27/09/03

Sono tornato. Trovo 2800 e-mail da scaricare, la lista dei testi per la tesi, gli impellenti impegni di BombaCarta. Però almeno non sentirò parlare più nè di Cetrioli aggittanti, nè di semi-sibolico nè di puzza cadaverica. Preparo illuminante resoconto sulla scuola autunnale sul Titano e posto al più presto.


P.s. BombaCartaceo per le Dicotomiche Lettrici e i Dicotomici Lettori Romani


L’Assemblea dell’Associazione è fissata a Roma per il sabato 4 ottobre alle ore 17.30.
I lavori si concluderanno intorno alle 20.30. Si svolgeranno presso la nostra sede di via Tomacelli, 146 V piano, interno XVII (Come arrivarci: scendere alla fermata Spagna della linea A della Metro, proseguire per via Condotti fino ad incrociare via del Corso. Dalla parte opposta della strada si trova via Tomacelli. Dalla fermata della Metro dista 7 min. ca).
Ecco l’Ordine del giorno:


1) Il tema dell’anno: “Credere nelle storie”. Come, dove e quando si svolgeranno le Officine.
2) Laboratori: quali, dove, chi , come
3) Breve info sulle realtà decentrate e i nostri impegni fuori Roma (Bagheria, Reggio Calabria)
4) Rapporti con le scuole
5) Le questioni legati legate alla privacy per le attività in rete e anche quelle legate alle
attività reali da varare il prossimo anno
6) Elezioni del Consiglio direttivo dell’Associazione e del Presidente*


Il giorno successivo, 5 ottobre sarà dedicato ai lavori del Consiglio, ma l’incontro è aperto a tutti i soci dell’associazione che volessero partecipare. In particolare i vecchi consiglieri, anche se non rieletti, sono caldamente invitati a partecipare all’incontro. L’appuntamento CAMBIA SEDE e si terrà a Roma presso l’Istituto Massimo, via Massimiliano Massimo, 7 (Come arrivarci: scendere alla fermata Eur-Palasport della linea B della Metro e raggiungere viale Europa. Salire la grande scalinata fino in cima e quindi girare a sinistra e proseguire fino a raggiungere la grande cancellata bianca dell’Istituto. Dalla fermata della Metro 12 min. ca.).
Ecco l’ordine del giorno:


ore 10.30
1) Valutazione di tutte le attività in rete col nome di Bombacarta: sito BC, Mailing list, Newsletter, sito BS, Forum, Gasoline, Blog,...
2) Revisione degli Statuti? L’idea della trasformazione di BC in ONLUS?
3) Il Centro Culturale Chris Cappell: identità e gestione
4) Rapporti con le realtà esterne a BC (strategie di inserimento nel dibattito culturale in giro nei festival, incontri, stampa,..)
5) Il libro di Bombacarta e rapporti con gi editori (Fernandel, Minimum fax, Messaggero, Il cavaliere azzurro, Guaraldi,...)


Ore 12.15 – Libera pausa pranzo con possibilità di partecipare anche alla messa nella chiesa adiacente


ore 15.00
1) Grandi Eventi e rapporti con le Istituzioni. Il Convegno BC sulla Scrittura creativa, Carver Day, O’Connor Day, Tolkien Day, Cervantes...
2) Finanziamento delle attività (scuole, ministeri, iniziative private, mecenati, sponsor). Idee?
3) La questione dell’ufficio stampa
4) La nostra formazione tecnica e “ideale”. Proposte


* l’elenco dei candidati al Consiglio:


Michela CARPI
Laureata in Lettere (Letteratura moderna e contemporanea), collabora con la casa editrice Cooper &Castelvecchi e tiene incontri e laboratori su varie forme di scrittura creativa. Collabora con l’associazione “Bibliopoli” per il coordinamento di corsi di formazione in ambito editoriale. Ha pubblicato la monografia Cesare Zavattini direttore editoriale (Aliberti editore) e ha curato la bibliografia e la filmografia del volume dell’Opera omnia di Zavattini edita da Bompiani. Scrive recensioni per il mensile Letture, per la rubrica bibliografica de La Civiltà Cattolica e per l’inserto culturale Stilos del quotidiano La Sicilia di Catania. E’ consigliere uscente.
Vive a Roma e ha 28 anni.


Domenico DI TULLIO
Laureato in Giurisprudenza presso “La Sapienza” di Roma. E’ avvocato difensore. Fa parte del movimento Saturnista ed è redattore della rivista Montag.
A lui sono affidate tutte le questioni giuridiche che riguardano BombaCarta e la redazione dei testi di valore legale. E’ uno dei moderatori della mailing list dell’Associazione, nella quale è noto col nickname “DDT”. E’ consigliere uscente.
Vive a Roma ed ha 34 anni.


Tita FERRO
Laureata in Lettere Moderne presso l’Università Cattolica di Milano. Ha insegnato italiano e latino in licei statali prima a Milano e poi a Reggio Calabria. Ha fondato il giornale Editoriale Studentesco. Ritiratasi dall'insegnamento, ha fondato a Reggio Calabria il primo "Laboratorio di lettura" della città rivolto a docenti delle scuole medie superiori. Ha ideato successivamente con il Gruppo "Pietre di Scarto" il Laboratorio di scritture creative "Carta, penna e...", di cui è responsabile, una Biblioteca Itinerante nella periferia reggina e gli incontri "Testimoni del nostro tempo" (Erri De Luca, Rosetta Stella). E’ organizzatrice di vari eventi culturali.
Vive a Reggio Calabria e ha 66 anni.


Cristiano GASTON
Laureato in medicina, specializzato in psichiatria e dottorando in "Neuroscienze e riabilitazione motoria e scienze del comportamento". E' psichiatra, psicoterapeuta e professore a contratto di "Psichiatria" e "Psicologia dei gruppi" presso la Facolta' di Scienze della Formazione dell'Universita' Roma 3. E' coordinatore del movimento Saturnista, curatore della sezione letteratura e poesia della Biennale di arte contemporanea di Porto Ercole e socio del Centro Italiano Ricerche Fenomenologiche. Ha pubblicato in collaborazione Psichiatria e Igiene mentale (Masson, 1997) e Cio' che non so dire a parole (Guida Ed., 1998).
E’ stato consulente del Consiglio di BombaCarta e ha tenuto interventi in Officina. Nella lista di BC è noto col nickname “DiFool”.
Vive a Roma e ha 32 anni.


Stas GAWRONSKI
Laureato in Giurisprudenza presso “la Sapienza” di Roma, è direttore responsabile di RaiLibro (magazine on-line di Rai Educational dedicato a libri e scrittura). Ha tenuto corsi presso l’Università LUMSA di Roma e il Centro Studi Americani della stessa città, oltre a varie conferenze e seminari sui temi della scrittura e del volontariato. E’ stato impegnato in varie attività sociali e ha pubblicato una Guida al volontariato (Einaudi).
E’ docente animatore del laboratorio di scrittura di BombaCarta e tesoriere dell’Associazione. Ha progettato il sito di BombaCarta. E’ consigliere uscente.
Vive a Roma ed ha 38 anni.


Angelo LEVA
Laureato in ingegneria elettronica al Politecnico di Milano, ha conseguito un Master presso l'Universita' di Leuven (Belgio). Svolge la pofessione di ingegnere delle telecomunicazioni e project manager.
E' vice-presidente di BombaCarta, direttore della rivista elettronica di BC (Gasoline) ed è uno dei moderatori della mailing list di BombaCarta. E’ consigliere uscente.
Vive ad Uboldo (VA) ed ha 42 anni.


Andrea MONDA
Laureato in Giurisprudenza presso “la Sapienza” di Roma e diplomato in Scienze Religiose presso la Pontificia Università Gregoriana. Lavorava nel settore legale del Monte dei Paschi di Siena, ma ha scelto di lasciare il lavoro in banca per insegnare nelle scuole secondarie superiori. Esperto di autori inglesi, ha pubblicato il volume Tolkien. Il Signore della fantasia (Frassinelli) in collaborazione con Saverio Simonelli, con cui sta lavorando a un volume storico-critico sul genere fantasy, e Lewis (San Paolo). Collabora come pubblicista con RaiLibro e vari quotidiani e periodici. E’ responsabile di vari eventi culturali realizzati con la Treccani, la Casa delle Letterature di Roma, il Pontificio Consiglio per la Cultura ed altri enti.
E’ il responsabile e l’organizzatore di tutti gli eventi culturali (giornate di studio, convegni,...) di BombaCarta ed è stato chiamato come consulente del Consiglio.
Vive a Roma e ha 37 anni.


Tonino PINTACUDA
E’ laureando in “Filosofia della conoscenza e della comunicazione” presso l’Università di Palermo. E’ collaboratore di varie riviste e periodici in Rete (Voices, Atlantide, ...).
E’ responsabile della sezione siciliana di Bombacarta e del sito BombaSicilia. E’ il grafico html della rivista Gasoline. E’ consigliere uscente.
Vive a Bagheria (Palermo) e ha 21 anni.


Saverio SIMONELLI
Laureato in lingue e letterature straniere moderne. E’ giornalista professionista e Capo servizio programmi culturali SAT 2000. Ha tradotto i racconti di Thomas Mann, la commedia Magic di G.K. Chesterton rappresentata per la regia di Mario Scaccia durante il festival del teatro Popolare di San Miniato (1995). Ha curato l'antologia di saggi di G.K. Chesterton sul romanzo giallo Svelare il Mistero e ha scritto il volume Tolkien. Il signore della fantasia (Frassinelli) in collaborazione con Andrea Monda, con cui sta lavorando a un volume storico-critico sul genere fantasy.
E’ stato chiamato come consulente del Consiglio di BombaCarta e ha tenuto incontri su poesia e musica per le Officine di BC.
Vive a Roma e ha 39 anni.


Andrea SOMMA
E’ studente di Scienze della Comunicazioni presso “la Sapienza” di Roma. E’ autore dei “report” (diario degli incontri) delle Officine di BombaCarta e segretario dell’Associazione. Collabora alla redazione telematica del sito e al suo aggiornamento. E’ consigliere uscente.
Vive a Roma e ha 25 anni.


***


E' una bellissima esperienza e ci sono pure io. Se potete, venite.

20/09/03

Avvisi Dicotomici


Domani volo a Bologna, m'infilo in un treno per Rimini e poi in pullman per San Marino. Sono impegnato con: 


Semiotica del Visivo
Scuola Autunnale di Semiotica 

22-25 settembre 2003
Antico Monastero Santa Chiara


 Programma
Lunedì 22 settembre
 9.30-11.00     Lucia Corrain Università di Bologna


 Gli approcci


 11.30-13.00    Gianfranco Marrone Università di Palermo


                     Logo: strutture ed efficacia


 15.00-16.30    Paolo Fabbri Università di Bologna


                     Semiotica delle nuvole:


                     dal continuo alla discontinuità


 17.00-18.30    Atelier


                     Anita Macauda Università di Bologna


                     Fiutare l’immagine.


                     Figure olfattive nel visivo


 Martedì 23 settembre


   9.30-11.00    Lucia Corrain Università di Bologna


                     Gli approcci


 11.30-13.00    Ugo Volli Università di Torino


                     Come la pubblicità usa le immagini


 15.00-16.30   Tarcisio Lancioni Università di Siena


                   L’occhio indiscreto. Fotografia di reportage e costruzione della realtà
 17.00-18.30   Atelier


                    Andrea Catellani Università di Bologna


                    Variazioni semiotiche intorno a Untitled n. 24 di Rothko


 Mercoledì 24 settembre


 9.30-11.00   Lucia Corrain Università di Bologna


                   Gli approcci


 11.30-13.00  Maria Pia Pozzato Università di Bologna
                   Riflessioni sul semisimbolico.
                   Attorno a una crema Chanel


 15.00-16.30  Patrizia Magli Università di Venezia


                   Qualità esistenziale e valori materici


 17.00-18.30  Atelier


                   Carlo Giordano Università di Bologna


                   Framing net art


 Giovedì 25 settembre


  9.30-11.00  Lucia Corrain Università di Bologna


                  Gli approcci


 11.30-13.00 Paolo Leonardi Università di Bologna


                  Le fotografie hanno un significato naturale?


 15.00-16.30 Daniele Barbieri Università di Bologna


                  Visualizzare il tempo.


                  Alcune conseguenze della spazializzazione del tempo nel racconto per immagini


 17.00-18.30 Atelier


                  Maria Giulia Dondero Università di Milano iulm


                  Introspezioni ‘alla luce’:


                  il soliloquio in fotografia

Dico e Furio | dubbi in scatola.1


- Furio, mi stimi?
- cos'è la stima?
- guarda quel palazzo: io lo miro e lo rimiro e gli attribuisco secondo certi paramentri un qualche valore. Questa, in senso economico, è la stima. Per le persone il senso si dilata, include un giudizio piacevole che è imparentato con l'ammirazione.
- io ti attribuisco un valore, ma non lo se ti stimo.
- allora chi stimi? Le tette di Randi Ingerman? I tuoi amici?
- Forse gli amici, anzi, ne sono sicuro. I miei amici li stimo molto.
- E cos'è l'amicizia per te?
- Amore. In un certo senso è amore. Ho bisogno di loro, sono necessari nella mia vita
- Amore è bisogno e necessità. Anche cacare è una necessità.
- Appunto e pensa a tutte le parole che vengono soltanto da seduti! Ti ricordi COLLOQIUM VITAE? Quella canzone di Max Gazzè e Mao, quella che fa "ed un anno può sembrare un'ora con tutte le parole, con tutte le parole che vengono soltanto da seduti". Io non ho dubbi, quel "seduti" si riferisce alla posizione che si assume sul vasino e sul cesso.
- Anche la scrittura non chiede permessi, non rispetta le precedenze, quando viene devi interrompere tutto e prendere qualsiasi cosa (un foglio, una penna, la tastiera, il monitor, la vecchia olivetti) e vomitare quello che non riesci più a tenerti dentro la testa. E quando vedi quello che hai fatto raggiungi lo stesso piacere che ti dà una sola cosa al mondo. Non c'entra il sesso, l'unica cosa che ti dà quel piacere è una bella cagata. Riflettici su e vedrai che ho ragione. Quando stai per fartela sotto (in senso fisico) s'attiva un meccanismo di piacere che trova il naturale sfogo in quel gioco d'addominali e contrazioni che si risolve in quel puzzolente magma che riempie la tazza del cesso. La scrittura è lo stesso. Quando senti veramente che devi scrivere qualcosa, cerchi di trattenerla il più possibile, magari pensi che sia solo un'illusione (un po' come quando rimandi la cagata e quando ti siedi era solo un falso stimolo). Ma se quella sensazione non ti abbandona più, devi scrivere, devi farlo, non devi perdere tempo a passare al setaccio le idee.
- almeno in una prima fase stendi i pensieri senza fare selezioni, senza filtri. Poi quelli verranno.
- Ma, alla fine, mi stimi o no?
- Dicky, fai l'alettone e stai zitto che perdiamo aerodinamicità!

