25/07/05

Chiamatemi dottore

il vecchio hank



Ospedali, galere e puttane: sono queste le università della vita. Io ho preso parecchie lauree. Chiamatemi dottore.

Charles Bukowski



Ma non potevo fare a meno di pensare, Dio mio, questi postini, non fanno altro che infilare le loro lettere nelle cassette e scopare. Questo è il lavoro che fa per me, oh sì sì sì.

 da POST OFFICE

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24/07/05

ipse dixit

battiato"Compare Socrate influenzò Platone, che influenzò Aristotele, che non fu capito da Avicenna, secondo Averroè, che attaccò Al Ghazali, che influenzò Farid ad din 'Attar, che attaccò i filosofi greci. Io che sto diventando sabbia del deserto, ringrazio i venti che mi cambiano forma e punto di osservazione, un ideale perseguo, anacronistico e ridicolo: il miglioramento."







Franco Battiato che tra 24 ore canterà al velodromo Borsellino, a Palermo.

cade a fagiolo

"Ho riflettuto se scrivere o meno un pezzo che si ispirasse alla mia vita privata. Da quando cinque robuste dita si sono applicate con veemenza al mio viso come conseguenza di un mio (invero molto bello) racconto, ho capito che bisogna scindere vita dallo scrivere.

Non sono un ragazzino, e non ho bisogno (o forse non più) di parlare di cazzi miei. "


dal blog dell'amico coniglione

scrittura-caronte o scrittura-orfeo?


“Tonino,

mi chiedevo che cosa ti porta a scriverci queste finestre.

E a condividerle con noi.

Penso, ma forse sbaglio, ad una necessità di riassesto, di riflessione sui temi del dire.

Sembra quasi che tu ti stia chiedendo: cosa ho scritto in questi anni?

Hai come individuato una serie di linee guida, di temi orizzonte, e ci stai presentando una tua "autorappresentazione" antologica.

Molti di questi testi, ma questo tu lo sai, non aggiungono nulla di nuovo a quello che tu hai postato su bombacarta e su bombasicilia.

E' proprio questo essere in un certo senso 'figure retoriche' della tua scrittura che le rende interessanti e pericolose.

Interessanti perché queste tue finestre precludono ad altro: forse hai trovato una nuova scrittura, una nuova storia, nuovi stimoli e come tali vuoi chiudere con il passato. Oppure, e qui sta il pericolo, ne senti una struggente nostalgia di quando scrivevi così, ed allora il problema è più grave. Sei caduto nell'empasse di credere di aver già detto tutto e di non poter far altro che ripetere te stesso.

Credo che questo debba essere il modo con cui queste finestre debbano essere lette.

Come un auspicio, che aprendo BombaCarta o BombaSicilia un giorno troviamo qualcosa di tuo veramente nuovo e bello.

con amicizia

demetrio”




Demetrio Paolin, il meritevole vicedirettore di BombaSicilia, è uno Scrittore. E come ogni buon scrittore è innanzi tutto un acutissimo lettore. Uno dei più acuti che abbia mai donato i suoi occhi e il suo tempo alle mie parole.

Scrive e trivella.

Già, a che servono queste finestre che si spalancano una dopo l'altra?

A far arieggiare i ricordi?

A traghettare me e le mie parole nel futuro che mi sto costruendo? La scrittura-caronte? O la scrittura-orfeo che non deve mai girarsi indietro?

Forse per dimostrare a me stesso che molto, forse troppo, di quello che ho già scritto lo sottoscrivo ancora oggi?

Non lo so. E' come se stessi per formattare il computer. Devo decidere cosa portarmi nella nuova macchina da scrivere digitale.

O, semplicemente, d'estate, dopo un anno bello e pieno, mi andava di scrivere qualcosa di leggero leggero. Come un bacio dato al risveglio.

Come quando conosci tanto una casa che non sia quella in cui ti hanno svezzato, tanto da non sbattere più le ginocchia nel comodino neanche al buio. Così bene da sapere dove riappendere la paletta dopo che hai fritto le melanzane.

Come quando i cani smettono di abbaiare perché ormai ti riconoscono e, perché no, vogliono un pò di bene pure a te.

Gli anni di queste didascalie - perché queste sono, didascalie per foto-memorie - li ho vissuti. E li ho vissuti bene. Ora questi anni sono irrimediabilmente passati.

E la scrittura li rinfresca, gli rinfresca l'anima, li fa volare di nuovo.

Joao Guimaraes Rosa scrive che "Le storie non si limitano a staccarsi dal narratore, lo formano anche: narrare è Resistere". Appunto: tra resistere e lasciarsi affondare, ho scelto questa forma di resistenza.

Perché se in ogni viuzza c'è una lapide di un morto ammazzato, qualcosa ti devi inventare.

Se porti i tuoi progetti in una borsa di pelle ai presidi dei due licei e ti ritrovi la porta sbattuta in faccia, qualcosa la puoi ancora fare. Pure che il sindaco ti dice che, paradossalmente, sarebbe più facile se tu fossi uno scansafatiche che sfumacchia le sue giornate al bar. Perché almeno soffriresti meno.

Che per uno con le tue potenzialità sarebbe meglio partire. Perché “cu nesci, arrinesci”. Chi esce, riesce...

Prima di sentirmi intrappolato in una canzone di Ligabue, qualcosa va fatta.

