26/03/06

la palese inutilità dell'essere stato un sagace idealista

Condivido praticamente ogni parola di questa piccola digressione sull'inutilità dei curriculum vitæ, soprattutto questa cosa qui:


Il peggior nemico dei giovani di belle speranze e luminoso avvenire è la stampa unione di Word, la maledetta funzione spammica che permette loro di sparare il curriculum a migliaia di indirizzi in un colpo solo: con la stessa efficacia che se li inserissero loro stessi, uno a uno, nella tazza del cesso dei destinatari.

Invece il loro miglior amico, in questi tempi moderni, è Google, che consentirà una attenta ricerca nel settore di interesse, da cui ricaveranno un ristretto numero di aziende di cui approfondiranno vita morte miracoli e apparizioni, imparando a memoria prodotti, reparti, nomi di battesimo delle persone con cui desiderano entrare in contatto: tutto insomma.


Ma siccome è bello vedere in una sola schermata la strada accucchiata sinora, io il mio l'ho aggiornato giusto ieri. Addirittura con un'appendice grafica in cui ho raggruppato tutti i siti in cui scrivo.

(l'unica cosa bella di questo post è il titolo)

Appropriato consiglio di lettura: La vita meravigliosa dei laureati in lettere. Ecco l'incipit:


Renato e Rinaldo, per tutti Rino, erano due laureati in lettere. Uguale era la stella che avevano seguito, profondo il precipizio che li divideva: Renato era professore di ruolo in una scuola media della più grande penisola del Mediterraneo. Rino invece era disoccupato, perché aveva passato troppo tempo a occuparsi di cose che non erano importanti e da quando aveva smesso non c'erano più stati concorsi a cattedra.

Renato, però, strano a dirsi, non era contento di fare l'insegnante di ruolo in una scuola media. Ritirava stipendio base, indennità integrativa e tredicesima con l'apparente distrazione di chi non si cura di tali futili piaceri, e se pronunciava previsioni come: "Quando andrò in pensione ... ", lo faceva con la tetraggine di chi si aspetta di contrarre una malattia cronica.
Rino, in ammirato rispetto, statua di sale del ruolo mancato, lo stava ad ascoltare con l'attenzione di chi cerca di percepire i frammenti di una lingua perduta.

24/03/06

con-dividere




Miei carissimi lettori storici e occasionali è con grande piacere che condivido con voi una piccola grande gioia: da oggi scrivo anch'io su Vibrisse, il bollettino di letture e scritture di giulio mozzi, crocevia per gli amanti della letteratura.

Ogni mese troverete un mio saggio su un autore da riscoprire.
Inizio con il poeta Paul Celan e il suo ciclo di poesie Atemkristall.

Buona lettura.

23/03/06

i migliori libri della nostra vita

riceviamo e pubblichiamo






Qualche giorno fa, Melvyn Bragg (studioso britannico), ha stilato l'elenco dei dodici testi inglesi che hanno più influenzato la storia del mondo.

Tra questi troviamo, ad esempio, la Magna Charta, la Bibbia di re Giacomo, La ricchezza delle nazioni di Adam Smith, il Regolamento del gioco del calcio.

Vi chiediamo allora: quali sono stati i libri che hanno cambiato in meglio la vostra vita?
Senza arrivare a dodici, ce ne bastano cinque...



22/03/06

scrivere con uno scolapasta?



In esclusiva per il nuovo sito di BombaCarta ho appena pubblicato il mio contributo agli atti del Convegno sul Mistero di Scrivere.
Andate e leggete come è possibile scrivere con uno scolapasta.

Una risposta dello scrittore Demetrio Paolin è qui

19/03/06

infornata di link

Finalmente ho aggiornato il mio sito ufficiale -già, secoli fa prima della rivoluzione dei blog, esistevano anche questi - una nuova presentazione e un'infornata di link nella barra degli aggiornamenti.

Chi s'è perduto la bella officina bombacartacea su come si fa una scelta può ascoltarla qui: ecco gli interventi di Antonio Spadaro, Elena Buia e Michela Carpi

La copertina dell'ultimo numero del Corriere Magazine gridava al miracolo, un nuovo misterioso autore aveva scritto la nuova Lolita, Serino ha smascherato il misterioso autore e ha sganciato la solita impennata contro il Marchetting, mera prostituzione intellettuale o segno dei tempi?