-farmi toccare da te o da un altro mi è indifferente, non rinvio nulla per te, capiscimi: ho fatto di tutto per farmi odiare.


-Ci sei riuscita.


niente è più penoso di un uomo che tenta di tenere in piedi un amore finito.

19/09/03

il blues dell'incompatibilità epidermica

Tutte l'estati le passo lì, sotto i lampioni della rotonda. Metto sull'asfalto il cappello e lascio parlare il sax. Non ho voglia di suonare, ora. Però mi va di raccontarvi una storia. L'ho sentita da un uomo che beveva tequila e lacrime sotto la macchina fulmina insetti del bar sport che hanno tirato su sul lungomare. Sicuro che appena inizia la stagione quelli della Guardia Costiera fanno venire le ruspe per sgrattarlo via dalla spiaggia. E così mandano in rovina il vecchio Liborio e io posso pure dire addio alle due birre Moretti che mi regala ogni sera prima di tirar giù la saracinesca.


L'uomo della mia storia stava sotto la macchinetta fulmina-insetti col naso sporco di moccio e disperazione. Dal juke-box John Lennon si lamentava nella sua versione di Stand by me. Ho visto un sacco di coppiette sbaciucchiarsi su quel disco. Sempre quella canzone. Tante di quelle volte che il solco del 45 giri s'è consumato e ormai dalle case arrivano solo spezzoni traballanti di note impastate male. L'uomo aveva in faccia una barbetta incolta e rossiccia e un neo sotto il mento. Sembrava lo stadio alla fine della partita, quando le due squadre hanno finito d'inseguire la palla e vengono quelli della pulizia per tirar via lattine e zolle fuori posto. Si vedeva chiaro che si teneva stretto ai ricordi per non rimanere solo. Io avevo racimolato abbastanza mille lire per portare qualche girl in discoteca, mai andato a puttane, io. Che poi si prendono AIDS, sifilide e altri dolci bacilli che ti scrostano la vita col viakal. Le donne le ubriaco di parole e musica, io. Ma se non hai qualche deca per portarle in un disco-pub le ragazze ti guardano con disprezzo dall'alto dei loro tacchi, come se tu fossi un foruncolo di pus giallo da spremere via dal mento.


Io stavo lì, con i polmoni stanchi e l'anima buia, più buia del buco del culo di un gorilla. Stavo lì e mi vedo quel tipo, con una faccia che poteva fare lo spot per articoli da suicidio. Lo guardo e in lui vedo un intero disco di blues. Il blues mi piace. M'avvicino strisciando sulla sabbia, tra i tavolini che Liborio ha messo sotto la tettoia. Gli dico che è proprio uno schifo bere da soli. Lui apre gli occhi, mi guarda e non dice niente. Prendo una sedia e mi siedo di fronte a lui. Chiamo Liborio e gli ordino due sambuche belle ghiacciate. L'uomo mette mano al portafoglio e insiste per pagare. Non sono uno di quelli che vuole offrire a tutti i costi, mi piace pagarmi da me quello che mi trinco. Non riesco a farlo desistere e mi dispiace. A quel disco di blues gliel'avrei offerto volentieri il primo giro.
Stava proprio male. Per una donna.
Mi chiede se voglio sentire una storia e io faccio di sì con un sopracciglio.
Sino a quattro giorni prima stava con una donna, una di quelle che ti viene il torcicollo quando passano per strada. Lui l'aveva conosciuta per strada. Una mattina s'era messo a piovere appena era sceso dal treno. Aspettava che spioveva sotto la pensilina liberty della stazione di Palermo. Lei era passata di lì e l'aveva visto con le scarpe già inzuppate. L'angelo aveva il più bel paio di occhi e di gambe che lui aveva mai visto (dalla scintilla che gli aveva illuminato il volto capii che anche il resto era di  prima scelta…) e gli offrì un pezzo del suo ombrello, quella visione era venuto a salvarlo da una sicura influenza e tra tutti aveva scelto proprio lui! Lui aveva accettato con un sorriso sulle labbra e inni di lode a Dio in testa. Era stracotto prima ancora di sapere che lei si chiamava Lisa.


Per due anni erano stati assieme. Ma lei non gli aveva voluto regalare la sua verginità. Stavano bene assieme, ad aspettare le mattinate abbracciati sotto il portone di casa. Andavano pure a dormire assieme. E quando disse "dormire", lo disse con la voce più cupa che riuscite a immaginarvi. Dormivano abbracciati e basta. Solo baci: il loro rapporto era caduto in uno stallo ormonale e lui era stato scagliato nel limbo dell'astinenza forzata. E gli bruciava, eccome se gli bruciava. E la pelle liscia e calda e gli occhi verdazzurri  di Lisa erano il più dolce e letale combustibile per quel fuoco. Pensava che prima o poi avrebbero superato insieme quello scoglio. Ci voleva solo pazienza e bastava autolisciarsi il piffero per evitare il dolore sordo alle estremità sferiche. Continuò a lungo a  flaggelarsi restandole accanto e riempiendola di rose a gambo lungo. Le leggeva i carmi infuocati di Catullo e lui, con la sua laurea in filosofia che ancora puzzava d'inchiostro, accettava pure quegli assurdi riferimenti al profilo platonico e "incomprensibile agli altri" del loro amore. Proprio lui che s'era laureato con un tesi sulla Teoria delle Idee di Platone doveva digerire a forza quelle definizioni che lei s'affannava a appiccicare a quella dolcissima tortura. Platone che aveva scritto pagine bellissime e sensuali nel suo Simposio, con tutti i commensali che rendevano tributo a Eros, figlio di Mancanza e Bisogno! Proprio Platone che aveva definito i filosofi i migliori amanti spiegando l'etimologia di filo-sofia: tensione divampante e costantemente inappagata per la sophia, per il sapere. E un gradino più giù all'amore per il sapere, l'amore terreno, l'amore fisico, completo. Inghiottiva quel "platonico" che lei s'ostinava a usare con leggerezza e continuava, stoicamente, quel rapporto.


Un giorno era finito tutto, la loro storia s'era disciolta all'uscita di un concerto al Massimo. E lui l'aveva accettato, senza grida e recriminazioni. Lisa aveva detto che amava tutto di lui ma c'era un'incompatibilità epidermica, disse proprio così "incompatibilità epidermica".
Io cominciai a capirci qualcosa, l'avevo ascoltato zitto, annuendo ogni tanto alle disgrazie di quel povero cristo. Non avevo manco bevuto un sorso della sambuca di Liborio. Su l'ultima frase la tracannai senza pensarci e sapevo già. "Incompatibilità epidermica" è una delle mie frasi preferite, la snocciolo alle ragazze già accoppiate che riesco ad agganciare. Dico loro di dire al loro NON-ANCORA-EX quelle due paroline, so bene che spiazza qualsiasi macho-man. Perfino peggio del sorpassato "restiamo amici".


Il mio sax aveva ascoltato tutto, era stato buono, attaccato alla cinghia che porto sempre al collo. Lo tenevo lì, lucido ottone bombato a aspettare di sparare i suoi blues. Era lì, ero sicuro di averlo agganciato bene. Lo vidi, lucido al riflesso viola della macchinetta fulmina-insetti. Ci fu uno zap che mandò al creatore una sbadata zanzara e poi il mio sax stretto nelle mani dell'uomo. Lo calò, una volta e ancora una. Lo calò sulle mie dita che stringevano il bicchiere vuoto.


***


Mi ha spappolato le dita. Un disco di blues mi ha spappolato le dita. I medici prima mi hanno estratto tutte le schegge di vetro e poi me l'hanno ingessate e steccate per bene. Forse potrò suonare di nuovo. Me l'ha detto l'infermiera più carina del reparto. Mi piacciono le sue forme intrappolate nel camice, se riesco a portarmela a casa le dico di tenerselo, solo quello e nient'altro.


"Come? Sei già fidanzata? Prova con INCOMPATIBILITÀ EPIDERMICA, funziona sempre!". 

Dentro la mia scatola da MacchiaFogli


Novelle (Romanzi?) [+20 pagg.]


Lo strano caso della Statua della Libertà (1992, gangster-story mai finita),
De Amicitia et Adulescentia (1997, 20 pagg. dattiloscritte),
L'Infinita commedia (1997, 12 pagg. dattiloscritte)[embrione di Dicotomici Furori]
Il liceo dei morti viventi (poi divenuto "Dicotomici Furori") (1998, 40 pagg. dattiloscritte),
Black Hole (1999, 35 pagg. battute sul mio primo computer)(poi sarà Nuovo Buco)
Dicotomici Furori (2000 riveduto e corretto, 75 pagg.)
Gocce di vita (2000, 45 pagg.)*
Nuovo Buco (2001, 33 pagg.)*
Ulisse, lumache e cioccolatini (2002, 150 pagg.)*


Racconti e Riflessioni Raccontate


Dreamland (1998)
Le tre parole magiche (2000) [pubblicato su Atlantide, la community di Virgilio]
La mia Itaca (2000) [pubblicato su Atlantide, la community di Virgilio]
Il vuoto (2000)
Il guardiano del ponte (2000) (tema di maturità che mi ha fatto guadagnare la menzione)
La sindrome di Bartleboom (2001)
E il bacio fu (2001) [pubblicato su Atlantide, la community di Virgilio]
Come se non dovessimo mai morire (2001) [pubblicato su Atlantide, la community di Virgilio]
Il blues dell'incompatibilità epidermica (2002)
Il tempo delle ics (2002)
La pozzanghera (2002)
La moneta della lumaca (2002)
Io, le Donne e la Scrittura (2003)
Edicole, magagne e fiducia (2003)
That's Sicily [con i dubbi arancioni in testa] (2003)
Sulla divina mania e Valeria Rossi (2003)
Scrivere con la cazzuola (2003)
i viaggi di una cazzuola di mare (2003)
Gli spazi bianchi in una notte di mezz'estate (2003)
Titoli, caponate e parole-guida (2003)
L'anno delle Storie (riflessi e riflessioni) (2003)
7 Interviste (Im)possibili (2000-2003)


Exp in versi


That's Sicily [pubblicato su www.voices.it]
L'ultimo sorriso
Caponata (raccolta)


Progetti


Ideazione, grafica e gestione dei contenuti di www.bombasicilia.net (on-line dal 16 ottobre 2001), presentato ufficialmente sul portale della scrittura creativa di Super Eva; segnalato su Vibrisse, la newsletter di Giulio Mozzi e sul Giornale di Sicilia. La prima uscita pubblica è stata nel febbraio del 2002 al primo convegno Scritture dal Sud.


Experimentazioni saturniste allo scanner (2001/2003)


sono tutte on-line, e in mezzo c'è pure Ritratto di DDT (esposto alla seconda biennale di Arte Contemporanea di Porto Ercole)


Saggi di letteratura
Il cielo che fu dell'aquilone (2000)
Verso una società di scarafaggi (2002)
La sete di amore libero (2003)


(molti dei racconti e delle poesie del periodo 2001-2003 sono state pubblicate su gasoline, la web-zine di BombaCarta)
(*pubblicati o in via di pubblicazione su
www.bombasicilia.net)

18/09/03

30 e lode in Storia della filosofia medievale (-5 alla laurea) e un bel complimento dal mio futuro scrittore preferito. Manca solo una bella riflessione di daX per chiudere una bella giornata.
Dimenticavo mi sono beccato pure un viaggio tutto pagato dall'Università di Palermo, dal 20 al 26 sono a San Marino. Dal 2 al 6 ottobre a Roma.


Di solito dopo tanta fortuna in un film capita un colpo di scena che ammazza il fortunato. Mi devo preoccupare?

17/09/03

Dico e Furio sono i due marmocchi nella scatola.
Dico è quello con la maglietta nera, buono, calmo e silenziosamente incrostato di ottimismo. Furio è suo fratello, è convinto che quella scatola sia una Ferrari e Dico gli serve come alettone. Sono fatti così, hanno opinioni contraddittorie su tutto. Dico vede una A e legge A, Furio per farlo uscire dal bozzolo pacifico in cui si è racchiuso, legge B.
Io sono la scatola che li contiene entrambi.