Anche scrivere.

Almeno per chi ci crede davvero che vivere significa prendersi cura dei propri sogni e delle proprie speranze.

Prima che la laurea secchi al sole, prima che anch'io concluda le mie frasi dicendo che non c'è più niente da fare. Perchè nemmeno i colori della Repubblica Full Color, giunta anche qui nell'isola triangolare, riescono a spazzare via la patina di grigio che si vede salire da Palermo e dai suoi dedali di segreti.

22/07/05

prima del mondo-emmenthal dell'università

 Nel 1999 Caselli venne a tenere una conferenza al mio liceo e io dovevo scriverne un resoconto. Scrissi un pezzo degno di essere spedito per raccomandata all'interessato. Solo che la mia tendenza a strafare non m’aveva risparmiato neanche quella volta. Sul "Carpe Diem" il pezzo era stato piazzato in prima pagina, compresa l'introduzione che era una stilettata rivolta al preside che aveva introdotto Caselli con una delle sue famose e pietose barzellette. E non solo avevo messo un incipit che significava almeno una sospensione di dieci giorni per palese insubordinazione, no, nella mia divina mania avevo chiuso l'articolo circolarmente, riprendendo l'incipit e citando la bella conclusione de "Le ali della libertà". Quando Red e Andy si rincontrano liberi sulla spiaggia, lì, sui sogni bagnati dal Pacifico. Ve lo ricopio qui, per salvarlo dall'oblio.

 

NON FIDATEVI DI ME


Come un tarlo maligno, la battuta del preside Galati continua a trapanare il mio povero encefalo, lobotomizzato dai ritmi scolastici.

Credo che sia impossibile non giudicare positivamente l'esperienza di mercoledì 19 maggio. Grazie al sublime fascino della professoressa Francesca Muzzicato, il nostro liceo è stato onorato dalla presenza del Procuratore capo della Repubblica Francesco Rovello e del Procuratore della Repubblica Giancarlo Caselli.

Il discorso di Caselli è stato lineare, semplice e soprattutto onesto. Con uno stile adamantino ha affermato: "Non fidatevi di me perché ciò che dirò sarà quello che penso, saranno solo le mie opinioni, non fidatevi mai delle opinioni degli altri solo perché più importanti di voi. Confrontatele, imparate ad essere uomini liberi".

Non dobbiamo avere paura di seguire le nostre idee lasciandoci intimorire da chi grida più forte, questa la strada che da sempre ha seguito Caselli e questo è il migliore auguiìrio che può rivolgere a noi, ragazzi e ragazze che, timidamente decisi vogliamo crescere sulla via della legalità.

Collusione, corruzione, arricchimento di pochi a danno della collettività sono ancora dei cancri sociali. I magistrati non sono degli eroi onnipotenti, depositari della soluzione definitiva al problema della mafia. La loro azione diventa insostenibile se non è sostenuta da una diffusa coscienza civile.

"Sono solo un uomo, ma mai un uomo solo" è la frase che si modella perfettamente sulla figura di Caselli. Molti colpi sono stati inferti alla mafia ma ancora la lotta continua, scontro implacabile tra legalità e illegalità.

Spero che la mafia sia sconfitta.
Spero che i nostri figli vivano in un mondo migliore.
Spero che il preside non faccia più battute.
Spero...

Antonino Pintacuda, IV^ E



21/07/05

un libro e una scala

Tutto ebbe inizio con un libro e una scala.

La scala cadde e aprì la testa di qualcuno,

dissero poi che era una ferita di guerra,

quella quotidiana, fatta di mille bugie e una sola verità:

abbiamo tutti paura.

Perché il libro s'aprì e aperto rimase.

Lo vedi?

Si apre, piano piano come un fiore in una puntata di Quark,

Con le api che gozzovigliano imbrattandosi le antenne e i sogni di polline.

Qualcuno ha semplicemente vomitato sulla pergamena di laurea.

S’è ritrovato nel fondo di un bicchiere a chiedere il bis

per festeggiare la mano sfregiata dai cocci aguzzi di bottiglia.

Sfilettano la figura del Che e

lasciano intonsa l'imperante statuazza di Padre Pio,

quella non manca mai,

nemmeno in provincia del Nulla.

Il nulla che sputa via l'esistente, lì,

sulla spiaggia dei sogni sciupati.

Volo via.

Oltre le antenne e gli aquiloni.

Volo via.

Con te.


 

19/07/05

L'unica verità

Non sei veramente fregato finché hai una buona storia e qualcuno a cui raccontarla.

Alessandro Baricco, Novecento


Perché, come dice la pregevole Laura Caroniti,  vicedirettrice di BombaSicilia: «la scrittura s'inventa e s'innesta su tutti i dolori, gli sdegni, le afasie e apatie reali presenti e mondiali. Non solo su gli urletti onanistici personali».

Generazioni

Ero sul divano bianco a finire di leggere Le correzioni (l'avevo messo da parte per godermi la conclusione all'inizio delle mie vacanze) e leggevo di Alfred, sceso nello scantinato con un fucile, un biscotto e l'immancabile poltrona blu. Davanti alla spirale di vecchie lampadine di natale, Alfred pensa al tempo che impietoso passa.

