario, variazione negli anni precari del celebre paradosso d’Achille e la Tartaruga, ho sempre ordinato un “cappuccio” e una brioche. Oggi no. Ho chiesto un cornetto per accompagnare la cioccolata. E il cameriere m’ha portato un cono vuoto. Un cono da gelato. Io e la mia Silvia ci siamo visti, lei sempre più bella e pugliese e io sempre più canuto e siciliano. Ci siamo dovuti arrendere. Siamo nella loro città, dobbiamo seguire le loro regole.