11/09/03

Edicole, Magagne e Fiducia


Settembre è tempo di raccolte, i quotidiani e i periodici incominciano ad allegare qualsiasi cosa: dvd, cd, libri, enciclopedie, videocassette, cataloghi d'arte, antologie di fumetti, saggi storici, dossier monotematici, video-inchieste, etc. etc.
Bene, mi fa piacere, è sempre cultura. Certo, lontana anni luce dalla cultura spazza-sofferenze che sognavano i baffi di Elio Vittorini sull'editoriale del primo numero del Politecnico, ma le coordinate e le ascisse spazio-temporali mutano gusti e preferenze.
Non basta più il contenuto del giornale a stimolare l'acquisto. Il quotidiano è quell'entità cartacea che danno come allegato alla videocassetta o alle tette del calendario. Mi è arrivato un ricordo, un piccolo sketch di Gene Gnocchi (che non ho mai capito se mi sta simpatico o no, o proprio la sua  schietta antipatia me lo rende simpatico?): Gene era un ciclista dopato e narrava le origini del suo dramma. Era tutta colpa degli inserti e degli allegati dei giornali. Voleva semplicemente un giornale da mettere nella giacchetta per combattere il vento con quel rimedio che sa di cose antiche e buone ma non aveva fatto i conti con gli allegati. Il quotidiano, il libro, il cd, la videocassetta lo appesantivano così tanto che aveva dovuto ricorrere al doping per riuscire a completare la gara.
La storia si ripete e si amplifica: basta pensare all'ottima iniziativa di Repubblica, l'enciclopedia Utet in 20 agili volumi. Ma ecco che arriva la magagna. L'Edicolante (idea Universale che raggruppa tutti gli edicolanti del mondo) aspira sempre a guadagnarsi un aggettivo possessivo: vuole essere il TUO EDICOLANTE. Anzi, di più, vuole essere il Tuo Edicolante Di Fiducia, il tuo edicolante HI-Fi. Ammiro questa dedizione ma c'è al fondo nero del barattolo un paradosso. Per chi come me ama vagabondare da un'edicola all'altra sulla scia delle emozioni (e soprattutto per non trovarsi di fronte all'imbarazzante situazione di un conto di 75 euro alla tua richiesta del Corriere della Sera [sommando quello che il tuo edicolante gentilmente ti mette da parte]). Il sistema però mi (ci?) impedisce di svolazzare da un'edicola all'altra. Anche se voglio acquistare mi impediscono di farlo (altro che l'Inquietante Uomo Col Sacchetto Giallo In Cerca del Suo "Grazie" Quotidiano).
E passi l'arrembaggio vergognoso che scatenano i volumi gratis dati in pasto alla massa per innestare la fidelizzazione (ho visto cose che voi Lettori non potete neanche immaginare: Giufà qualsiasi scesi dalla campagna alla ricerca del Nome di Rosa con l'Eco [offerta lancio del primo volume della biblioteca del 900 di repubblica] o peggio ancora le orde barbare che reclamavano pane e enciclopedie, tutti volevano il sapere dalla A alla Apra, anche in duplice copia, se possibile. E poi col Caravaggio del Corriere, insomma la storia si ripete ogni ad maledetta nuova raccolta.
Ma c'è qualcosa che mi fa prudere il cervello e rotolare estremità sferiche. Passo ai fatti e poi tiro le somme.
Ogni mattina il mio cane mi porta a passeggiare (chiunque abbia un quattrozampe capirà cosa intendo: siamo noi attaccati al guinzaglio e non viceversa), e ogni mattina vedo lei: l'edicola ottagonale di fronte alla sede distaccata del Municipio. L'edicola ottagonale è ancora in ferro e vetro, senza orpelli di plexiglass e alluminio lucidato a  specchio e senza nemmeno una maniglia cromata. Un'edicola che sa di passato, un piatto bello pieno in cui saziarsi di parole stampate. Procedo: attacco il cane a un palo dell'Enel, ci ripenso e preferisco una zampa di una moscia panchina di ferro e mi appropinquo. Chiedo il Corriere della Sera con il MOndo. Preparo già la faccia di Dante sul palmo della mano.
E l'edicolante mi risponde laconico: "esaurito".
Cribbio, penso: sono le 7:17, ci sono lettori così mattinieri? Il Corriere c'è, è ancora impacchettato, il Mondo è già "esaurito".
Stavolta dico basta, mi piazzo sulla panchina e lì attendo. Perché, cascasse il mondo, voglio vederci chiaro in questa faccenda. E resto lì, col cane che mi slinguazza le mani. Si fanno le 8 ed ecco arrivare la processione dei dipendenti del Municipio.
Tempero l'udito e la vista ed ecco che i miei sospetti si concretizzano. "Dottore, tenga il Corriere col Mondo, gliel'ho tenuto da parte."
Mi vedo come in una foto. La mia faccia una maschera di rabbia, la faccia dell'edicolante ridotta a brandelli di pelle, sangue e spregiudicato senso degli affari; i denti lucidi sull'asfalto. Riapro gli occhi e placidamente, senza far nulla, riprendo il mio vagare.


Mi restano i miei dubbi appuntiti: se non mi faccio mai monopolizzare da uno e un solo edicolante, potrò mai acquistare quello che voglio? Se non mi scelgo un "mio" edicolante "di fiducia" potrò mai leggere liberamente quello che il mercato editoriale mi propone?
Giro la domanda al mio cane e lei, scondizolando, mi sorride con un sorriso viola. Viola come le bugie che gli edicolanti del mondo mi porgono tintinnando.

10/09/03

Storie Vere e Vere Storie


E 3. Sono tre volte che leggo tra i commenti "ma questa storia è vera o finta"? Questa ennesima domanda mi spinge a cercare di capirci qualcosa. Se per verità intendiamo la corrispondenza tra la cosa narrata e la narrazione della cosa, tutte le storie sono vere. Sono vere storie, basta far slittare di una posizione l'aggettivo per andare a smuovere la metafisica. Facciamo un esempio, così mi capisco meglio pure io. Il riferimento d'obbligo è il vecchio Hitchcock, ricordate i suoi flashback bugiardi? L'assassino o chi era in combutta con l'assassino, spesso narrava la *sua* verità e il vecchio Alf sulle note della Marcia funebre di una marionetta, si divertiva a riempirci gli occhi con un flashback finto come una moneta da tre euro. Lo spettatore era sbatacchiato in un dubbio cosmico, da sempre il Regista Signore e Creatore assoluto aveva ripreso quello che realmente avveniva. L'investigatore poteva esserne all'oscuro ma quello che si vedeva sullo schermo era vero. Ed era vero pure quello che avveniva fuori scena. Alf mischiò le carte ottenendo effetti dirompenti.
Il flashback bugiardo ormai non stuzzica più nessuno, l'hanno sdoganato Aldo, Giovanni e Giacomo nel loro ultimo film. Tutto quello che avviene allo smemorato Aldo prima della sorpresa finale, non è vero, non è mai successo ma noi vediamo tutto sullo schermo e sino all'ultimo ci crediamo.  Ma a prescindere dall'adesione alla realtà le storie che i due baffuti regalano ad Aldo, sono vere storie, quindi qualche grammo di verità l'hanno.
Distinguiamo prima di impantanarci due livelli di verità: quello delle cose che sono nel mondo del sensibile e quelle delle cose che non hanno riscontro con la realtà ma sono ugualmente latrici di una verità, quella, appunto di essere vere storie (e non storie vere). Compartecipano all'Essere, quindi non possiamo negare che esse siano vere. Una storia è sempre vera, anzi, più è finta e lontana dal fluire di ciò che è accaduto (o che accade o che accadrà) più è una vera storia.
Rido di gusto quando mi chiedono se quello che racconto è vero o falso: è un vero racconto, se ha avuto o avrà riscontri con la realtà fisica è un altro discorso. Un occhio dipinto è un vero occhio? Entrambi dividono il nome e l'idea, uno è dipinto e l'altro lo posso toccare (anche se ciò non farà felice il proprietario dell'occhio). Il criterio dell'adesione al reale non è applicabile alle storie. Perché le donne e gli uomini vivono immersi in un mondo di storie, storie che possono verificare e verificarsi solo in minima parte. Quello che ci narra il telegiornale è vero? E chi lo sa? Nemmeno le immagini ci aiutano, troppi falsi storici ci hanno ormai allontanato dalla cieca fiducia nella vista (che resta sempre il senso più nobile).
Se io facessi cadere davanti a voi una penna e la penna rimbalzasse sul vostro alluce davanti a decine e decine di testimoni, chiedendo ai teste di "raccontarmi" quello che hanno visto, otterrei decine e decine di versioni diverse, tutte egualmente vere storie.
E allora lasciamo agli altri la verità e godiamoci le storie. Siamo animali linguistici, viviamo nel linguaggio che sorge in noi come attività specie-specifica. Non è un semplice strumento, ci resta appiccicato per sempre. Anche se diventassimo muti, continueremmo a usare il linguaggio appreso indirizzandolo in nuovi canali. Al linguaggio è connesso la polivocità, non possiamo farci nulla. L'essere, scriveva Aristotele, si dice in molti modi. Si dice, si scrive, si racconta.

09/09/03

é tempo di scegliere


Dicotomiche lettrici e Dicotomici Lettori, scegliete: o questa grafica essenziale e aperta a varie interpretazioni o quella di www.dicotomicifurori.splinder.it . Per me pari sono in quanto prodotte entrambe dal dicotomico encefalo.

Io, le Donne e la Scrittura (abbondano a fine estate le Maiuscole)


Chiamatela deformazione onirico-professionale o chiamatela onanismo neuronico: il risultato non cambia. Ormai lo sapete che sono un macchiafogli per destino e volontà, sogno il mio nome a caratteri cubitali nelle vetrine delle Feltrinelli d'Italia e mi vedo al fianco di Inge Feltrinelli nelle sue foto in bianco e nero, lì, accanto a Hemingway, accanto a Fernanda Pivano e a tutti gli altri. Questo perché dicono che i sogni non costano nulla. E, credetemi, quando cammini lungo i binari sbirciando in lontananza il treno che ancora non arriva, i sogni aiutano. Soprattutto se la banconota che mi accompagna nelle mie passeggiate non supera mai lo stato larvale dei 10 euro. Forse una volta l'ho vista una banconota da 500 euro, in qualche documentario. E mi sa che resterà per lungo tempo solo un ricordo sbiadito. Allora fuggo negli spazi bianchi della giornanta cavalcando un cammello con l'orchite.
Ho un vizio incrostato nell'ultimo strato dell'epidermide, non so proprio perché, ma ogni volta che vedo una Donna e uno dei miei neuroni pensa che proprio lei potrebbe essere la mia futura ex-ragazza, io parto in quarta scriorinando in un fiume di frasi la mia vita, le mie ultime letture, le mie passioni e soprattutto il mio Sogno. E questo sarebbe niente.
Se la natura non mi ha regalato la faccia di Brad Pitt sul collo mi devo aiutare stimolando un seppur vago interesse per quello che mi porto DENTRO il cranio (questa filosofia la applico solo a senso unico: una cozza resta cozza anche se scrive e pensa meglio di me. Odiatemi pure.). Solo che a questo si aggiunge il masochistico raptus che si attiva: devo trascinare la Donna Che Potrebbe Essere La Mia Futura Ex nel mio Sogno. Anche lei deve scrivere, deve inzuppare le sue aspirazioni nella mia tazza dei sogni.
E ciò mi conduce spesso in situazioni ai limiti della sopportabilità che poi riutilizzo per riempire anche questi spazi bianchi.
Quindi perché lamentarmi se sono situazioni che creo io? Perché mi sorprendo ancora se una delle tante (dipende dai punti di vista) Ex mi lascia messaggi come questo: "nonostante l'arroganza e l'antipatia continuino a sovrastarti, ancora la tua opinione su quello che scrivo m'interessa, Lisa
p.s. "...stavolta non ci sarebbero state scuse da inventare per un maglione, un cuscino, un pavimento macchiati. Non avrebbe più potuto pulirli..." questo si chiama plagio: potresti, già che ci sei farmi rileggere quello che hai di mio? io ho distrutto tutto ormai."
Traduzione Dicotomica: mi stai sempre più sul cazzo (che non ho) ma mi piace come commenti la mia produzione in versi. Quindi come persona ti detesto ma come critico ti ammiro. A proposito, quando scrivi non plagiare le poesie che IO HO SCRITTO PER TE MA NON PER QUESTO SONO TUE. Pure che le ho distrutte sono ancora mie. Anzi, se le trovi ridammele. Buona giornata"
La traduzione serve a illuminare il distruttivo risultato delle mie azioni, lo ammetto: me la sono cercata.


