13/06/13

Bagheria: un covo di pittori, poeti, registi e...

Guardateli bene, messi in fila lì in bella mostra sulla prima pagina di ogni foglio di giornale. Sono loro, i grandi capi. Un tripudio di doppi menti e colesterolo. Facce buone per mangiarsi di nascosto una iris fritta e non i nostri sogni e le nostre speranze. Bagheria ma che minchia stai combinando? Conquistati pure dai canadesi? Da quei succhiasciroppo d'acero che qui hanno gioco facile. Manco uno sceneggiatore della più scalcagnata fiction italiana arriverebbe a tanto! 

E ora aspettiamo che 'sti grandi capi facciano la stessa fine di una vecchia gloria di Hollywood. Sul viale del tramonto a nutrire piccioni invece di tirar su picciotti a frustate sulle gambe. La Sicilia, i siciliani si sono sentiti abbandonati. Da sempre, dallo Stato, dai vari politici che hanno fatto incetta di voti e ci hanno lasciato soli. Sempre di più. Compriamo l’acqua per cucinare pure un tegamino di pasta. Ci mancano i servizi minimi e il lavoro è un’utopia. E ora la precarietà a cui hanno consegnato il nostro futuro farà il resto. Il “posto” è il nostro sogno proibito. Andremo avanti, per inerzia. E la cultura? Che farà la cultura? Bufalino diceva che invece di mandare l'esercito in Sicilia sarebbe stato più proficuo un plotone di maestri elementari. Aveva ragione, come sempre. L'ha ricordato anche Nando Dalla Chiesa presentando il suo ultimo libro, L'impresa mafiosa. Citando anche Obama: l'America non è la potenza suprema per il suo esercito, lo è perché ha le università più prestigiose del globo.

E qui ci balocchiamo il cervello con un silenzio complice. Abbiamo dimenticato. Abbiamo dovuto dimenticare. Perché devi consegnarti all'oblio se vuoi sopravvivere. Quando l'elicottero vola più basso, alziamo semplicemente la tv. Quando rubano una macchina per sfondare una vetrina ci limitiamo a tirare dritto, senza immischiarci in discorsi che non ci appartengono. Perché non si può far saltare un’intera autostrada per cancellare chi voleva fare davvero qualcosa. Solo perché Falcone l’amava irrimediabilmente questa terra. Hanno fatto esplodere un pezzo di autostrada, il Giudice tornava in volo da Roma, mette piede a terra, decide di guidare e si vede la strada sparire, l’asfalto polverizzato. Una catastrofe che presto hanno avvolto nelle lenzuola. Le loro idee cammineranno sulle nostre gambe, l’abbiamo gridato. L’abbiamo scritto sulle lenzuola. Le lenzuola. Sempre le lenzuola. Che prima stendevamo per far vedere che la nostra sposa era arrivata illibata. Sangue di verginità perdute, speranze perdute. Sempre sulle lenzuola. Che sbiancate dal sole assomigliano a vecchi sudari. E lì, dove il Giudice perse la sua battaglia, hanno messo un doppio obelisco. Una minchia di pietra che si incula il cielo. Intendiamoci, Che la cultura possa fare qualcosa ne sono certo, ma si tratta di vedere che tipo di cultura, di certo non quella anti-mafiosa che striscia subdola come Cuffaro che diceva: “La mafia fa schifo” su cartelloni tre metri per sei riempiendo le redazioni dei giornali di cannoli.