Da una vita accumula oggetti fuori uso per ridargli vita, e con essa illudersi di poter sconfiggere il tempo:



Oh, il mito, l'infantile ottimismo delle riparazioni! La speranza che gli oggetti non si logorassero mai! La sciocca fiducia nel fatto che ci fosse sempre un futuro in cui lui, Alfred, non solo sarebbe stato vivo ma avrebbe avuto sufficiente energia per aggiustare le cose.

La tacita convinzione che alla fine tutta la sua frugalità e la sua passione di conservatore avessero uno scopo, e che un giorno, svegliandosi, si sarebbe trasformato in una persona completamente diversa, con tempo e energia infiniti per occuparsi di tutti gli oggetti che aveva conservato, per mantenere tutto funzionante, tutto a posto.



Mi sono commosso.

Perché mio padre fa la stessa identica cosa. Sin dove arrivano i miei ricordi, c'è sempre lui che fruga nella nostra immondizia per salvare dal limbo della nettezza urbana oggetti che possono andare bene per altri cent'anni. Questo secondo la sua rosea prospettiva.


Io e la manualità ci siamo frequentati parecchio solo nei miei verdi anni. Dopo la corroborante crisi adolescenziale ho preferito occuparmi di parole e di altre laborosie inezie. Già, io e il mio papo siamo complementari. Come il pane e il burro (mia madre fa la marmellata e così raggiungiamo l'estasi - mia sorella è nata già suocera sin dentro le più intime viscere..., è sempre sullo sfondo a metterci tutti sull'attenti).

La complementarietà è perfetta: a me le parole stampate, digitate, lette e amate, a lui i fatti, i chiodi, le viti e il cacciavite americano.

Il mio omonimo nonno era falegname e mio padre era il suo assistente, il suo picciotto di bottega. Gli altri quattro fratelli hanno preso altre strade. Poi mio padre è partito a fare il finanziere nel nucleo alpino. Lì con la penna sul cappello, a cantare canzoni sconce che finalmente può condividere con me e i miei ventitrè anni.


Tornato dalla Finanza si sposò con mia madre, la più bella figlia del meccanico della Marina Regia che quando sbarcò s'aprì un'officina.

Capite bene, con questi presupposti mi verrà per figlio come minimo la reincarnazione di Archimede Pitagorico.

Mio padre è del '42, io dell Ottantadue, ci separano 40 anni. 40 anni in cui mio padre ha messo da parte cose che ad aggiustarle tutte ci vorrebbero sei vite.

Poi però penso che ci somigliamo più di quanto ammetteremo mai: lui mette da parte oggetti fuori uso, io libri da leggere appena ho un pò di tempo libero.

Entrambi ci ritagliamo il nostro spazio di salubre ozio accumulando qualcosa da fare per non trovarci sprovvisti di fronte all'eterno crepuscolo.


Su mio padre ci sono milioni di finestre da spalancare, una per ogni ruga, per ogni suo callo, per le mani che abbiamo tozze e uguali.

L'ho visto triste solo una volta: quando siamo tornati da Palermo e abbiamo trovato la casa svaligiata. Non gliene fregava nulla degli oggetti d'oro o dell'orologio da taschino che un vecchio ferroviere gli aveva donato.

Era triste perché pensava di averci deluso. Certo, a sentire lui, per entrare a casa nostra dovevano venire dal cielo, con gli elicotteri che magari risuonavano sulle note della Cavalcata delle Valchirie. E invece manco hanno scassinato la porta, un lavoro di fino, dalla grondaia sino al balcone del primo piano e poi dentro.


So che almeno altre quattro volte è stato ancora più triste, quando ha dovuto seppellire i suoi primi quattro figli. A mia madre mancava un ormone nella placenta e i miei fratelli sono nati prematuri. Almeno uno ha vissuto per settanta ore...

Deve essere terribile vedere una parte di te far capolino nell'esistenza per poi ritrarsi subito nel vuoto. La serie è così: tre Pintacudini- la cura ormonale - mia sorella - un altro Pintacudino dritto dritto in Paradiso (questo perché il ginecologo pensava che la cura non andasse ripetuta) e poi, finalmente, io.

Non ci penso quasi mai che ora avrei fratelli di trent'anni, qualcun altro con la faccia come me, con i miei stessi geni. Però sono ottimista: in paradiso, io e chi amo abbiamo quattro angioletti che metteranno una buona parola per tutti noi.

18/07/05

Gli infamanti dubbi sulla paternità dei peti

I contenuti extra dei dvd li guardate? Sempre sempre?

Se non lo fate, sbagliate. Vi perdete delle chicche strepitose. Ad esempio, in LOVE ACTUALLY tra le scene tagliate per ridurre il film-fiume che tenta di sviscerare tutti gli aspetti dell'amore, ce n'è una splendida. è quella in cui il figlio di Emma Thompson ha come sogno quello di vedere i colori delle scoregge. Questo per evitare gli infamanti dubbi sulla paternità dei peti che da quando abbiamo quattro anni ci inseguono. Dico: ad un anno un bimbo molla uno squassante peto e tutti lì a dire, che grazia di Dio! l'intestinuccio del picciriddo funziona alla grande. Se il pargolo è un maschio, ancora meglio. Crescendo, nel futuro la sua comitiva di amici lo apprezzerà. Perché se sei maschio, se lo aspettano tutti che scoreggi platealmente e rutti altrettanto.