E si ripete ogni volta, è il mio sasso di Sisifo.
Altro dove, altro quando:"Sono di nuovo io! Mi sono collegata al tuo sito e ho letto un pò di novelle. Non ti faccio complimenti, sai che non sono il mio forte, e poi tu lo sai già...Hai detto bene, sapevo scrivere, ma da tre anni mi sono abbrutita sui libri e ai fornelli:ora la mia specialità sono le torte, i romanzi li lascio scrivere al mio ragazzo.Ebbene sì, sapessi come sono cambiata....Sto ormai da due anni con un ragazzo...E chi lo avrebbe detto?Prendere quel treno è stata la cosa più furba di tutte. Neanche mia madre mi riconosce più: ho recuperato un rapporto che era ormai troppo logoro con i miei. Hanno iniziato ad apprezzarmi e io ho fatto altrettanto...e sto facendo una corsa contro il tempo per laurearmi presto e tornare giù...O almeno da Roma in giù...ma con la mia famiglia. Perché forse te ti ricordi solo una stronzetta arrivista, e nn ti do torto, ma ora so solo che voglio stò dannato pezzo di carta e tornare dalla mia famiglia e, farmi una mia famiglia. Un prof un giorno a colloquio mi ha proposto un dottorato sotto la sua ala protettiva subito dopo la laurea e io rifiuterò.Vorrebbero dire altri tre anni in questa città di merda....Come vedi non solo tu hai la media del 30....Per il resto, avrei fatto meglio a far giurisprudenza, dato che mi piace da morire il diritto,ma nella vita tutto è possibile...Se riuscissi ad entrare nell'Interpool...Scrivimi presto! Mò vado a studiare.Bacibaci!


traduzione dicotomica: Pensavi che mi sarei tolta dalle palle dopo che ti ho ridotto a una larva? No, ti ho dato il tempo di riprenderti ed eccomi qui per rosolarti le chiappe un altro pò sotto il peso dei ricordi. Ho spulciato le cose che scrivi per vedere se c'erano gli estremi per intentare una causa per diffamazione contro di te. E che vuoi che me ne freghi di te: ho trovato un nuovo ragazzo che scrive meglio di te, mio dicotomico ex. La mia vita da quando ti ho lasciato va a meraviglia, anch'io ho il libretto zeppo di 30, che credi di essere solo tu il migliore del tuo corso di laurea? Nella vita tutto è possibile: mi sono messa perfino con te! Mi piacerebbe entrare nell'Interpol e cercare qualsiasi cosa contro di te per distruggerti definitivamente. Scrivimi altre cazzate così vedo quanto sei diventato patetico nell'infarcire l'e-mail di "simpatici" riferimenti al passato. Lasciatelo alle spalle e vivi. vado a fare qualcosa di MEGLIO. Bacibaci (quelli che non ti darò mai più nemmeno per cartolina).


La prossima volta giuro che mi amputo entrambe le mani.



stttto scrivennndo conn una pennaaa in bocca, le mani le ho lasciate sul tavolino del pub. neee eho conosciuta un'altraaa. Volevaa farew la scrrittrice. non ci sono riuscito a trattenermi... come si fa a continuare così, qua ci va un punto interrogativo ma con la penna non ci riesco a schiacciare  due tasti contemporaneameeente. appena mi arrivano le protesi vi racconto il resto...

Di traverso. Un incubo nella Contea degli Orologi (anticipazione sul feuilleton pubblicato su www.bombasicilia.net)


È vuota, c'è solo polvere sul fondo, la tira via con le dita e poi sul fondo una sciabolata del faro disegna il volto di sua madre. Sua madre che abbraccia un broccolo. Come in una vecchia polaroid sbiadita sulla faccia del frigorifero siemens.
 - Stare qui
Ha il sapore dell'eternità
Dopo aver amato te…
Io ti guardo mentre dormi accanto a me.
Non ti sveglierò o no, no, no
Perché tu sorridi,
un bel sogno forse ora c'è
Dietro le ciglia, chiuse…
Eternità spalanca le tue braccia,
io sono qua… - La madre di Ulisse canticchia sulle note di Eternità abbracciando un broccolo. Giovedì è sempre stato il giorno del broccolo, sin dove arrivano i ricordi di Ulisse c'è sempre stato quell'ortaggio puzzolente tra mercoledì e venerdì, non che gli dispiaccia ingurgitare montagnuzze di polpette soffici e formaggiose di broccoli impanati, chiaro. Solo che per una vola soltanto vorrebbe vedere la data sul calendario e non sullo spillongo tra i quadrati rossibianchirossi della tovaglia, lo pensa mentre si aggiusta gli occhiali di plastica nera che porta da due mesi.
Stavolta pasta con sugo di broccoli e mollica di pane tostata con un goccino d'olio nella padella di ferro senza anti-aderente. Siano maledette le agende di Suor Germana ciclostilate e ristampate dagli albori del consumismo. Tutto quello che passa dai fornelli esce dai sacri libri di Suor Germana, perfino il movimento antiorario lieve lieve delle spugnette d'acciaio già insaponate trae la sua origine dai sacri libri. E ogni anno Antonio, marito felice e padre mica tanto giulivo di Ulisse e Simona, torna dalla libreria delle paoline con lo stesso pacchettino in cui già si intravede il sorriso appena stampato della monachella. Ogni anno sempre lo stesso regalo. Sempre lo stesso rituale con in faccia le stessissime espressioni: "che cacchio, ancora!" in Simona, "non ti sforzare più di tanto che ti caghi" tra i baffi di Ulisse e un sincero ghigno maliziosetto nella signora Cerami "stasera te lo faccio io il regalino…".
E questa qui è la famiglia Cerami, manca solo Carrie e le sue pulci e poi sono tutti. Per non parlare della radiolina regolarmente sintonizzata sulle frequenze di radio Maria, altra costante costantissima di quella famiglia, forse il sintonizzatore si è pure arrugginito a forza di non abbandonare più quella tacca arancione sulla scala FM della radiolina Grundig. Forse solo una volta Ulisse ha provato a sintonizzarsi su 105 ma le urla e il rosario obbligato a cui era stato condannato senza regolare processo l'avevano distolto da possibili sabotaggi.
Bastava vivere qualche oretta tra le pareti verde limone per imparare tutte le regole. Bastava non lamentarsi per i quadri a argomento religioso che restavano agganciati in ogni  spazio riempibile delle quattro pareti, bastava non criticare i menù monotematici della settimana, bastava non criticare il lento e incostante procedere della costruzione del presepe in compensato. Erano più di 20 anni che, a ritmi irregolari, Antonio Cerami seghettava col suo archetto da traforo fogli di faggio per realizzare la sua opera omnia: doveva essere un presepe monumentale con pecorelle, zampognari, contadine timide e gallinelle, lavandaie, pastori e pastorelle e angeli da lunghe vesti di lino. Ma ogni due zing-zing il seghetto decideva di rompersi e Antonio puntualmente rinunciava appena iniziava la sigla con gli sculettamenti delle veline di Striscia la notizia. Prima ancora c'era stata quella di Carosello o qualche altra sui televisori che dopo l'ennesimo collasso catodico finivano a occupare mensole e scatoloni nell'inespugnabile garage di Antonio. Ulisse una volta aveva cercato di pulirglielo ma dopo tre giorni s'era ritirato sconfitto dopo aver sistemato soltanto il bancone da San Giuseppe che avevano ereditato da Oreste Cerami, mitico capostipite del ceppo purosangue dei Cerami bagheresi…


Rialza gli occhi Ulisse e vede le foglie gialle del platano. Sulla lapide è ricresciuta la gramigna, non ci pensa nemmeno un attimo e inizia a correre sul sentiero, lontano da quel puzzo di broccoli che esce dalla bara vuota. Vuole ritornare sul crocevia e correre a perdifiato verso la porta, scordandosi di tutto quello che ha appena visto sul fondo della sua cassa da morto. Tutto era così reale, la voce stonata di sua madre, la carta crespa sull'agenda di Suor Germana, il presepe infinito di suo padre e quel puzzo di broccoli su tutto. Corre, riattraversa il cancello sgangherato ed ora è di nuovo sul sentiero che aveva imboccato lasciandosi guidare dal ciuffo storto della foto della sua carta d'identità. Il faro continua a mandare quel raggio verde  e Ulisse vede in un angolo un corteo di sardine che tiene sulle pinne centinaia di cappelli giamaicani. Lascia perdere il resto e si mette a seguirle fischiettando note a muzzo. Le sardine spariscono dietro una curva, cerca di raggiungerle ma non riesce a trovarle. Sta tornando verso il crocevia quando un gabbiano si getta in picchiata su di lui. Il becco gli si conficca nella chiappa destra e tutto sbiadisce nell'ultimo raggio verde del faro.
Apre gli occhi e sente gli altri che discutono. Sembra che la cosa più importante di quella sera sia scoprire quanto può valere una bottiglia di Chardonnay dopo una decina d'anni, qualcuno spara cifre assurde. Lui è all'angolo a sentire tutti i dieci minuti e undici secondi di Nite Mist Blues nella versione riarrangiata da Montreux Alexander. Il pianista sa come muoversi. La guarda e la riguarda e non sa perché ma lei non gli era mai interessata, ora non riesce a scansarla dal suo campo visivo, saranno i boccali perennemente svuotati di troppe Heineken a  far galleggiare succhi gastrici, fantasie di patate e popcorn forse un po' troppo salati. La musica gli sale sulle spalle. 
Come aveva chiamato quel giudice in quell'ultimo racconto che aveva appena stampato? Dente Perdente, che fantasia! E lei… lì con i suoi occhi color canguro.
Il juke box perde terreno, va a rifocillarlo con altri 50 eurocent ma l'unica che conosce è Stand by me nella versione di John Lennon.
<<Vuoi ballare?>>
<<No.>> disse lei.
<<Vuoi ballare?>>
<<ma che vuoi dalla mia vita?>> disse sempre lei.
<<Vorrei farne parte>> non disse lui che già sapeva che prima o poi anche lei sarebbe caduta. Come tutte le altre. Lo diceva anche suo nonno prima di riaccendersi sempre lo stesso toscano che la zia puntualmente gli toglieva dopo la prima boccata. Che diceva? C'entrava la storia dell'impero bizantino, certo! Anche Costantinopoli era caduta!
Aprì le virgolette e subito le richiuse, nulla da aggiungere a quello che aveva appena detto. Incominciò a svicolare. Un'altra volta su quella musica. Aveva distillato paura e tremori, non gli faceva paura il bianco ululante del foglio, lo poteva riempire sempre con qualche pagina alla Joyce inseguendo piccoli pensieri dilatandoli con quelle dita troppo grosse e vicine.
Erano le virgolette che lo terrorizzavano.
Già era poco convinto nel lavoro da Frankenstein che s'era scelto, lavorare con fulmini, tavolacci, catene e materia cerebrale per tirar fuori dalla Epson qualche buon personaggio. Ma addirittura dirigere un concerto polifonico da quella tastiera qwerty dove dita si inseguono, si scontrano e s'incontrano tra i tasti che tasta tastando esta tastiera si tosta che qualche tasto è saltato.
Parlare imitando, anzi vivendo, sensazioni di personaggi che ancora si muovevano appena. Da pazzi. Forse per questo macinava venti capitoli prima di farli parlare.
Il mostro Harmony sempre in agguato coi suoi tentacoli diabeticianti. Evitare tutti quei oh john… oh marsha calati vecchia bagascia che ti faccio conoscere il mo batacchio e mugolii e alitate di piacere in lunghe notti seriche come i pubi appena rasati e i fiori e le candele sul mare… scansarli come cagne rognose, ecco il suo imperativo categorico. Con buona pace di Kant. La testa è solo dolore, il becco gli ha sfregiato i jeans e per poco non gli ha procurato un taglio aggiuntivo sul culo. Non si ricorda neanche dov'è, nemmeno dove ha lasciato Silvia, la ragazza col capello di paglia che gli aveva dato le lettere di Lisa. Si sveglia sotto il cartello con tutte le sue vecchie facce che lo guardano da quei rettangoli lucidi di ricordi. Ripercorre la strada che lo ha portato lì, la luce del faro è cessata di colpo. La porta è proprio davanti a lui, afferra la maniglia e l'abbassa. Si ritrova all'ingresso del locale di Mario.
Mario aveva un bel localino, non si capiva bene cosa fosse ma a Ulisse piace quel posto, ha la possibilità di sfogare un pò della tensione accumulata. Sembra una caverna buia e umida, le pareti sono piastrellate con schegge di pietra grezza e mancano quei neon psichedelici che servono solo a far venire il mal di testa. Solo qualche lume stile vittoriano, cinque o sei divanetti e quattro panche ricavate da tronchi d'abete. C'era una zona dedicata alla lettura con un microfono per chi aveva voglia di leggere qualche poesia sua o proporre qualche riflessione. Dietro il microfono c'era una bella foto del Che sorridente. Mario è un medico in pensione, s'è aperto quel locale con i soldi della buonuscita. Dietro al bancone c'è sempre suo figlio Luigi. 
Ulisse entra e si va a sedere al suo solito posto, saluta Mario e suo figlio. Lascia la giacca nell'appendipanni e va nella zona biliardo. Ci sono già tutti. Sta vincendo Santi con dodici palle di vantaggio su Nino. Luca e Michele giocano a freccette. Samuele, il ragazzo di Luigi, legge un libro e gira l'ombrellino del suo cocktail.
"Tutta quest'allegria mi demoralizza! Compagneros, niente di nuovo sul fronte occidentale?" Ulisse è rilassato ora, le paranoie sono volate via a tenere compagnia alla luna.
"Ulisse, non è serata." Nino è sempre malinconico, la girl l'ha piantato per uno d'Azione Giovani e lui c'è rimasto male. Gli passerà presto. "Santi mi sta massacrando e quel mussoliniano le ha comprato un ciondolo d'oro talmente pesante che camminerà curva le poche volte che se lo metterà. Non posso competere, Lidia mi sembrava quella giusta" lo dice e riesce solo ad imbucare una pallina che non ha dichiarato.
"Vedi che novità! Da quando ci conosciamo sempre a lamentarti, dici sempre che ti sembrava quella giusta, dici che è l'ultima volta che ti innamori e poi vai subito a provarci con tutte quelle che danno segni di vita."
"No stavolta è proprio l'ultima volta, non m'innamoro più." un'altra pallina, stavolta l'ha dichiarata ma ha fatto imbucare pure il boccino.
"Sei una schiappa! Se scopi come giochi..." Santi sghignazza, vince ogni volta con lo stesso sarcasmo.
 "Dai, vi offro qualcosa." Michele è il più serio, manco un anno di fuoricorso, tutti 28 e 30, l'ingegnere del gruppo.
"Festeggiamo la tua prima ingroppata?" Michele non gradisce quest'umorismo da telefilm, la sua ragazza ha abortito, solo che i ragazzi non lo sanno.