Consigliamo pure la lettura de La pace come un fiume di Leif Enger, che è uno dei pochissimi  consigli libreschi che siamo riusciti ad estorcere a Spadaro, il critico letterario di Civiltà Cattolica

consigli per gli acquisti: V per vendetta e Dampyr

Ora faccio due "lavori", le virgolette le metto per non illudermi che essi siano davvero quella fonte di realizzazione della mia essenza sociale che il vecchio Zio Karl s'augurava.
Svolgo il servizio civile presso il terzo settore del Comune di Bagheria (saremo o non saremo destinati all'ennesimo Commisariamento per infiltrazioni mafiose?), mi occupo al momento di distribuire gli abbonamenti per l'autobus ad anziani e invalidi, li aspetto, li ascolto e mentre sono lì leggo ottimi libri, una minima parte di quelli che da buon famelico lettore ho messo da parte nel mio piccolo transito terrestre.

La seconda occupazione è il classico dei classici per noi ex-secchioni: impartisco lezioni private. In totale dovrei arrivare sulle 30 euro sommando i due impieghi, otto ore di lavoro (6 al Servizio Civile e 2 al pomeriggio), 30 euro che giusti giusti mi permettono di non aver più preoccupazioni per il carburante che mi porta da lei e dai suoi sorrisi allargasperanze.

Quindi qualche soldino per ora lo maneggio anch'io, una parte li metto da parte da buon filo-formica, il resto lo esco per non gravare più sui miei genitori che così capiscono che  già a 24 anni un po' di sale in zucca ce l'ho (Certo, rispetto al mio babbo che a lavorare ci andò a sette anni sono distante anni luce, ma si fa quel che si può).

Dei soldi che restano fuori dalla capitalizzazione minima e necessaria, la parte più cospicua se la frega l'Agip, il resto se lo spartiscono equamente la feltrinelli e tutte le altre librerie.  Ogni tanto vado pure al cinema, sempre più raramente, lo so. Dai tempi d'oro della tessera gentilmente donata dalla  Zia e Madrina (25 euro per dieci film in prima visione, dieci mercoledì di buon cinema) ne sono passati di giorni. Ora solo un film spettacolare merita i sette euro e cinquanta che pretendono quegli aguzzini dei cineasti.

Almeno a Bagheria ancora siamo a sei euro, ma sono sempre troppi se un dvd in noleggio riportato entro sei ore costa solo 1,50 euro.
Ieri però V per Vendetta ha vinto le mie ritrosie. Ci sono andato con lei e mia sorella e mio cognato. Due ore e mezza spettacolari, uno di quei film che lascia un buon sapore, che fa pensare, che soprattutto non ti fa pentire dei sei euro (che poi diventano dodici perché sarò reazionario e all'antica ma mi piace ancora, se posso, offrire alla mia dama).

La storia risente del modello orwelliano ma in alcuni punti supera il maestro, soprattutto nella dimensione visuale, mutuata dal bel fumetto di Alan Moore e David Lloyd. u n film che di questi tempi sembra ancora più appropriato.

Se rimane qualche spicciolo lo investo sempre in fumetti, a Dylan Dog ho detto definitivamente addio, banalità gratuite m'hanno fatto cancellare l'investigatore dell'incubo dai miei referenti. Sclavi s'è perso e con esso il suo miglior prodotto, i nuovi sceneggiatori tentano ma non so proprio perché le migliori sceneggiature se le tengono per i nuovi eroi Bonelli, Dampyr in primis che leggo dal numero 1 che, per quelle coincidenze della vita lessi proprio a Praga, nell'aprile del 2000 all'ultimo viaggio d'istruzione della mia vita.

Da quel viaggio sono passati sei anni, Dampyr ha vissuto 72 avventure. Tutto torna. Il figlio del vampiro e di una donna mortale è cresciuto, soprattutto perché a differenza del bel tenebroso di Craven Road ancora non ha assunto la dimensione stanziale che ha costituito la fine di Dylan. Dampyr viaggia, sega il planisfero, e incoccia tutti i miti del mondo, le credenze che credevamo dimenticate.