Carlo, il sex symbol della mia classe del liceo, scoreggiava pubblicamente ottenendo un ritorno di immagine non indifferente. Ho scritto tutta la scena in una delle mie novelle, e proprio quella era - almeno secondo la vox populi - la parte più divertente...




Ieri viene mia sorella, neodottoressa e neo-fidanzata con tanto di ciondolone di diamante, con un dubbio di quelli surreali: mi chiede se la mia fidanzata mi ha mai scoreggiato accanto... ci resto perplesso, poi capisco. Il mio nuovo cognato (prima non avevo manco uno, ora ne ho addirittura tre!) le ha già manifestato di che pasta son fatti i suoi intestini.

Come le dovevo rispondere?

Ho preferito un profumato silenzio...


il gelato al bacio, la strega schiacciata e le ignobili scarpe con gli occhi

Insaziabili divoratori di vecchi e nuovi ricordi, bentornati.

Questa nuova serie di finestre si spalancano leggere su quello che l'oblio non è riuscito ad intaccare. Camminavo stamattina con l'amabile quattrozampe di famiglia e pensavo proprio a voi.

Che posso raccontarvi oggi? Sono diventato come uno di quei vecchi cantastorie, e la cosa mi piace. Mi piace ASSAI ASSAI, come dice l'amabile cuginetta di due anni.


Quando penso al Mago di Oz, in bocca sento sempre il sapore del gelato al bacio. Cerchiamo di capire perché.

Mia sorella era stata invitata ad una festa a bordo piscina dalla sua compagna più snob. Io ero rimasto a casa e mi godevo i sogni in technicolor di Judy Garland che era già andata al di là dell'arcobaleno a schiacciare streghe con la sua casetta del Kansas (la scena della strega schiacciata mi piaceva da pazzi, volevo fare la stessa cosa con la mia maestra dell'asilo quando mi ammucciava i Masters sopra l'armadio).


Finito il film, io e mio padre siamo andati a prendere una confezione di gelato dal padre di un'altra compagna di mia sorella, questo signore si inventava lavoretti che duravano il tempo di un solo foglio di calendario.

Quello era il mese dei gelati confezionati. Aveva un micronegozietto con solo un frigorifero e un cassetto dove teneva i coni. Sopra il frigo c'era una gigantesca foca azzurra, una di quelle orribili cose gonfiabili che andavano di moda negli anni ottanta.


E a casa mio padre riempì i coni a me e a mia sorella, io leccavo il gelato lasciando il cono intatto, poi m'avvicinavo con la faccia più piatusa del mondo e chiedevo di rabboccare il cono.


Già, i ricordi che sanno di gelato sono intonati a quest'estate che ci striscia addosso. Un'altro gelato, un'altra finestra che si apre sulla spiaggia dei ricordi. Ed ecco mia nonna che mi prende un cono nocciola e cioccolato al chiosco di Carmelo.


E il cucciolone che mia madre mi comprava quando andavamo al mercatino. Il mercatino è organizzato da una mente diabolica, le chincaglierie che possono interessare i bambini li mettono all'inizio e alla fine del serpentone di bancarelle che si snoda per più di un chilometro.

All'inizio tutte le mamme riescono a tamponare i legittimi desideri della prole con un leccalecca pieno di coloranti, poi i figli si incominciano a lamentare ma l'altra bancarella luccicante di giocattoli e dolciumi è messa strategicamente alla fine. Noi bambini dovevamo assupparci tutta la trafila di imbonitori che ti gridano nelle orecchie, tutti i passeggini che ti schiacciano i piedi con le loro ruote assettate di sangue giovane.


E se avevo un gelato, di certo ai miei piedi c'erano le infamanti “scarpe con gli occhi” che mia madre comprava a mia sorella e a me e ce le imponeva.

Ho capito che ero davvero cresciuto quando non dovevo portare più quelle scarpe, solo allora...

17/07/05

Quando la Strada si impossessò di me

Mi ricordo del bambino che sono stato, finita la scuola mi ritrovavo imbambolato davanti alla tv o a un libro (mi ricordo, ad esempio, che LO STRANO CASO DEL DOTTOR JEKILL E MISTER HYDE l'ho letto nella sedia a dondolo nel balcone della mia stanza). Questo perché vivo da sempre in una strada in cui l'età media è 60 anni. Ora ne apprezzo i vantaggi, studiare in mezzo al traffico suburbano o ai vicini fracassoni è una maledizione.

Per un periodo sono venuti a stare accanto a noi una famiglia che s'alzava e sin dal mattino metteva a tutto volume quelle maledette basi da discoteca. Provate voi a sorbirvi il caffé con i bassi che vi martellano la testa ancora prima che gli aminoacidi entrino in circolo. Così quest'anno ho capito che la mia strada mi ha posseduto. È successo qualche pomeriggio fa, stavo preparando l'ennesimo esame della specialistica, il quarto di fila (ho sempre la paura che le cose cambino di nuovo e magari stavolta i prof. spariscono nelle pieghe dell'iperspazio accademico...). Ero lì, ripasso Lionello Venturi e il suo gusto dei primitivi e un'intera combriccola di picciriddi viene a palleggiare contro il muro di casa mia, proprio sotto il balcone del mio studio.

Studiare con 28 gradi è di per sé pesante, e pensare che era proprio la temperatura che Kant voleva per stimolare le sue cellule cerebrali...