Si avvicinano tutti al bancone, Samuele resta a leggere Narciso e Boccadoro. È un fanatico di Herman Hesse. Siddharta lo potrebbe riscrivere a memoria. "Sam lascia quel libro e unisciti a noi poveri mortali."  lui grugnisce qualcosa d'incomprensibile e lascia un tovagliolino come segnalibro.
"Ragazzi il solito? martini con ghiaccio per Luca e Michele, una doppia sambuca per Ulisse, un succo d'arancia con gin e vodka per Sam e due quattro bianchi per Santi e Nino. Giusto?"
"Sei il nostro barman preferito.Un brindisi per Luigi."
"Sai che vi dico, mi sono stufato. Di tutto. Del broccolo del giovedì, della pizza del venerdì e del pesce luna del martedì. Basta con Radio Maria e con quel presepe fermo alla quindicesima pecorella. Basta riflettere su ogni implicazione, vi leggo la poesia che ho scritto su questo tovagliolo. Mario, abbassa le luci, mettimi di sottofondo qualche cosa di jazz e accendi il microfono."
Ulisse si alza, sistema il microfono, stropiccia un pò il tovagliolo che ha inciso con la biro d'ordinanza e si toglie perfino il cappello giamaicano.
"nemmeno so
com'è fatto un colibrì
ma voglio andare via prima
che Pippo mi chiami un'altra volta compagno
passandomi il manifesto
e Liberazione
e snocciolando il resto
cercando di capire
che 1500 lire saranno 0,77 euro
e chiederò a mio padre 5 euro,
sempre quelle 10 carte
che mi servono per
far bere un pò
quella sconsolata R4
che aspetta qualche altra ragazza sul sedile anteriore
e io sono stanco
solo a pensare di ricominciare tutta quella danza delle marionette
per un bacio
e magari, se mi va bene, un'altra notte
da intaccare
sulla colt che non ho
perché sono pacifista
ma lo so che ci cadrò di nuovo
e basteranno
magari solo due fossette
e gli attimi fuggono ed è tutta fatica sprecata
corrergli dietro,
Gatsby è morto
e io cerco un'altra Daisy."


Mario applaude per primo, Luigi ritorna da Narciso e Boccadoro.
"Era Sam che leggeva Narciso e Boccadoro" aggiunge una voce all'uscita del locale.
"Sì" risponde Ulisse, "ma Luigi ritorna da Sam, il suo ragazzo, che leggeva quel dannato libro". Ulisse si volta verso la voce che ha parlato, è di nuovo sotto il cartello del suo passato, sotto quei suoi quaranta occhi che lo guardano pensierosi. Sotto il cartello è apparso un gigantesco scranno e lì sta seduto un uomo incappucciato che succhia un pezzo di cuore. L''uomo incappucciato tace e lui cerca di guardarlo meglio ma riesce a vedere solo i suoi occhi rossi nel buio della sua faccia. Gli occhi di un furetto. Sente qualcosa di freddo nelle caviglie, si china e tocca un paio di catene che qualcuno gli ha messo ai piedi.
-Chi sei?- chiede Ulisse -Chi sei?- insiste ma l'uomo non risponde, continua a succhiare quel pezzo di carne e lo guarda, fisso.
- Sono l'Inquisitore. Il tuo inquisitore. Sei condannato e ora scriverò sul tuo corpo la condanna e non ci saranno richieste di clemenza. Sono solo l'ultimo degli inquisitori ma sono potente. Non riuscirai mai a corrompermi. Entri il primo testimone-.
La porta da dove Ulisse è entrato si spalanca, entra Stefano Re con la caldarella di cemento legata al collo che tiene sotto il braccio. Si va a sedere in un'altra sedia che è appena apparsa.
 -Giura di dire tutta le falsità che può per incriminare questo recidivo?- Chiede l'Inquisitore.
 -Lo giuro - Stefano sogghigna, al collo ha una catenina d'oro con un piccolo ciondolo a forma di delfino. La stessa collana che Ulisse aveva regalato a Lisa e lei gli aveva rispedito al mittente cacciandola dentro una busta che poi gli aveva spedito per posta prioritaria.
 -Signor Re, riconosce il ragazzo che porta i ceppi ai piedi?-
- Sì. Lo riconosco, signor Giudice-
- Può dire alla giuria di che colpa s'è macchiato questo ragazzo?-
- Mi ha creato lui… in un certo senso, questo ragazzo è mio padre e mia madre. Mi ha regalato la vita ma lo ha fatto solo per togliersi di dosso tutto quello che non riusciva a reggere da solo. Tutto è iniziato sei anni fa. S'è messo davanti alla macchina da scrivere, s'è raddrizzato gli occhiali, ha infilato un foglio troppo bianco nel rullo e s'è messo a martellare sui tasti di quell'alfabeto di plastica e metallo. Era una storia simpatica, io ero solo un ragazzo che si stava affacciando alla vita, tagliando solo a quindici anni il cordone ombelicale. Era gasato, scriveva pagina dopo pagina e mi regalava un passato, un brutto passato, se posso aggiungere -
- Si limiti ai fatti, Signor Re, sono solo io qui che posso giudicare. Mi spieghi meglio che intende dire con "mi ha regalato un brutto passato"-
 -Ero grasso, signor Giudice, ero grasso e mi obbligò a mangiare quintali di insalata e litri di yogurt alla fragola per scacciare la pancia che mi sollevava le camicie. E la dieta fu solo l'inizio. M'aveva creato completamente miope, non vedevo neanche i passaggi delle equazioni che la professoressa svolgeva alla lavagna. E sedevo in seconda fila. Poi, finalmente, si decise di mettermi sul naso un paio d'occhiali e solo molto tempo dopo sostituì quei fondi di bottiglia con le lenti a contatto. La prima delle mie disgraziate avventure l'aveva intitolata De amicitia et adulescentia. Ma dico, chi si credeva? La reincarnazione di Cicerone? E io lì, impotente, senza poter scegliere niente con la mia testa. Potevo solo aspettare un'altra frase da vivere. Con le ragazze, non le dico, signor Giudice. Tutte complessate e con problemi peggio dell'Uomo Ragno. E nemmeno questo gli bastava. Sentiva proprio il bisogno di trasformare ogni cavolata che gli capitava in un nuovo capitolo. Mi chiamò Stefano Re, dico, un po' di fantasia! Lui aveva passato tutta l'adolescenza spiaccicato sul letto a leggersi tutti i libri di Stephen King e aveva sentito il dovere di chiamarmi con la banalissima traduzione italiana del nome del suo autore preferito. Stephen King e Stefano Re, niente d'eccezionale. Per i miei amici, o meglio, per gli amici che mi mise accanto lui, non si sforzò nemmeno. Cambiava solo un po' il cognome o faceva qualche giochetto stupido con le parole. Dopo il De amicitia si dedicò alla sua versione della Divina Commedia. L'aveva iniziata in endecasillabi ma poi stufato s'era messo a riscrivere in prosa e manco s'accorgeva che non m'aveva mai fatto dire una parola. Si limitava a raccontare fatti e riempire frasi d'aggettivi, sempre gli stessi che giocava a sfumare con un dannato dizionario dei sinonimi. Un'angoscia, ero pieno d'aggettivi e muto come un pezzo di gesso. Poi finalmente l'epifania, si era messo a leggere Dylan Dog e lui che si cacava pure d'andare a pisciare da solo, decise di superare quella paura abusando di libri e videocassette horror. Già c'era stato Stephen King, ora s'era preso di petto Romero e i suoi zombi. La sua versione della Divina commedia era l'unica cosa decente che aveva scritto. Niente problemi esistenziali, l'aveva intitolata l'Infinita commedia-
 - Mi racconti la trama, signor Re e non ometta particolari. Tutto peserà al momento della condanna-
 -Camminavo tranquillo verso il mio liceo e arrivavo con due o tre minuti di ritardo,   trovavo davanti la porta due giganteschi scarafaggi. Tremavo un po' quando arriva il mio prof. d'italiano a salvarmi. Ha in mano una versione fantascientifica di una mont blanc col pennino modificato che spara laser d'inchiostro. Laurentius, il professore, diventava la mia guida e io lo seguivo nelle varie classi. Ogni classe era occupata da dannati macchiati di varie colpe. Dopo aver visitato le classi della disperazione, passavo al limbo degli arrivisti, dove trovavo i miei amici secchioni…signor giudice, questo l'avevo dimenticato: non solo panzone e miope, pure secchione mi aveva fatto! … e i miei amici secchioni, dicevo, stavano seduti con il braccio piantato nel banco e la mano perennemente alzata per rispondere a qualsiasi cavolata. Poi passavo all'aula della felicità, dove la prof di filosofia, fasciata in uno smagliante vestitino che gli lasciava le zizze in trasparenza, mi dava il segreto della felicità. Mentre stavo per apprendere finalmente il segreto mi svegliavo all'ospedale con i miei amici a piangere come fontane. Avevo avuto un incidente col typhoon ed ero in coma da nove giorni. Capisce, signor giudice, pure in coma!-
 -Stava parlando d'una epifania avuta leggendo Dylan Dog e visionando i film di Romero, a che si riferiva? -
 - Giusto, signor giudice, ma mi capisca. Non ho mai avuto occasione di sfogarmi per tutto quello che mi ha fatto passare quel macchiafogli. E meno male che l'ha fatto imbavagliare! Chissà quale scuse avrebbe vomitato dinnanzi a lei per ottenere una pena più dolce. Dopo l'infinita commedia deve essersi fatto la prima ingroppata e di riflesso me la sono fatta pure io. Solo che questa non me l'ha fatta vivere sul foglio. Era solo una consapevolezza nuova che mi ha messo negli occhi. Con Romero e Dylan Dog in testa si mise davanti al pc, la macchina da scrivere era ormai obsoleta, e si mise a scrivere Il liceo dei morti viventi, che poi diventò Dicotomici Furori. Finalmente parlavo, avevo venti chili di ciccia in meno e i capelli lunghi che mi coprivano le orecchie a sventola. La trama era interessante ma quanti colpi di scena, signor giudice! Per poco non ci rimettevo il culo e il padulo! Era dicembre e lei sa bene che di quei tempi l'okkupazione è sempre in agguato. Il preside Galatus si era messo in testa di evitarla, ad ogni costo. Aveva evocato il diavolo e gli era apparso il demone Ciollone che in cambio dell'anima gli aveva promesso un liceo perfetto con alunni in divisa e senza tendenze anarchiche in testa. Lui aveva accettato e in un secondo era apparsa una strana marea bluastra che s'era infilata nelle varie aule. Come risultato gli studenti erano diventati zombi, zombi con ottimi risultati scolastici. E perfino dieci in condotta. Dall'oltretomba Ciollone aveva risvegliato i grandi pensatori del passato e gli zombi assistevano alle lezioni di Kant, di Cartesio, di Euclide, di Platone e prendevano appunti precisi e ordinati. S'erano salvati dal maleficio solo i miei amici e il prof Laurentius. Il macchiafogli scrive panzane, sicuro, però erano panzane con una certa logica. Non spiega mai nel romanzo perché Laurentius è immune al maleficio ma per me e i miei amici partorisce un'ideuzza niente male. Galatus aveva chiesto un liceo perfetto con studenti modello: io e i miei amici secchioni lo eravamo già, gli altri superstiti, i sodomizer boys, erano un caso irrecuperabile. Non sarebbero mai stati studenti modello manco se Satanasso in persona veniva a punzecchiarli con il suo forcone. E il romanzo procedeva con attacchi di zombi, lutti nella resistenza e grandi prove di lealtà. Finiva naturalmente bene per la resistenza dopo che l'azione si era spostato in un inferno egiziano. Il titolo veniva proprio dall'ultimo capitolo, un open ending, che m'affidava la responsabilità di tutto il liceo. Io scrivo, signor giudice, proprio come il mio ignobile creatore, e dalla mia scrittura dipendeva la mia sopravvivenza. Quello che scrivevo accadeva, ma solo le cose credibili, non potevo far resuscitare i miei amici scrivendo, potevo solo attendere il trillo della sesta ora e tutto sarebbe finalmente finito. Restavo sulla spiaggia con Stefania e Carlo, gli altri due sopravvissuti e non ci restava che attendere. Attendere o lasciarsi naufragare nell'oblio. Questo dubbio era al centro di tutti i dicotomici furori, proprio come in quel film, le ali della libertà: o fai di tutto per vivere o fai di tutto per morire. Mi ha sempre fatto vivere sul filo dei contrari, mai mezze misure, mi ha condannato a essere lacerato tra estremi, non ha mai capito la ricchezza delle sfumature. Quando finalmente le ha capite mi ha lasciato morire, quando finalmente potevo vivere avventure più mature mi ha fatto affogare con questa caldarella che mi porto addosso. Fregandosene di ogni logica temporale mi ha fatto vivere quell'incubo in nuovo buco, un delirio senza né capo né coda. Signor giudice, è mio padre quello lì, incatenato. È con dolore che sono venuto qui a fare quello che doveva essere fatto. Perché io non sono capace di farmi giustizia con le mie mani, lui mi ha fatto così. Potevo vendicarmi lasciandolo sbranare da quello squalo ma non ci sono riuscito e ho dovuto salvarlo… è mio padre, non potevo ucciderlo! Voglio solo giustizia-
 -Cosa chiede a questa corte?-
 -Voglio vivere. Non posso morire con questa caldarella di cemento al collo. Voglio vivere la mia vita senza dover tremare ogni volta che lui si mette a scrivere. Chiedo solo un nuovo racconto e un nuovo amore. Andrò a vivere con la mia compagna e non tornerò mai più. Mai-
Ulisse ha ascoltato lo sfogo di Stefano, non aveva mai capito quanto può soffrire un personaggio. Ha le mani legate e in bocca un quadrato di scotch gli impedisce di parlare, si mette a sbraitare mugolando come un pazzo.
- Ha qualcosa da dire, imputato? E perché non parla? Come? Lei che tante volte ha lasciato in silenzio questo suo personaggio non ama forse assistere inerte allo svolgersi degli eventi? Vorrebbe magari essere slegato? Vero? Lei che ha deciso i movimenti di ognuno dei suoi personaggi, lei che è stato per loro solo un perfido burattinaio vuole essere libero? Capisce la sofferenza di Stefano? La capisce? Io penso che lei sia abile. Lei è viscido e ha molte risorse sotto quella montagna di capelli. Lei deve essere messo nella condizione di non nuocere più a nessuno. E c'è solo un modo: le verranno amputate le mani e i piedi e la lingua, le verranno strappate le palpebre e verrà seppellito nella tomba sopra la collina, solo la sua testa rimarrà fuori e i gabbiani si divertiranno a divorarla con piccole beccate. Le strapperanno brandelli di faccia e con quelli nutriranno i loro piccoli. La sentenza è definitiva. E dato che lei non ha niente da aggiungere, il caso è chiuso- 
La porta si spalanca di nuovo, entrano gli altri personaggi dei suoi racconti. I ragazzi della Resistenza di Dicotomici Furori avanzano portando sulle spalle la cassa di pino che puzza di broccoli. Hanno tutti gli stessi occhi rossi del Giudice. Guida il corteo Stefano, il suo Stefano. Il Giudice sparisce e sullo scranno d'ebano resta solo il suo cappuccio di tela nera. Avanzano verso Ulisse e nella loro marcia funebre travolgono il cartello delle facce. Poi si fermano e i loro occhi di carbonella s'indirizzano verso Stefano. Aspettano un ordine dal loro capo. Stefano è in piedi, davanti a Ulisse. Si diverte a vederlo incaprettato, ride e accarezza il piccolo delfino che porta al collo. Ulisse agita la testa, vorrebbe parlare.
- Cos'altro vorresti aggiungere, papà? Che magari ti dispiace? Che neanche immaginavi quanta sofferenza ci hai regalato raccontando le tue storielle? Sono solo parole, non servirebbe a niente. Ma voglio sentire come invochi pietà. Non abbiamo mai avuto occasione per dialogare, noi due. Hai sempre guidato tu il gioco. Ma voglio sentire cosa ti inventerai stavolta, la fantasia non ti è mai mancata. Levategli il bavaglio dalla bocca, ragazzi-
Si avvicinano a Ulisse Stefania e Carlo, Carlo gli da un cazzotto nello stomaco e Stefania gli pianta le unghia laccate nel naso, poi gli solletica il mento e con uno strappo deciso gli toglie il cerotto dalla bocca. Ulisse trattiene un ululato e vede mezza barba restare incollata al cerotto. Respira a fatica. Guarda Stefania, la guarda con affetto. Poi si rivolge a Stefano.
"Non ho niente da dire. Sarebbero solo parole. Hai ragione, mi dispiace. Mi dispiace avervi piegato le spalle con i miei problemi. Voglio solo dirvi grazie, mi avete aiutato a superare momenti orribili. Stefano, siamo cresciuti assieme. Non ho nemmeno avuto il tempo di ringraziarti. Il tuo cuore di carta lo sa, lo sa bene quanto ti voglio bene."
- Mi vuoi bene? Bel modo di dimostrarmelo! Mi hai lasciato solo a combattere con gli zombi, stavo bene con Stefania e me l'hai portata via. Hai scelto tu che dovevo diventare un medico, nemmeno me l'hai chiesto e poi quell'incubo di nuovo buco. Tu mi hai fatto impazzire … -
"Se mi uccidi voi morirete con me, non lo capisci? Voi siete solo parole, parole sulla carta. Vivete solo se qualcuno vi legge, nessuno vi leggerà mai se io muoio. Le vostre vite sarebbero destinate a sbiadire, finireste di sicuro nella pattumiera. Mia sorella Simona farebbe piazza pulita di tutto quello che ho scritto. E le storie che ancora non ho stampato resterebbero nell'hard disk sino a quando qualcuno non formatterà. Vuoi suicidarti? Voi tutti volete morire, bene. Non perdiamo tempo, chiudimi in quella cassa. Fallo ora."
- Stai bluffando. È nel tuo stile. Stavolta non puoi scrivere un finale diverso, papuccio. E se è vera la storiellina che ci hai appena raccontato, non cambierà nulla. Chi non è nato non può morire…Ragazzi cacciatelo nella cassa e portiamolo nella collina. I gabbiani del Giudice saranno affamati-
Ulisse non ha più niente da dire, niente può tirarlo fuori da quel pasticcio, morirà con tutte le sue creature.
 