L'Italia compare spesso: il carnevale della Barbagia, le piene del Po, ora anche una Torino incantata e grigia. Anche in questo caso sono due euro e mezzo spesi bene.

baggianate

da oggi è ufficialmente on line il BombaBlog, il blog di BombaCarta, naturalmente da oggi mi trovate anche là. Stavo pensando a una simpatica presentazione da piazzare lì e ne è venuta fuori questa cosa qui.

La poliedrica attività di Tonino Pintacuda comincia agli albori della sua carriera scolastica, l'allora giovinetto si contraddistingue per la realizzazione di tre speciali sui problemi di sempre (droga, razzismo e fame nel mondo) che crea nelle cinque ore che la professoressa d'italiano concede alla classe. Lui arriva a scuola con la lettera 22 nello zaino, batte veloce e sicuro con quei tasti, realizza un prodotto che ancora oggi a distanza di una dozzina d'anni il Nostro giudica "abbastanza buono".


Al liceo decide di dire addio alla panza che gli ha tenuto compagnia nelle sue letture di fanciullo, dopo aver letto tutti i classici per ragazzi nell'edizione AMZ dove lavorava come correttore di bozze un fratello del padre, passa a Stephen King, indispensabile palestra per poi affrontare Dostoevskij e Proust. Legge in undici giorni le 1238 pagine di IT, comprato al ritorno di una gita a Cefalù col cuore spezzato, piantato dalla prima ragazzetta. Si mette a leggere, calza un paio d'occhiali neri e quadrati e si lascia crescere i capelli su quelle orecchie a sventola che ha sempre interpretato come una metafora di cartilagine: "le ho così grosse perché so ascoltare bene" dirà alle malelingue.

Vive il primo anno d'università come tutti, sballottato tra dubbi appuntiti e una malinconia tardoadolescenziale, al liceo ci stava bene, era pure direttore del giornalino che lui stesso aveva fondato. Con internet arriva la svolta, nel 1999 ha comprato il suo pc, prosciugando i risparmi che aveva messo da parte in quattro estati da promettente mezza cazzuola. Conosce BombaCarta, se ne innamora. Fonda BombaSicilia, croce e delizia, banco di prova in cui scopre il suo talento per mettere in piedi un prodotto solido e ben congegnato.

Scrive e riscrive, interi hard disk si riempiono di novelle, la dimensione che più gli è congeniale. Dalla memoria recupera la parola "dicotomia", la rispolvera, fonda un filone di storie che poi saluterà quando dirà addio ai dicotomici furori.

Nella bacheca sportiva, conosciuta tramite l'indimenticabile amicizia con Zummo - guru, amico e consigliere ammorbidente - trova la bacheca sportiva. In g1ga, patron della bacheca, trova un fratello. g1ga gli regala il suo primo sito, le sue produzioni narrative riscuotono un imprevisto successo.

Sempre con g1ga prende forma una dozzina di progetti belli e sinceri. Nel 2004 capisce che è arrivato il momento di laurearsi, macina materia dopo materia, una sfilza di trenta e lodi belle piene. Lotta con Paul Celan, ne vien fuori una tesi bella e ben fatta che gli fa capire che dalla filosofia può ereditare un metodo per lottare a testa alta coi libri che da sempre ha amato.

Nel 2004 incontra la sua metà, naturalmente in una libreria, felice la bacia dopo neanche una settimana.

Nel 2005 capisce che dedicherà la vita a capire quello che la letteratura ditta dentro.

14/03/06

l'impegno e l'onanismo dell'autogoogling

Lo sapete, da un paio di giorni la bottega è aperta, dopo che un misterioso banner aveva attizzato la nostra curiosità. Hanno chiesto di inviare un'email per un'eventuale autocandidatura e l'ho fatto, m'hanno risposto che mi faranno sapere. Aspettavo e stamattina proprio demetrio paolin, il mio meritevolissimo vicedirettore mia manda una lettera che apre un interessante dibattito sulla letteratura e l'impegno, sia esso pure annacquato nella onanistica dimensione della Grande Rete che solo talvolta si traduce in azioni reali. Quando penso a un letterato di tal fatta mi si figurano subito due facce, che penso raccolgano per estremistica sinteticità tutte le possibili declinazioni della questione: la mia e quella dell'ottimate Marco Candida.