Prima gli ho intimato di fare almeno più piano, perché non è tanto la palla che ti schiaffeggia il cervello, la pallapallapallapalla contro il muromuromuro e poi di nuovo palla-muro, palla-muro, palla-muro... no, sono i bambini che devono gridare le peggiori minchiate contro i loro avversari, e si fanno addosso pure la telecronaca. Alle tre del pomeriggio è più che abbastanza, mi cucio addosso la mia faccia più cattiva, scendo, gli scippo la palla e me la porto nel garage.



Volevo solo farli supplicare un po’ e invece la Strada si è impossessata di me, ho preso una raspa, una di quelle che ho ereditato dal mio nonno falegname e ho piantato il manico dell'attrezzo nella pancia del supersantos. L'ho visto esalare l'ultimo respiro nel suo arancione sbiadito e poi l'ho lanciato alla mia cagnolona.



Ora i bambini quando mi affaccio spariscono. Semplicemente. Senza che dica una parola.

E ho solo 23 anni... Faccio progressi... Un'altra ventina d'anni e le paturnie di Nonno Simpson mi faranno un baffo. Scriverò lettere di protesta a tutti i giornali per segnalare tutti i disservizi dell'isola triangolare. Caverò dalla tasca i soldi un centesimo dopo l'altro e prima di passarli alla cassiera le racconterò tutta la storia della mia vita.

16/07/05

Seppellendo pannolini...

Ne sono passati di template sotto i ponti... questo nuovo mi piace assai. Ha i colori giusti e una bella immagine che sintetizza bene qual è la poetica dei veri macchiafogli, un po' come la lettura-amplesso di Italo Calvino. Abbiamo abbondantemente superato le 34OOO visite, ci siamo fatti compagnia reciprocamente. E io mi sono goduto tutto il piacere dello scrivere: parlare da solo e ad un pubblico.

Grazie.



Da 7 mesi sono dottore e sono barbuto pure io, come il Buon Vecchio Zio Votarxy.

E ora che il landarolo ha finito di patire con la sua tesi possiamo pure calarci in una di quelle riflessioni attorcigliate che tanto piacciono alla Dicotomica platea dei miei Fedeli Lettori. Il Landarolo ha affrontato parecchi ostacoli per arrivare a prendere la lauretta triennale, questo perché voleva fare qualcosa in cui credeva davvero. E questo il Sistema non te lo può permettere. Certo, il landarolo ci mette pure il carico pesante, in una minchiatissima tesi di triennio voleva gettare le basi della sua ideologia, ha pure vagheggiato davanti a una bella brioche col gelato di una comune, e già davanti a un piatto di carbonara innaffiato di birra mi diceva che aveva un certo progetto politico...

Io non è che ci capisco poi tanto, ci ho creduto per un po’ alla chimera dell'impegno politico, quanto bastava per tenere la mente impegnata quando ancora non conoscevo bene le meraviglie dell'altra metà del cielo.



Dico: dopo che trovi una donna che riconosci come tua compagna di vita, o, almeno, compagna per almeno un buon pezzo di strada, chi cacchio te lo fa fare di riempirti la testa di puttanate anacronistiche? Dico: il punk appartiene agli anni 80, le battaglie contro Windows sono battaglie contro i mulini a vento, bene o male devi saperti muovere con un pc in qualunque cazzuto lavoretto interinale ti beccherai.

In "1984" Orwell diceva che tutto quest'impegno è solo SESSO ANDATO A MALE. non voglio essere così poco elegante, ma il vecchio Eric Blair (il nome vero di George Orwell) aveva un vagone di buoni motivi per scrivere così. Tutto è un surrogato dell'unica cosa che rende la vita degna di essere vissuta, vederti riflesso negli occhi di chi ami. Il resto serve solo per arrivare a questo punto.



Tutte le fasi sono preparatorie, ama. Solo questo.

E non c'è niente da capire.



E un'altra estate sta morendo piano piano, in una spiaggia un bambino di sicuro sta seppellendo il pannolino del suo fratellino, con paletta e rastrello fa una buca in cui far sparire gli scarti digestivi del pupo. Almeno io facevo così, ogni volta che andavamo a farci una giornata a mare, mia zia mi mandava a fare il lavoro sporco. E io come un legionario partivo, tra le dune di Cefalù o di qualche altra località sicula. Ero un bambino abbastanza silenzioso, almeno in mezzo alla gente. Da solo, invece, mi facevo la telecronaca di tutte le mie avventure. Sempre in terza persona, naturale, come il vecchio Cesare nei suoi "De Bellum" (lo so che il plurale è BELLA...). Scavavo e scavavo, seppellivo quintali di pannolini, tonnellate di pupù e fiumi di pipì. Forse ho pure seppellito il cadavere dell'ippopotamo della Pampers nella mia frenesia scavatoria.

L'estate è fatta anche di questo. Mentre io seppellivo, i grandi si davano da fare con le inevitabili teglie di pasta a forno. Chili e chili di anelletti con la carne trita e l'uovo al centro, così per vedere che effetto fa digerire più di duemila calorie sotto il sole cocente...



Però a 7 anni, mentre seppellivo i pannolini di Francesco - che ora è alto quasi due metri e pesa più di quanto pesavo io prima di mettermi a dieta - avevo ancora tutti i sogni luccicanti, nessuno me li aveva appannato dicendomi che avrei vissuto la mia giovinezza in mezzo alla recessione, che non avrei più chiesto a mio padre 1000 lire per il Cucciolone ma un euro e trenta (maledetti sciacalli!).