Carlo e il filosofo rinnegato della moneta della lumaca prendono di peso Ulisse e lo infilano nella bara. Gli scagnozzi del Gran Bibliotecario si caricano la cassa sulle spalle e Stefano guida il gruppo verso la lapide sulla collina del salice.  Lisa e Stefania sono alla fine del corteo e si scambiano commenti: - Certo che Ulisse ti ha fatto proprio bene, ti ha riempito il reggiseno con due mongolfiere. Ai tempi che mi ha creato gli piacevano le ragazze con le tette piccole, mi ha dato giusto giusto la seconda.  E manco una volta mi ha fatto andare a letto con Stefano. - inizia Stefania.
- Però ti ha dato due occhi azzurri stupendi. E un cervello niente male. A me mi ha regalato ste forme da pin-up ma, in compenso, ho un passato da cancellare con il prozac e sì, scopo con il rinnegato, è pure bello ma nemmeno so come si chiama…non vorrei farci la figura della puttanella, lo  vedi come mi fa andare in giro?- Lisa sorride aggiustandosi le mutandine di pizzo, ha solo quelle addosso.
- Io tutta sta rabbia di Stefano proprio non la capisco. Noi esistiamo perché quel poveraccio non ha niente di meglio da fare che riempire pagine e pagine ogni notte. Si è impegnato sempre per renderci la vita interessante. E ora? Lo ripaghiamo con uno squallidissimo ammutinamento. Per le mie tette potevo chiedergli di ritoccarmele con qualche paragrafo in una clinica di chirurgia estetica. Io con Stefano ci sono stata assieme due volte, otto mesi d'inferno: niente che gli vada mai bene. È il protagonista assoluto e vuole sempre di più. Lo sai che mi ha confidato Carlo? Era al bar e un anonimo personaggio nato sul retro di un biglietto da visita gli ha confidato che tutti i ragazzi di Dicotomici furori erano stati scritturati in blocco per lo sviluppo della trama della MONETA DELLA LUMACA. Tu e il rinnegato riuscivate a scappare dagli elicotteri della Grande Dicotomia e finivate in un autogrill abbandonato dove venivate fatti prigionieri da Stefano. Poi il rinnegato riusciva a convincerlo ad allearsi con voi. E alla fine, dopo che Stefano ci aveva rintracciati tutti, riuscivamo a mandare all'inferno il Gran Bibliotecario -
- Non è possibile. Stefano è annegato con quella caldarella di cemento al collo. Non poteva salvarsi. Me l'ha detto il topaccio che Dike si porta dietro -
- Passava da lì un incrociatore sud coreano e lo ha ripescato insieme a dodici tonni con la pinna gialla. Lo so, poco credibile. Ma Ulisse avrebbe sistemato tutto rinunciando perfino a dormire. A noi ci ha riscritto almeno duecento volte prima di essere soddisfatto del risultato. Dobbiamo riuscire a salvarlo. Io voglio le tette come le tue e voglio fare l'amore con  Stefano. Se lui non scrive sono destinata a morire con queste perette nel reggiseno e pure vergine!-
- Dobbiamo fermare questa esecuzione. Tu inizia a parlare con Carlo e con gli altri del tuo romanzo. Io penso al Rinnegato e alle comparse di Nuovo Buco. Ulisse non deve morire - Lisa inizia a mettere in atto il piano, incomincia a sussurrare qualcosa all'orecchie del suo Rinnegato. Il cicaleccio passa veloce di bocca in bocca e, arrivati alla collina del salice, Lisa alza la mano. È il segnale.
I filosofi della Grande Dicotomia aprono la cassa con le loro baionette, Ulisse è cianotico in volto. Lisa distrae Stefano, lei parla e lui è finito in estasi, perso nel dondolio ipnotico dei suoi seni. Carlo cerca di rianimare Ulisse, gli da due schiaffetti sulle guance, poi vedendo che non ci riesce ricorre alle sue famigerate scoregge, ne sgancia due proprio sul naso dello sventurato. Le scoregge riescono dove Carlo ha fallito: Ulisse balza in piedi boccheggiando paonazzo. Carlo rompe le catene e lo tira in piedi. Ancora incapace di reggersi in piedi, Ulisse viene fatto sedere davanti a una macchina da scrivere che qualcuno della moneta della lumaca ha portato lì.
-Ascoltami, Ulisse. Ne va della tua e della nostra vita. Ecco, qua c'è un bel foglio bianco. Devi scrivere immediatamente qualcosa che riesca a calmare Stefano, non c'è altra soluzione. Stefania ha in mente qualcosa che potrebbe andare bene. - Carlo chiama Stefania e lei s'avvicina a Ulisse ancora inebetito e col naso che gocciola sangue dai graffi che proprio Stefania gli ha lasciato. Stefania lo bacia sulle labbra e gli sussurra il suo piano alle orecchie. Ulisse apre gli occhi e si mette a martellare sui tasti della macchina da scrivere, sorride. 
Scrive Ulisse, scrive come non ha mai scritto prima. Deve rallentare il ritmo, i tasti si accavallano se continua a colpirli così forte. Scrive una pagina degna dei romanzetti porno che gli scapoloni si leggono per spararsi le seghe sulle tavolozze dei cessi degli autogrill. I protagonisti erano Stefano e Stefania. Per l'occasione a lui aveva regalato gli addominali quadrettati e un pene di ventisei centimetri, a lei un paio di bocce che al confronto quelle di Lisa sembravano due bernoccoli timidi. Aveva messo per iscritto, parola per parola, quello che Stefania gli aveva sussurrato all'orecchio. La scena era ambientata proprio lì, sulla collina, l'amplesso selvaggio avveniva proprio dietro il salice. Neanche finì di scrivere che Stefania aveva raggiunto Stefano dietro il salice e s'era messa d'impegno per interpretare da attrice consumata quel nuovo capitolo. Stefano aveva ululato appena aveva visto la novità che riempiva il reggiseno rinforzato di Stefania, spoglio da ogni pudore le era saltato  addosso e pure lui s'era dato da fare per seguire alla lettera il racconto di Ulisse. Per maggiore privacy e, visto che a tutti gli scagnozzi della Grande Dicotomia la vista di quel pornofilmazzo dal vivo aveva provocato abnormi erezioni che gli stavano rovinando le divise, Ulisse aggiunse alla trama una tenda rinforzata e insonorizzata. La tenda gli era venuta bene ma gli ululati acuti di Stefano si sentivano lo stesso.
Settantadue minuti dopo Stefano ritornò. Aveva sotto il naso un sorriso che pareva una banana ciquita e non disse altro che "Grazie, papà."
Stefania uscì dalla tenda galleggiando a quaranta centimetri dal terreno, si teneva le tette con le mani. Lei fu più esplicita: "Ulisse, grazie… GRAZIE GRAZIE GRAZIE!!! Ragazzi abbiamo proprio un creatore fantastico, Stefano mi ha promesso che ogni accusa è stata ritirata, ve lo dirà lui appena si riprende. Quel sorriso che ha in faccia gli ha bloccato la mascella. Ulisse, a nome di tutti, buona fortuna per la tua storia con Lisa, troverai JC e se non lo trovi hai sempre noi, non lo dimenticare. A presto!"


I suoi personaggi l'avevano riportato sul ponte, dove Silvia dormiva ancora. Si congedarono dal loro creatore e andarono ognuno per la loro strada. Stefano lo salutò per ultimo, lui e Ulisse si abbracciarono e non dissero nulla.
Ulisse era stanco, scivolò presto in un sonno senza sogni e al mattino si sentiva di nuovo  pronto per continuare la sua ricerca. Silvia non s'era ancora svegliata, respirava piano accanto a lui col petto che s'abbassava e rialzava piano, il vestito a fiori s'intravedeva sotto la coperta. Ulisse s'alzò e la guardava dormire, senza fare rumore cercò nella borsa di Silvia le lettere di Lisa, della vera Lisa. Le trovò. Si andò a risedere accanto a Silvia e incominciò a leggere col sole che stava appena sorgendo. Quella lunghissima notte era finita, Ulisse s'accese una sigaretta che s'era fatto dare dal Rinnegato e rimase in silenzio. I deja-vù se ne vanno. Resta solo con Silvia e le lettere di Lisa.