Io vivacchio spalmato nel mare magnum della rete, la rete m'ha dato la possibilità d'avere orecchie e occhi tutti per me, per le mie elucubrazioni su quello che la letteratura ditta dentro. Distante anni luce da baricchismi vari ho iniziato a scrivere e a portare avanti il mio tenace punto di vista per un semplice debito di riconoscenza per l'oggetto-libro. Marco invece scrive soprattutto resoconti passati o futuri, scrive di quello che ha fatto o di quello che farà nella dimensione solida della concretezza (m'immagino pure i suoi futuri biografi che accosteranno la metaforizzazione della sua quotidiana attività in una ditta che produce bitume, non riesco a immaginare niente di più concreto e appiccicoso, più reale dell'asfalto in questa post-post modernità)
Entrambi, credo, schiviamo derive narcisistiche vuote e mendaci, non lo facciamo per vedere con l'autogoogling, ossia la ricerca solipsitica dei nostri nomi su google, il nostro indice di popolarità. Lo facciamo perché ci crediamo davvero che un atto tanto semplice aiuti a comprendere meglio la realtà.

Chiudo qua i flash-back o le intorcigliate analessi che dir si vogliano e lascio la parola all'epistolario tra me e demetrio, l'apprendista e e il giovane autore autorizzato

Tonino ti scrivo qui apertamente perché mi sembra giusto. Come tu sai io sono un tipo piuttosto diretto e poco propenso a usare mezze parole, quindi questa mail potevo mandartela in privato, ma il mio interesse e vedrai dal resto del discorso, era che tutti si rifletta su questo.

E' arrivata alla mail di Bottega di Lettura la tua richiesta di partecipazione.
La proposta è stata girata alla lista dei partecipanti.

Io te lo dico così non so ancora se mi asterrò o voterò contro la tua entrata.
Perché ti chiederai tu?
Certamente non per il tuo valore, la tua capacità, e la tua scrittura. Altrimenti non sarei qui in bombasicilia.

Lo faccio per questo semplice motivo.
Tu lavori in BombaSicilia, come direttore, sei una della colonne di Gas-on.line, hai kukuzze, e sicuramente quando il sito di bombacarta diventerà simile a nazione indiana avrai un giusto e importante posto in quel palcoscenico, dove potrai pubblicare pezzi racconti riflessioni sullo scrivere.
Io mi chiedo perché aggiungerci un posto?
Per moltiplicare gli impegni, le scadenze, i casini?

Tonino secondo me bisogna scegliere e scegliere ponderatamente cosa fare, come farlo e farlo al meglio.
La rete, per qualche motivo strano, illude (non solo te ovviamente, ma tutti) che non ci sia fatica, mentre secondo me fare queste cose costa fatica veramente ne costa.
Io sarei più felice se ti vedessi impegnatissimo affinchè il sito di BombaCarta diventi autorevole come Vibrisse, come il primo amore, come Nazione indiana.
Io vorrei che tu ti impegnassi in questo, io vorrei che ti arrivassero a te le mail per chiederti di collaborare e non che sia tu ad inviarle.
Forse ti ho fatto un discorso troppo duro.
ma mi sembra importante dirtelo, so anche che il mio voto conterà poco, se gli altri diranno sì.

Ma queste cose volevo dirtele, perché mi sembra che certe volte sei troppo smanioso e invece bisogna darsi il tempo, far cresere le cose che abbiamo creato.
Pensaci tonino con amicizia reale e stima

Bene bene.

Allarghiamo il discorso, perché secondo me in questa cosa qui, nella cosa che io ho scritto a tonino, nella sua risposta  ci sta anche tutto un discorso sulla - come si dice - genitorialità, paternità, figlitudine etc etc; che non è soltanto quella cosa alla sbarbaro che abbiamo letto in lista, quella poesia di non so più chi, ma è qualcosa di ben più complesso.