Leggevo TOPOLINO e Paperino Mese sotto l'ombrellone, incremettato per bene, con il costumino ascellare per nascondere i rotoli della panza. Già, quando ero piccolo io la mia panza era un'eccezione, ora vado in spiaggia e vedere un bimbo a cui si ci possono contare le costole costituisce un evento rarissimo. Sono tutti belli tondi, come questo mondo che gira, gira, gira nello spazio senza fine...



Amate. E basta. E magari fateli voi due pargoli a cui affidare la missione seppellifera...

scuola d'arte

naturalmente, non fu una mia idea.

per me, Arte è l'equivalente di una parolaccia

usata da un mucchio di gente che ha paura di guardarsi in faccia;

invece io mi guardo,

temo di far schifo

e mi va bene così.

perché faccio il mio modesto gioco

e lascio stare le cose

più grandi di me.



ma la madre suggerì a nostra figlia

di frequentare i corsi d'arte del sabato,

e cosa può ribattere uno scommettitore

ubriacone e senza lavoro?

mi sta bene pagare un po' di alimenti,

lei è una brava figliola e insieme ridiamo un sacco,

ma la madre crede nell'Arte,

ammazza il tempo con una banda di gente fatta così,

masticano Arte come avvoltoi, la riducono in poltiglia,

discettano dell'anima di Wilde, vabbe', lasciamo stare,



non fatemene parlare, okay?



andò tutto bene la prima volta o due,

ero solo un tipo strambo

capitato lì per sbaglio.



più tardi però quando le madri videro

come la mia bambina mi veniva incontro con

cieca fiducia

fui quasi accettato come se anch'io

ci tenessi,

alla scuola d'arte.



passavano le settimane

i genitori cominciarono a conoscersi,

parlarsi.



c'era un uomo assolutamente tremendo, un tizio legnoso all'antica.

continuava a venirmi vicino, sorridente. riuscii sempre a filarmela o ad appoggiarmi alla

parete

come se stessi male, e infine lui rinunciò. poi ce n'era uno ancor peggio, con una strana

barba da

malato, occhi arcicontenti, vestito di viola e rosso e giallo, molto interessato alla vita,

sempre

appiccicato agli altri, proprio una brava persona. da poco m'ero rotto un dito, piede

destro,

durante una sbronza, e così quando si fece sotto fu con difficoltà estrema che volai giù per

le

scale come se avessi dimenticato il mio panino al prosciutto

o la collezione delle opere di Keats.



ben presto i genitori cominciarono a capire e si misero a parlare in circolo mentre io me ne

stavo

in silenzio in disparte.



nell'aula 6 c'era una giovane insegnante sembrava in urgente bisogno di una bella scopata

e siccome io sono un vecchio sporcaccione le fissavo culo tette labbra orecchie e il resto

ogni qual

volta usciva dall'aula.

mi detestava,

il che mi divertiva,

mentre aspettavo mia

figlia.

il colmo fu l'ultimo sabato.

arrivai

ubriaco.

a mezzogiorno, vennero fuori dall'aula 3,

Barnsdall Park,

e pensai, bene, piglio mia figlia

e giocheremo a Batman e Robin

mangeremo il gelato e crepi il corso d'Arte.



ma Gesù, correvano tutti verso di me l'insegnante in testa, un timidone, probabilmente un

buon

diavolo e quel che ne consegue, ma correva verso di me e gli altri dietro.



.16 ragazzine tra i 5 e i 9 anni, più 12 ragazzini tra i 5 e i 9, più l'insegnante,

arrossito, e mi

corrono incontro e hanno 2 o 3 enormi palloncini, scarabocchiati con segni di pace e

disegnini

colorati, e io non posso squagliarmela, lì in mezzo c'è anche la mia bambina, e penso, Gesù

Cristo,

com'è falso, com'è vomitevole, che nausea mi fanno venire le brave persone e è tutto uno

straparlare

d'Arte, e ognuno molla il suo carico su qualcun altro, e poi lasciano volar via i palloncini

pieni

d'elio verso il cielo

e la mia bambina dice:

"Hank, Hank, vieni a vedere!" così vado e guardo, e l'insegnante dice:

"dove finiranno?

dica, dove finiranno?"

e diventa ancora più rosso. e lui pensava ai 2 o 3 palloncini con i segni di pace e io

pensavo alle

16 ragazzine tra i 5 e i 9 anni e ai 12 ragazzini tra i 5 e i 9, sicché presi la mia bimba

per mano,

zoppicai giù per le scale

(mi ero rirotto il dito del piede)



e lei fece, pensando ai palloni:

"fa un po' tristezza".

e io dissi: "sì, davvero", poi trovammo la mia Comet blu del'62. salimmo, si accese, girammo

a

sinistra e scendemmo lungo Hollywood Boulevard oltre un autolavaggio.

"guarda," disse lei, "tutti quegli uomini in quelle tute arancione che sgurano le macchine

con gli

stracci. perché lo fanno?"



"lo fanno per restare vivi," le risposi.