06/09/03

Ricerca Antropologica in una Qualunque Biblioteca Universitaria


Con gli spazi bianchi dei libri ho riempito il bianco delle righe del libretto che mi hanno affidato all'Università.
Basta sfogliare i miei libri e balzano agli occhi una serie di ragnatele di note e noticine che cercano di spazzare via ogni millimetro quadrato del vuoto che costeggia il sapere accademicamente accreditato stampato lì, in times new roman a corpo 12.
Spesso sintetizzo al limite del comprensibile argomenti che si snodano per centinaia e centinaia di pagine: la metafisica di Aristotele sta tutta in sei parole, sostanza e l'essere in quanto essere. Mi servono solo sei parole per evocare dodici scaffali della Biblioteca Centrale sorvegliata dalla Signora Margherita che beve tranquilla il suo caffè e tiene il ketchup nel suo armadietto a trenta centimetri dall'Enciclopedia Einaudi (tutto puzza di Ketchup ma nessuno lo ammetterà mai).
Sul libro azzurro del numero 102 di Vibrisse, Franco Foschi è lapidario: "Nei libri sottolineiamo ciò che vogliamo trovarci." Ha vagonate di ragione. Io vivacchio parecchie ore nella biblioteca Centrale di Lettere dell'Università di Palermo. Sempre lì, con il muro alle spalle per avere la situazione sotto controllo (la sindrome da cow-boy sospettoso me l'ha appiccicata la lettura dei 514 albi di Tex che mio padre colleziona).
Sono lì e osservo tra una pagina e l'altra la curiosa fauna che popola le simil-sedie in simil-pelle.
Mi fanno impazzire Quelli Con Il Righello E La Penna Galattica. Si riconoscono subito: faccia da Nerd, spazi bianchi dei libri (fotocopiati abusivamente) ancora immacolati e calcolatrice scientifica così complessa che Bill Gates nemmeno saprebbe schiacciare l'ON. Quello Con Il Righello è nel 98% dei casi un laureando in ingegneria immigrato clandestinamente a Lettere alla ricerca di un'oasi di pace, lontano dalla sala studio di Ingegneria che è caratterizzata da un boato sordo e costante che disturba perfino la ricezione dei cellulari. I suoi spazi bianchi resteranno per l'eternità bianchi, non appunterà mai nulla e se una ragazza osasse scrivergli il suo numero o le sue misure la guarderebbe malissimo prima di sfoderare la gomma ancora cellofanata per cancellare via l'onta. Ma è soprattutto la Penna GAlattica che stuzzica la mia indagine antropologica. La prima impressione è che il Nerd l'abbia fregata dalla plancia dell'Enterprise o dalle tasche di Luke Skywalker.
Io amo scrivere con la stilografica, loro amano le penne galattiche. Hanno scelto la facoltò d'ingegneria guidati da quella penna. Aspirano a costruire qualcosa di galattico e a vivere in un attico galattico dove passare i giorni della pensione a rivedere un dvd galattico zeppo di robottoni giapponesi. Quelli col Righello sognano sogni quadrati e zeppi di congegni galattici più di una puntata dei Power Rangers.
Lascio il Righello e la penna al loro destino e concentro i neuroni su un'altra agghiacciante presenza che popola le Biblioteche di tutte le Università: la Ragazza Cozza Col Quaderno Ad Anelli. La Ragazza Cozza passa i semestri universitari ad appiccicare pietosi salvabuchi sugli orifizi dei fogli appena comprati. Odiano i fogli volanti e così preferiscono la prevenzione. Dico perché non usano i vecchi quaderni senza buchi?
Queste due pippe mentali le ho appuntate sugli spazi bianchi di "semiotica e filosofia del linguaggio" di Umberto Eco, le ho sintetizzate in due parole: "galattico" e "salvabuchi", accanto ho piazzato due chiavi nere stilizzate. E' il simbolo che riservo alle aporie e ai Dubbi Arancioni che lascerò in eredità alla Redazione del MAurizio Costanzo Show.



a. Perché va ancora in onda la Ruota della Fortuna? E, soprattutto, perché la replicano?
b. Perché hanno abolito i mini albi di Groucho allegati agli speciali di Dylan Dog?
c. Perché lo Stato detiene ancora il Monopolio sui tabacchi se continuamente demonizza le sigarette?
d. Perché assicurare l'auto costa quanto comprare un'auto nuova?
e. Perché le cartucce della stampante costano di più della stampante stessa che già è vecchia mentre la sistemano sugli scaffali?
f. Perché il numero dei commenti ai miei messaggi resta fermo a 6?
g. Perché qualche ingegnere non progetta un porta spazzolini che risolva il problema dell'acquetta puzzolente che resta al fondo?
h. Perché esiste ancora il Festival di Sanremo?
i. Perché un CD costa quasi 20,00 €uro?
l. Qualcuno compra davvero i dischi dei Pooh e dei Matia Bazar?
m. Perché Luttazzi è ancora esiliato?
n. Perché mettono la pubblicità nei Simpson nei momenti sbagliati?
o. Prima Il Signore degli Anelli, ora i Fumetti Marvel: il cinema lascerà qualche cosa in cui galoppare con la fantasia?
p. Perché Moe è diventato Boe?
q. Perché hanno censurato anche i Cavalieri dello Zodiaco?

Il diario di Ulisse


Oggi, 15 ottobre 1997, dopo 15 anni di obesità, ho preso coscienza del mio problema e, davanti a Dio, giuro di fare l'impossibile per perdere almeno 20 chili.
Peso 102 kg e sono alto 1.70 m… PESO TROPPO! (pensa a Cuore di Ciccia!). Il mio idolo è Ben Hascom, uno dei sette fortunati di IT che è riuscito a dimagrire…
Io farò lo stesso!


25/10 Ho già perso 3 kg (99)
continuerò così


Vorrei essere leggero, evanescente, impalpabile e già il mio animo lo è: ora tocca al mio corpo sotterrato da decine e decine di chili superflui. Mi hanno sempre chiamato ARANCINA CON I PIEDI, PACCHIONE, BIDONE DI TRIPPA, PENTOLONE DI QUARUME, PALLA DI LARDO… e quelle vecchie che mi artigliavano la faccia e con le loro dita conficcate nelle guance mi dovevo sentir dire che quella mia panciona era tutta altezza… dovevo allungare di almeno due metri e ventidue centimetri, a sentirle!


Non so perché sia così difficile perdere sti chili. So benissimo che il grasso in esubero può essermi più letale, e soprattutto odio mettermi la tuta per le lezioni di educazione fisica e vedere come gli altri mi guardano i rotoli di trippa e le loro risatine quando tento di fare qualche addominale bruciano peggio dell'acqua ossigenata. Sono alto 1 metro e settantadue centimetri (né alto e manco troppo basso, a leggere le tabelle e soprattutto considerando che mio padre arriva giusto giusto a 1 metro sessantacinque). Ho finalmente un gruppo stabile d'amici e mia madre mi ha regalato il motore che desideravo (il mio Typhoon!!!), anche se continua a ricordarmi di pisciare prima d'uscire! Ho la migliore media della mia classe, il rispetto di quelli più piccoli e finalmente quelli dell'ultimo anno mi permettono di pisciare quando sono in riunione nel cesso del Liceo. Ma questo mio handicap (meglio evitare eufemismi e giri di parole…) mi fa soffrire e pure tanto, a dirla tutta. La trippa s'espande sotto le T-shirt e le camicie me le gonfiano le tette, cerco di coprire tutto con le mega-felpone nike ma mica che posso mettermele pure a giugno! Se sino a ora ho mangiato per non ingrassare, ora mangerò per dimagrire! La mia nuova dieta:
Caffè, Latte e 30 g di Special K di Kellog's
Lattuga e carne o Lattuga e pasta
1 mela
per cena mi basta uno yogurt alla fragola


Il cammino sarà difficile ma ce la farò. Devo vincere sta battaglia contro me stesso.
Ulisse Cerami 9/12/1997


Ho avuto la prova che la dieta, se accompagnata dalla volontà, dà ottimi risultati! Mancano ancora 14 kg alla meta e sono sempre più intenzionato a raggiungerla. Prometto che non toccherò più pane e dolci, nemmeno quei fottutissime Wafer Loaker che sono così buoni… Sono ancora in tempo: ho 16 anni e forse se m'impegno ce la faccio a diventare magro prima dei 18 anni, magari mi faccio pure allungare i capelli e quando mi spunterà la barba mi faccio crescere due basette da far impallidire ogni paragone con Elvis!



8/7/1998
Ho già perso 9 kg, altri 11 e siamo a posto. Rifletti, Ulisse, se perdi peso starai molto meglio! Carrie ti può aiutare, con la scusa di farle fare la passeggiata puoi correre come un porco. A mare, nuota sino a quando stramazzi sulla spiaggia. Carpe Diem! Proprio come hai chiamato il giornalino che la Prof. Ti ha affidato. L'estate è ottima per dimagrire e pensa solo alla faccia che faranno quando entrerai in classe con i jeans attillati e i capelli a mezzo collo! Stefania ci resta come una sogliola impanata di sicuro!


P.S. Domani mi tolgo dalle palle l'interrogazione in fisica e sono LIBERO!


Oltre al fisico, cura la mente! Cerca di maturare, dopo la Cresima devi dare il buon esempio. Raggiungerò i 70 kg! Dio è con me!
Basta pane e dolci.


P.P.S. Lunedì scorso ho trovato Carrie. Stavo passeggiando in via Morana quando mi vedo due occhi nocciola che mi guardano dal fondo di uno scatolone dei pelati cirio. Ci penso solo un secondo e me la metto in braccio, pure che era piena di zecche e ridotta a quattr'ossa con la coda. Il veterinario, il Dott. Gagliardo, m'ha detto che ha i vermi, se non le passano non può iniziarle i vaccini. Non vedo l'ora che sia vaccinata e pulita, le voglio già un oceano di bene soprattutto quando apro la porta del magazzino la mattina, lei scodinzola e poi si mette a rotolare a terra tutta felice…
Sta estate perdo sti chili e mi leggo tutti i libri di King, ieri ho speso centomila lire alla Feltrinelli di via Maqueda e me ne sono tornato a casa con 8 paperback da sbranare, per ora mi sto leggendo RITA HAYWORTH e la redenzione di Shashwank (devo controllare se l'ho scritto giusto…), è la prima novella di STAGIONI DIVERSE. Ha come sottotitolo l'eterna primavera della speranza… spero che la mia estate lo sia altrettanto


12/9/98


Ho perso 22 kg da quando ho iniziato a mangiare bene. Perfetto. Altri cinque chili e sono in forma, perché ora sono alto 1.80 m.



3/1/99
L'orecchino l'ho fatto e mi stava una vera cagata, per una volta la mamma aveva ragione! Lei mi voleva buttare di casa, vendere il Typhoon e uccidere Carrie, è sempre così esagerata quando s'incaxxa! Sta incominciando a spuntarmi un po' di pseudo-barbetta, quella peluria che a Bagheria chiamano "pilu caninu".
Non sono sicuro che volevo veramente che il 1998 finisse, in fondo è stato proprio un bellissimo anno (ho perso 22 kg/ mi sono messo con Stefania, la ragazza che volevo da quattro anni/ho trovato un bel gruppo d'amici con cui dividere il conto che la signora Mineos ci porta per i nostri pizza sub e salsa rosa/ la mamma mi ha finalmente regalato il typhoon, anche se il più delle volte non riesco a farlo partire e dopo duecento colpi al pedalino preferisco andare a piedi/ ho avuto finalmente un dieci nella pagella e per di più in italiano per i miei temi/ ho letto tutto quello che ha scritto King e ora devo aspettare che si metta a scrivere un nuovo capitolo della Torre Nera per sapere se Roland ce la farà ad arrivare alla meta/ ho trovato Carrie, la mia wonder dog). Spero solo che questo 99 sia un anno verde di speranza, proprio come l'orribile colore che la mamma ha scelto per riverniciare la Renò di famiglia, dico, ma si può tra tutti i gazzettini di colori che il carrozziere ci aveva dato scegliere quella tonalità del verde? Ma lasciamo perdere, di qua a quando avrò la patente la Renò 4 sarà gia stata rottamata e in garage ci sarà una bella Clio luccicante, tutta per me…
Spero di riuscire a chiarire tutto con Stefania e spero di non diventare uno stronzo qualunquista e massificato. Credo proprio che la vita non sia poi tanto diversa dalla ricerca di Roland di Gilead, l'ultimo cavaliere della Torre Nera. Tutti cerchiamo quello che ancora non abbiamo raggiunto, abbiamo bisogno di una meta a cui tendere per non sciupare l'unica possibilità che abbiamo. Pure che campiamo 120 anni e ci reincarneremo all'infinito, questa vita che viviamo non ci sarà più, questa che viviamo è l'unica che corrisponde a questa ascissa e a questa ordinata.
Ora chiudo con sti profondi pensieri che devo andare a studiare il secondo principio della termodinamica che domani la prof mi chiama al 70%!



23/1/99


Sono certo che mi sto comportando da irrazionale, ma vedere Stefania che passa la ricreazione a strusciarsi con Salvo Giangrasso (il mega-frocione della III^ E) mi fa salire un nervoso… Pensavo che di Stefania non me ne fregasse più di tanto, soprattutto dopo che m'aveva lasciato come un merluzzo senza croccante doratura panata il giorno prima della gita a Cefalù. Solo ora capisco che sono ancora stracotto, non posso non volerle bene, ecco tutto, soprattutto per quei due spicchi di cielo che ha sotto le palpebre che è così brava a mettere in mostra con due trattini di eye-liner.
Tra solo 7 giorni c'è il compleanno di Manuela al Kafara, devo andarci per forza, soprattutto dopo che m'hanno fatto mettere per il regalo 20 carte! Non so che effetto mi farà vedere Stefania e Salvo lanciati in un turbine di effusioni con e senza lingua. Meno male che c'è pure tutta la mia classe che almeno passo un po' di tempo a fumarmi due sigarette con Carlo e gli altri, volendo potrei pure cercare di dimenticarmi Stefania concentrandomi magari su Valentina, ma Michele mi ha detto che piace a lui, quindi l'unica che magari potevo prendere in considerazione è OFF LIMITS. Mai e poi mai distruggere un amicizia per una donna, me lo devo ricordare pure che Valentina si struscia con la mini gonna che si mette solo per le grande occasioni e pure che ha i capezzoli che cercano di schizzare fuori dalle coppe del lovable pizzettato senza bretelle, magari pure in coordinato col minislip o col tanga da infarto…


9/8/99


Ho iniziato a leggere IL FU MATTIA PASCAL e Pirandello mi sta entusiasmando, forse ho perso troppo tempo a leggere solo King, da oggi mi devo rifare del tempo perduto sbranandomi i classici che la mamma tiene nella vetrina dello studio. Già li ho spostati nella mia angoliera di abete, è già qualcosa. M'è pure venuta in testa qualcosina per la tesina che devo presentare per il diploma, lo so che ancora c'è un casino di tempo, ma non voglio presentare niente di banale, la commissione deve restare a bocca aperta e voglio pure un applauso di almeno tre minuti. Dopo sti quattro anni in cui mi sono fatto un mazzo facendo tutti i compiti e non sbagliando manco un'interrogazione, è il minimo che mi danno quel benedetto 100 senza menarmela troppo.
Ah, il titolo provvisorio è DISANTROPOMORFIZZAZIONE nell'ERA DEL DISAGIO. O qualcosa del genere… mi piacerebbe soprattutto puntualizzare la figura dell'intellettuale nel dopoguerra e vedere come la cultura si è rapportata alla politica.