Io capisco il desiderio, disappunto, di Tonino che bracca Giulio da tempo, ma giulio è sgusciante per sua natura, almeno per come lo conosciuto io.
Capisco anche il grande sogno di scrivere in vibrisse.
Ma per un sogno di scrivere su vibrisse, io dico ci sono delle realtà che Tonino ha fatto: e penso a BombaSicilia e quello che sta facendo il sito della federazione di Bombacarta.
Questi non sono sogni, sono fatti reali, che di per sé attestano Tonino come un'intellettuale con cui fare i conti e con cui confrontarsi.
A prescindere se le sue cose vengano o meno pubblicate su vibrisse. Lasciamo perdere il fatto che io qualche volta ci scriva, perché ad esempio il mio sogno sarebbe scrivere su nuovi argomenti, ma ora non mi preoccupo più. Ho scritto le mie cose le ho pubblicate molti le hanno apprezzate, il mio nome gira. Insomma ho delle cose concrete da fare e i sogni io ho deciso di lasciarli perdere.

Il passaggio dall'essere figli al non esserlo più è per me proprio questo abbandono dei sogni e questa decisione di prendere atto di quello che stiamo già facendo.

lo dico così.
una volta parlavo con giulio al telefono dopo la pubblicazione della recensione del Pasto Grigio su TuttoLibri.
Io gli ho detto: Ora ho raggiunto quasi tutto, mi manca pubblicare un bel libro di racconti con la Sironi.
Lui mi ha risposto: calma, calma, ma perché non ti godi quello che hai realizzato, perché non pensi al traguardo che hai raggiunto.
(Detto per inciso non c'è niente di pronto o cose del genere.. il libro di racconti me lo pubblicherà la MONDADORI tra una lustro o giù di lì, prima non pubblico più niente)

Io mi sono detto che forse, senza forse, che aveva ragione giulio: non mi stavo godendo la 'cosa' reale che avevo raggiunto per un possibile sogno.
Io capisco la smania di Tonino, non pensiate che vivere in un piccolo paese del Monferrato dia molto di più che Mazzara o Bagheria.
Anche lì la merda è sempre la stessa, come da voi, con l'aggiunta che non c'è il mare, fa freddo quasi sempre, e quando nevica, la merda e la neve sporcano le strade.
Io ho avuto amici, la maggior parte, che hanno smesso di studiare, o che hanno fatto i periti, non hanno preso in mano un libro e tantomeno si sono commossi per i miei di libri.
L'intellettuale è nel mio paese il banchiere che parla piemontese e scrive le commedie che il teatro del comune.
Questo è per dire da dove sono venuto fuori.

Io ho fatto il mio liceo e la mia università, mi sono fatto i miei lavorini, e tutto quanto, ho preso la laurea. Ho avuto la fortuna io d avere professori incredibili: il mio relatore Marziano Guglielminetti ci ha fatto fare lezione con Magris, con Sanguinetti, ho incontrao Naldini, ho studiato autori che di solito non si fanno: penso che nel 93 ho assistito ad una lezione in cui si parlava dei primi cannibali e si metteva in evidenza la vicinanza tra lo zombie e la figura del robot come ce la racconta Repellino in Praga Magica, Tiziano Scarpa è venuto a leggerci in classe le poesie di Pavese sostenendo che sono un blues perché il ritmo è anapestico.
Io ho avuto le mie fortune veramente.
Io non posso neppure lamentarmi dell'università, che mi ha dato tanto e che io ho deciso di non continuare decidendomi per altro.

Questo perché sono assolutamente convinto di ciò che so fare e di come lo so fare.
Proprio per questo, ripeto a Tonino, fottitene dei sogni, fottitene e guarda le cose che hai fatte e quelle falle crescere, cura ciò che hai.

ecco.