"fa tristezza anche questo," disse lei.



proprio così, faceva tristezza, era l'Arte dei poveracci, senza che nessuno arrossisca, solo

lavorare e aspettare

lavorare e aspettare

mentre si consuma il sole mentre si consumano loro.



quando arrivammo da me mi mostrò i suoi disegni e io dissi "molto carino questo, me lo

regali?"



e lei disse: "certo".



lo appesi a una parete.

ora ce l'ho di fronte.

è un volto di ragazza colorato di rosso ed escono parole dalla bocca. dice "okay,"

poi dice "no."



quella sì che è Arte - Batman, Robin o Platone non avrebbero saputo far meglio.


Charles Bukowsky

(traduzione di Enrico Franceschini)

fotoromanzi estivi

se vi piacciono i fotoromanzi, andate qui e godetevi la laurea di mia sorella...

15/07/05

Sgargarozzando una piscemberg...

L'estate televisiva è immutabile, per quei pochi che restano a casa non c'è nulla da fare, vi beccherete la sequenza di film catastrofici, telefilm con colori scaduti e trame vecchie e stantie. Resta solo quella scassaminchia che conduce Uno mattina che odiosa è d'estate e d'inverno. Dico, con tutte ‘ste pippe in giro sui terroristi, perché tutti sti film catastrofici? Non potrebbero farci fare un'indigestione dei film veramente belli che trasmettono solo alle 3 di notte o giù di lì? No, stai tutto il giorno fuori, passi di casa solo per la cena e ti ritrovi su LA 7 quel finocchio che va a disturbare tutti gli animali pure mentre s'accoppiano. E l'altra sera c'era pure la puntata speciale su tutti i mozzichi che questo emerito cocozzone s'è preso in tutta la sua carriera. Sembra uguale, agganga le serpi dalla coda, li strattona per bene e poi dice la fatidica frase: "forse è meglio posarlo, si sta arrabbiando". Poi la regia manda il ralenty con il muzzicone allo stivaletto e tutti che diciamo: peccato! Stavolta l'aveva quasi preso. Perfino l'unico programma degno d'attenzione, quel bell'OMNIBUS di LA 7 ha mandato in vacanza Andrea Pancani e ci ha messo una zucca pelata che ti manda in malora tutta la giornata...

Hanno scongelato l'ispettore Derrick che si magia i suoi salsicciotti che innaffia con la PISCENBERG (ricordate la parodia di MAX TORTORA?).



A proposito di dubbi scongelatori e affini: che fine ha fatto Beniamino Placido? Il prode Beniamino insozzava l'ultima pagina del VENERDI di Repubblica commentando qualche chicca televisiva con uno stile rivoltante, peggio di Piero Ottone e della sua inutile rubrica VIZI E VIRTU' che per aria fritta gareggia con le minchiate del lunedì di ALBERONI sul Corriere...

Beniamino ci aveva lasciati a dicembre con tutti i suoi quesiti sull'unica pubblicità che era chiara e lapalissiana: quella in cui Fiorello parlava con il tombino, l'insegna e la fontana. Chiaro: parli con tutta la città. Puoi smazzarti tutto l'elenco telefonico della tua città, perfino quello di Atlantide se sei un Atlantideo... Lui no, il vecchio Beniamino si chiedeva pietosamente che ci appizzasse, quale era il messaggio criptato. E io lì ho capito che l'ultimo neurone del prode Beniamino era emigrato in Messico per svernare.

Dico, ti danno una pagina nell'acquistatissimo magazine di Repubblica, usala bene. Copiaci le battute dei Simpson, commenta la scenetta di Stevie che ciuccia la minna di suo padre nella puntata di oggi dei Griffin. Usa un po’ di Ironia... Scopiazza Absinth la casinista o il Coniglione. Insomma, fai un po’ tu. Ma non ci distruggere i sogni con i dubbi degni di Nonno Simpson.



Ci uniamo al dolore di Ficarra per aver falciato via una giovanissima vita. La via Messina Marine di Palermo è una bolgia, oggi non vogliamo ridere. Oggi no. Manco la notizia che quei fitusi dei nostri cugini messinesi sono stati tagliati fuori dal Campionato di Serie A ci riesce a fare sorridere...



Questo pezzo lo voglio dedicare a una mia ex compagna di classe che ha la faccia tosta di telefonare periodicamente a tutti - dico tutti - gli ex compagni e spacciare feste privè per un raduno di ex compagni di classe. Dico, Loredana, sei stata cinque anni a spulciarti nel limbo dell'ultima fila, lì a riempire il diario di tutto fuorché dei compiti. Sei stata dimenticata da tutti per prima... e ora per avere l'accesso gratuito in feste piatte e patetiche (e risparmiare così le tue belle cinque euro) chiami tutta la classe, spendendo ben di più di quanto guadagni. So che molti dei miei ex compagni mi leggono, e so di cavalcare il pensiero comune nel dire: Loredana, sei patetica!


E io come muoio?

L'ultimo anno di liceo l'ho passato a leggere Vittorini, Dylan Dog e Stephen King. A 16 anni avevo cavato dalla tastiera un raccontino, una favola horror per spiegare al mondo che cosa ne pensavo di tutte le occupazioni che ogni anno ci allietavano antipandoci le vacanze natalizie.

Proprio l'ultimo anno, al ritorno dal viaggio d'istruzione a Praga l'ho riscritto tutto, dando maggiore spessore ai personaggi che erano i miei compagni di classe e i miei professori.


Riecheggiava spesso una domanda: "e io come muoio?".