P.S. Il 22 luglio ho finito di scrivere il mio primo racconto lungo (sono settantadue pagine), l'ho intitolato DICOTOMICI FURORI, dopo che per quasi cinque mesi l'avevo chiamato "IL LICEO DEI MORTI VIVENTI". L'idea di sta "dicotomia" m'è venuta ripensando a quel film che hanno tratto dal primo racconto di STAGIONI DIVERSE: Le ali della Libertà. Quando Red dice che o fai di tutto per vivere o fai di tutto per morire. Ho solo 17 anni, mi posso permettere di tralasciare le sfumature e guardare il mondo per contrari, mi aprirò alle sfumature più in là, per ora m'interessa capirci qualcosa in quella che per me è la Grande Dicotomia: è da almeno quando ho capito a che serviva il batacchio che ho tra le gambe, che tento di scegliere tra cervello e cuore… qualcuno sa come si fa? E poi come s'impara cos'è l'Amore? Amando? Ma se stiamo amando e ancora non sappiamo cos'è l'Amore, siamo certi di non star prendendo un abbaglio? E se tutti mi dicono che in Amore non c'è spazio per la riflessione come posso per via empirica capire che ho tutta la sintomatologia per dire che sono realmente innamorato? So che mi manca Stefania e la capisco da me la differenza che passa tra quello che provo quando Valentina mi passa accanto con una scollatura da ululare e quello che mi capita quando penso a come stavo bene a passeggiare a Porticello con Stefania…
So solo che credo che, proprio come diceva quel poliziotto nel Giorno della Civetta, mi ci romperò la testa. Già, è proprio uno di quei problemi da passarci intere nottate. Ne ho parlato con la prof. di Filosofia che mi ha dato da leggere il Simposio di Platone e poi mi ha detto che sono peggio di Wittgenstein, non le ho detto niente per non fare la figura dell'imbecille: ma chi è sto Wittgenstein?
Ma stavamo parlando di DICOTOMICI FURORI, so solo che è bellissimo, non tanto il racconto, ma quello che ho provato mentre lo scrivevo. Lo vedo che lo stile è ancora acerbo ma posso migliorare solo continuando a scrivere.
Quasi quasi copio qua il primo e l'ultimo capitolo (magari poi li cambierò tante di quelle volte…), almeno così si capisce il titolo…


ALFA


Il professore si destò alle sette in punto e, come sempre, dopo aver consumato le sue quotidiane quattro fette biscottate (riuscendo anche stavolta a non produrre alcun suono durante la masticazione), si recò nella sua immensa sala da bagno.


Lavato e sbarbato, osservò a lungo la sua immagine riflessa nello specchio. Aveva ormai superato la sessantina ed il suo ciuffo bianco, che prima era stato un piacevole tocco d'argento nell'immenso oceano nero dei suoi capelli, ora si estendeva a vista d'occhio come un cancro maligno.


Assisteva inerte a quel lento ma costante decadimento fisico e, improvvisamente, lo sguardo gli ricadde sul suo vecchio pene; lì il trascorrere del tempo aveva lasciato i segni più evidenti. Vi era stato un tempo in cui, senza bisogno di viagra o cazzate varie, riusciva a raggiungere 18 centimetri di gioiosa erezione. Ora il suo membro giaceva senza vita insieme al pesante fardello scrotale, macabra caricatura di quel valoroso gingillo che spruzzava vaporose nuvole di sperma.
Perfino i peli pubici incominciavano ad ingrigirsi e fuori, intanto, il vento soffiava…


Senza alcun motivo, prese il suo vecchio rasoio a mano libera e cominciò ad incidere la giugulare ma, giunto al momento cruciale, scagliò la lametta nel water. Chinatosi vomitò, sonoramente, il contenuto del suo stomaco: una poltiglia informe sgorgò dalla bocca insieme ad un'abbondante dose di caldo sangue.
"NON HO NEMMENO IL CORAGGIO D'UCCIDERMI, SONO FINITO!" esplose a pieni polmoni il vecchio arzillo professore che, da anni, aspettava di andare in pensione. Anche se, in cuor suo, l'insegnamento era l'unica ancora di salvezza che ancora lo teneva a galla nel mare della vita.
Un mistero attanagliava il suo cuore, un X-FILE che nessuno avrebbe mai risolto. La casa non gli era mai sembrata così vuota dal giorno in cui la sua povera consorte si era spenta, falciata via da una neoplasia al seno. Presto o tardi il professore l'avrebbe raggiunta, grazie al tumore che gli contorceva lo stomaco.
"Ormai non ho più nulla da perdere" concluse mentre chiudeva la porta di casa tenendo in mano la sua vecchia borsa, sepolcro di tutti i suoi averi: la più bella foto dell'album di nozze, le analisi che accertavano il suo cancro e la sua amatissima MONT BLANC, la penna stilografica con cui aveva deciso le sorti di tutti i suoi alunni.



OMEGA


Carlo non accenna a risvegliarsi dal coma in cui è caduto.


E' ridotto ad un possente vegetale d'ottanta chili e, credetemi, non è facile assisterlo. Galatus è stato sconfitto ma non cambierà niente se non scoccherà la sesta ora.


Le tre professoresse erano, in realtà, entità sovrannaturali.


I miei compagni sono stati accolti in paradiso ma io sono bloccato in quest'inferno, costretto a far da balia a Carlo.Talvolta ho la sensazione che tutto cambierà, in meglio. Anche stavolta gli zombi si rialzeranno dalla tomba ma per ritornare ad essere studenti normalissimi, o quasi. L'incubo svanirà ed io potrò riabbracciare i miei amici.
In altre occasioni, vorrei non essere l'unico superstite: Carlo è un manichino respirante e la solitudine mi sta dilaniando.
Questa parentesi solitaria mi ha fatto riflettere, riesco ad andare avanti solo ripensando alle parole di Laurentius: SAPERE AUDE, mai come ora sto utilizzando la mia intelligenza per non impazzire. Le notti sono lunghe ed interminabili.Potrei suicidarmi… L'oblio della non vita è così dolce!
Potrei, ma Carlo sarebbe così condannato a una morte orrenda, magari ucciso dagli atroci morsi della fame. Non posso, non posso farlo.
Devo continuare ad attendere… La tenacia di Stefano e degli altri della resistenza deve essermi d'esempio.


La quinta ora è suonata ed io sono ancora in preda ai miei dicotomici furori: resistere alla corrente o lasciarsi naufragare? La speranza è l'unica cosa che mi tiene ancora a galla.
Spero di resistere sino al trillo della campanella.
Spero di spalancare gli occhi e rivedere tutti i miei amici.
Spero che il liceo sia squallido come nei miei sogni.
Spero . . .

17/11/99


Sono successe un casino di cose: se non le vomito sulla carta, impazzisco.
Piccolo schemuccio introduttivo:
1) Storia clandestina con Laura
2) Perdita della fede immatura (o almeno così ha detto Padre Carlo, il mio confessore)
3) Lisa (ora spiego…)
4) Il gemellaggio della scuola della mamma con gli spagnoli


La storia con Laura è stata stupenda proprio perché è stata la mia prima storia "irregolare", insomma lei era già zita e nonostante tutto c'è stata e io finalmente sono stato il cornificatore e non l'ignaro cornuto.
Tutto è successo a scuola della mamma, la sera della cena d'addio per i prof. di Madrid che si sono gemellati con la scuola dove la mamma insegna italiano e storia.
Lei continuava a guardarmi con due bellissimi occhi, incorniciati da capelli biondi naturali, fisico perfetto e look altrettanto. Lei mi guardava… come posso rendere l'idea… per la prima volta ho capito che piacevo a una ragazza. Non so se sarà stato il dopobarba, o i jeans attillati che riempio giusti giusti con i miei 77 chili, magari la quintalata di Axe africa che m'ero spruzzato per non far puzzare le ascelle in questo innaturale caldo che continua a insistere a metà novembre.
Lei mi guardava, poi una collega della mamma ci manda a posare i piatti sporchi nella cucina della mensa del tempo prolungato, nel casolare accanto alla palestra dove le bimbe delle medie stavano intrattenendo gli ospiti con un'imitazione adolescenziale di Grease. Io avevo ancora i suoi occhi piantati sulla camicia cachi e i jeans, ancora attillati anche dopo due piatti di cous cous, chiude la porta e io penso che la scena non sta accadendo, è solo un altro di quei sogni che poi mi lascia il pigiama sporco. Comunque sia, lei mi bacia e io bacio lei in un turbine di emozione mentolata dalla Chloralit che mi sono sparato in bocca. Qui tutto ok, le mie mani ormai sanno dove andarsi a posizionare. Tutto o.k. ma poi le mi dice mentre ancora mi mordicchia mezz'orecchia che lei è già accasata con uno dell'IPIA, cioè ci saranno pure centinaia di bravi ragazzi all'IPIA a specializzarsi in elettronica o che caxxo ne so io ma io non avevo mai manco accarezzato una mossa tanto azzardata: soffiare la ragazza a uno dell'IPIA che già si fa la barba non una, ma ben due volte al giorno… cacchio, da secchione dimagrito ero diventato una leggenda.
Le piacevo, lei mi piaceva e lei mi dice pure che non ha pregiudizi morali, né tabù da bigotta. Ho scelto di mantenermi in vita, pisciare nel territorio di un bullo dell'IPIA non è una spacconaggine, è
S U I C I D I O !!! ( i tre ! per rimarcarlo ancora di più).
Ne ho perfino parlato con la mia guida spirituale (te ne affibbiano una appena t'iscrivi all'oratorio, almeno la mia me la sono scelta io). Padre Carlo mi ha detto che è felice della mia crisi, mi dice che "La merda serve a concimare". Io glielo ho detto che non credo più, o meglio, non credo più con quella fede (che parola grossa…) che avevo quando la mamma mi aveva imposto l'oratorio. Ho pure iniziato a bestemmiare. Anche se non capisco perché, poi penso che tutti i miei amici lo fanno e capisco che è solo un altro brutto vizio che m'hanno attaccato.
Era passato qualche giorno e mi volevo sistemare con quella schizzata di Lisa (quella abbastanza carina dell'oratorio, almeno un tipo da tre asterischi ***, ** per il fisico e * per la bella testa che si ritrova) (***** è il massimo, Pamela Anderson che fa ballare le sue tettone sulla spiaggia in quel costumino rosso da guarda-spiaggia se le merita tutte). Mi volevo sistemare con lei, le avevo perfino comprato una paperetta di peluche che avevamo visto assieme nella vetrina del giocattolaio in Via Dante. Michele (che nel frattempo è riuscito a mettersi con Valentina e le sue tette) agiva per aiutarmi in ogni modo, dovevo solo riuscire a parlarle ma ogni volta che ci provavo capitava qualcosa che mi bloccava. Domenica scorsa Michele e Valentina si sono cresimati e ci hanno invitati ( a me e a Lisa), io la vado a prendere col mio vestito di velluto blu appena stirato. La faccio salire sulla sella del Typhoon e dopo la cerimonia (pallosissima, come al solito), la porto dove fermano e ripartono i treni di Santa Flavia, prendiamo un panino con mozzarella e erba cipollina e ce lo facciamo tagliare in due parti simmetriche (manca il fondamentale prosciutto, fondamentale per ogni panino che si rispetti, perché lei è VEGETARIANA). Stavo quasi per arrivare a meta quando mi squilla il cellulare. È mia madre: la madre di Lisa cerca disperatamente sua figlia. Salgo sul Typhoon e nel tragitto la intrattengo straparlando del sistema hegeliano (un secchione ha sempre qualcosa di cui parlare e poi l'avevo ancora fresco dall'interrogazione di venerdì in cui avevo pure preso 9 e 1/2).
Arrivo sotto casa sua con suo padre che stava appena per uscire la panda per la missione di salvataggio. Il padre mi guarda, anzi mi fulmina e io riesco solo a balbettare qualcosa tipo "ci sentiamo" o "ti telefono" prima di scappare via.
È una settimana che non la vedo e ora scopro che si sta mettendo con un coglione che ha conosciuto sulle panchine di Don Gino!
Non ce la faccio più!


P.S. Almeno mi sono comprato il computer (prosciugando due anni di risparmi).
P.P.S. Basta con le cazzate, sono di maturità, anzi ora si chiama ESAME DI STATO. Mi sento come quel tenente del deserto dei Tartari: aspetto. Morirò quando arriverà quello che aspettavo da una vita?