Bene, allarghiamo ancora di più il discorso senza per questo tirar dentro il contesto in cui vivo o in cui schivo la perdita di speranza. Lo sai, su questo punto non saremo mai d’accordo: io credo che ci sia un piano provvidenziale, che davvero seminando positività almeno un po’ ne raccoglierò. Ne ho la prova giorno dopo giorno, in un Comune in bilico sull’ennesimo scioglimento per infiltrazioni mafiose si assiste al lento saettare di dubbi e pregiudizi, ogni collega è la talpa, ognuno è lì per venderti. Se sei debole ti accolleranno tutte le inevitabili mancanze che gli ispettori riscontreranno.

Ma in questo, il mio collega, figlio di un uomo agli arresti domiciliari disegna benissimo cavalli, tigri, leoni e splendide madonne. Gli ho regalato un pacco di colori e ho visto nel suo volto la cosa più vicina alla felicità. La stessa che mi prende quando quello che scrivo e quello in cui credo (spesso le due cose coincidono) piace agli altri. Se apre una bottega e la bottega chiede testualmente: “Ora, la domanda è: qualcuno vuole partecipare? Se qualcuno vuole partecipare, presenti la sua candidatura: basta scrivere alla Bottega.”

Bene, perché non provarci? Da quando giulio definì il mio lavoro di diciannovenne (e quindi cinque lunghissimi anni fa) in questi termini: "Il lavoro di Tonino Pintacuda in Bombasicilia ("filiale", per così dire, di Bombacarta) è davvero meritevole" Giulio Mozzi,  vibrisse n. 92, ho sempre tentato di tener fede alle promesse, alla stoffa che gli altri intravedevano nel mio agire.

Penso che BS sia una bella cosa, una bella rivista che non sfigurerebbe stampata e venduta. Penso che sia il segno tangibile di quella lotta alla disperazione quotidiana che talvolta appare l’unica sensazione possibile.

Il mio impegno lo vedi, partecipo ai dibattiti, o in prima persona o rilanciandoli sul mio piccolo blog, rispondo alle domande di Bregola e ho un piccolo spazio sul blog di Candida (succursali entrambe di vibrisse). Mi impegno perché l’impegno mi fa bene, mi sostiene, dà un senso al mio cammino.

Di questo impegno non può che beneficiarne la mia partecipazione alle attività di BC, in questo senso ho ridisegnato Gasoline, ho sorriso quando mi hanno rieletto per la terza volta di fila al Comitato direttivo di BombaCarta Romana. Ho partecipato alla seconda biennale d’arte di Porto Ercole con quella che ora è la copertina di Gasoline, ho detto la mia a due convegni, mi sono preso i complimenti di Eraldo Affinati e quelli del Prof. Merola. Lo faccio per lasciare un segno, quello che è poi è l’aspirazione di tutti noi che scriviamo.

 Sarà puerile ma mi piace leggere “se ne parla dalle parti di Tonino Pintacuda” o vedere nuovi link che gemmano verso la mia pagina da gente che non conosco. Mi sembra di fare qualcosa di concreto quando collaboro con chi respira letteratura. Da sempre seguo i tuoi consigli e seguirò anche questo ma capisci che per me, a ventiquattr’anni è legittimo aspirare a ben altre vette che  una rivista che esiste solo in rete. Se mi chiudessi nel bozzolo quest’entusiasmo svaporerebbe presto. Chi sia giulio mozzi lo sappiamo solo noi che leggiamo, lo stesso dicasi per Tullio Avoledo o Raul Montanari.

E rido dei “problemi” di maura che sta nella più eccellente università d’Italia per quanto concerne la filosofia, io che ancora non so che minchia è "economia dell’arte" (sic!).

a volte anche i miserabili ritornano

Rilanciamo dal sito di Giuseppe Genna (a proposito, perché non approffittate dello sconto del 30 % sugli Oscar Mondadori e fate incetta dei libri del Miserabile autore? Sempre meglio di Melissa P. o del Codice da Vinci...). E' un periodo di grandi fermenti letterari, la gente ha fame e sete di letteratura e delle sue belle bugie, prima il boom webbico di Vibrisse, poi l'apertura della Bottega di Lettura e ora l'imminente ritorno dei Miserabili, c'è da meditare... Intanto anche noi di BombaCarta ci diamo da fare: sbirciate qui.