Tutti volevano morire da eroi, crepare mentre si sacrificavano per salvare qualcuno, solo i miei Amici avevano le idee chiare. A Salvino gli feci scopare, almeno sulla carta, Elisa e le sue zizzone.

Della purezza snervante di Dario mi vendicai facendolo diventare un porco che s'inculava la cozza della classe. Io dimostravo anche sulla pagina la mia assoluta superiorità.


Ve lo lascio qui, in formato pdf, 22 pagine leggere leggere da leggere in questa strana estate. Sempre meglio di passare una giornata a risolvere il sudoku...

12/07/05

il Dottor G1ga!

G1ga, il padre fondatore della bacheca sportiva, nonché mio socio in Thematica è diventato dottore: http://www.labachecasportiva.it/laurea/


 

London Bridge is Falling Down Falling Down Falling Down


Demetrio Paolin, iI vicedirettore della piccola BombaSicilia ha pubblicato un bellissimo pezzo su Vibrisse, ve ne lascio un assaggio e ve lo linko.


"E’ un caso di certo, ma mentre saltava in aria Londra io avevo tra le

mani un libro bellissimo di Camporesi La casa dell’eternità

(Garzanti) e entravo in una libreria a comperare un libro di Huizinga

Lo scempio del mondo (Bruno Mondadori).

Di solito quando succedono questi fatti, uno scrive – un anno dopo,

dopo un lustro, un decennio – che cosa stava facendo. E’ una vecchia

solfa, una cosa molto amarcord: cosa si faceva quando?

Si sbarcava sulla luna.

Scoppiava il ’68.

Veniva ritrovato il corpo morto di Moro.

Saltavano in aria Falcone (prima) e Borsellino (poi, leggetevi

bellissimo Lo Spasimo di Palermo di Consolo (Mondadori)... leggetelo

per favore...).

E poi.

E poi venne l’undici di settembre, Madrid, Nassirya, Londra". (continua)


Come lettura dell'estate vi offro i due volumi di Caponata, scaricabili in pdf da qui




08/07/05

speranze

Jena



Speranze



8 luglio 2005





Il sentimento prevalente è la paura, adesso nel mirino ci sono Italia e Danimarca. Ma noi italiani siamo un popolo di ottimisti, non perdiamo la speranza: speriamo tocchi a loro.

02/07/05

scrivere e sperare

Col blog tutti scrivono e riempiono intere schermate di parole. Sembra che la gente non aspettasse altro che un mezzo per poter dire al mondo tutto quello che le ribolliva tra l'amore e il cranio. Solo che così si rimanda l'inevitabile confronto che prima o poi arriva: dobbiamo sbattere contro il cuore pulsante dello stesso atto vivo, vero e vitale della scrittura.

Stefano Benni ha immortalato questa frenesia scriptoria nel suo Achille Piè Veloce, il suo Ulisse è bersagliato dagli scrittodattili, i manoscritti di tutti gli Aspiranti Scrittori. Tutta la redazione di BombaSicilia è formata da macchiafogli che hanno a che fare quotidianamente con la chimera della Scrittura. E, se ci state leggendo, se ancora meglio ci avete stampato e portato in giro nel vostro mondo, anche a voi interessa.

Le parole possono scagliarci sul fondo dell'abisso o farci volare oltre le antenne e gli aquiloni. Personalmente corteggio la speranza e, da pochissimo, ho smesso di fare quello che sembra andare per la maggiore: la gente, prima ancora di scrivere davvero, di mettersi davanti allo schermo troppo bianco e confrontarsi col cursore che lampeggia maligno, ha già costruito la sua riflessione sulla scrittura, sembra che mettere le parole in fila sia solo un pretesto per poi parlarne, per poi cercare di capire perché l'uomo continua a scavare nei ricordi suoi e di quelli che ci hanno preceduto per poi ricavarne qualcosa da far leggere.

È una questione assillante, una serie di domande da snidare per poi cercare di raddrizzare tutti i punti interrogativi in altrettanti punti esclamativi. Far diventare ciascuna domanda un'altrettanta perentoria affermazione.

Molti blog si stanno estinguendo, non ce la fanno a garantire un impegno quotidiano, la preoccupazione che agguantò i Professionisti della Carta Stampata s'è volatilizzata dopo nemmeno due anni, sono rimasti solo quelli che credono davvero che sfidare la chimera dello Scrivere aiuti a capire meglio questa vita, che magari la parola scritta ci restituisca tutto il senso di un'esistenza. Che una lettera meditata, anzi, un baule piene di lettere da far scivolare ai piedi della donna che aspettavamo da una vita sia così forte da cambiare il nostro destino. Che ci faccia capire perché domani ci sarà di nuovo il sole. Per molti la scrittura diventa una salvezza, serve a scuotere le coscienze, a inchiodare sulla carta pensieri abbastanza buoni da tenerci compagnia per un'intera notte. Perfino un essemmesse azzeccato può farci ritrovare dopo che tutto sembrava perduto.

Qui indaghiamo proprio sul senso di meraviglia che continuano a darci sillabe e parole che costellano un mondo che resta di carta, carta che può bruciare come una passione, bruciare e volare, cenere e fumo verso quel cielo che, come Vittorini ci ha insegnato, già una volta fu dell'aquilone.



(questo e altro nel nuovo numero di bombasicilia)