Formulato l’appello, in due giorni conto una straordinaria disponibilità da parte di amici intellettuali e perfino di lettori impegnati dei Miserabili, sul quale avrei deciso di tornare a patto di non essere solo a farlo.
Molti di coloro che hanno aderito non saranno in grado di postare direttamente: mi invieranno materiali che poi saranno pubblicati, via Movable Type, da me e dagli altri che vorranno o potranno eseguire un’operazione tecnologicamente semplice. Verrà attivato su gmail un indirizzo aperto a cui spedire e da cui prendere i materiali inviati, con l’unica avvertenza di un minimo di coordinamento, per non postare due volte lo stesso articolo: questo è il ruolo che, eventualmente, mi ritaglierò. 

Si tratterà di una stazione centrale delle recensioni, che tre anni di Miserabili hanno decretato essere il contenuto che interessa maggiormente i Miserabili Lettori, più che delle polemiche o degli interventi effettuati secondo la poetica dell’iperbole con cui governavo una testata di cui ero unico responsabile. I Nuovi Miserabili si propone a tutti i collaboratori di riviste e giornali per mirrorare i loro pezzi (previo accordo con il medium su cui li hanno pubblicati), in modo che si assista a un autentico punto di aggregazione culturale, che fornisca indicazioni sul mondo letterario. Saranno inoltre presenti interventi di carattere riassuntivo e/o propedeutico sulla tradizione letteraria: una linea, questa, che i Miserabili hanno sempre intensamente percorso. Tommaso Pincio su Philip Dick è un esempio di ciò che si potrà leggere a questo livello.

La grafica verrà rinnovata e non ci saranno più tracce del sottoscritto e delle sue produzioni, spostate in questo luogo, la Centraal Station del sottoscritto, che è un magazzino di accumulo e di riflessione privata effettuata in pubblico su temi e produzioni estremamente idiosincratici. Ciò non toglie che, elaborato per esempio il testo su Orfeo, che darà vita a una performance a Mantova, esso sia pubblicato sui Miserabili, che presenterà anche testi originali o meno di carattere narrativo o poetico.
Sto attendendo ancora alcune adesioni che considero decisive. Non è il caso di fare nomi, tanto chi legge queste righe sa benissimo che mi sto rivolgendo anche a l*i.

Un’ultima avvertenza riguardo all’appello. Se non vi arrivano mail da parte mia con questa proposta, tenete presente che negli ultimi tempi mi si sono distrutti due dischi fissi e ho la rubrica ridotta a venti indirizzi. Fatevi vivi. Facciamo qualcosa per la letteratura in Rete, per la letteratura in Italia: lo spirito è solo unicamente questo. Creiamo l’aggregatore letterario che non c’è, al servizio di tutti.

13/03/06

universitari del mondo, unitevi!

Dicono che la Sicilia è da sempre metafora del mondo. Un colorato modo per prenderci coraggiosamente in giro per l'ennesima volta. Talvolta però è vero, come nel caso della meritevole università di Palermo e di come ha agguantato la riforma Moratti.

Oggi inizia il secondo semestre della mia laurea specialistica (un succoso resoconto del primo anno è qui).
Nel mio curriculum tale semestre era dedicato I N T E R A M E N T E  alla tesi.
Così non sarà e lo accetto.
Ma almeno sapere chi è il docente dell'improbabile "Economia dell'arte"?
Sapere orari e luoghi è umano, no?

Tralascio il fallimento del sistema 3+2 e l'avvilente soluzione finale ventilata dalla nostra tutor ("perché siete restati? se ve ne andavate era tutto più semplice"), i paradossi burocratesi e tutto il resto (tipo il "Prof. dei Prof." che mi dice che esiste sul sito una data solo per gli specializzandi in una sezione ad hoc che, tuttora a tre mesi dall'esame non esiste e non esisterà mai).

E ancora devo recuperare le 5 storie per qualcosa che non si sa se ci sarà (la Ssis dove, dicono, ci insegneranno ad insegnare in cambio di solo 12oo e rotti euro all'anno per due anni).
Talvolta mi chiedo perché non guido una ruspa cingolata e faccio piazza pulita delle magagne passate, presenti e future...

Universitari del mondo riformato, uniamoci e diciamo la nostra!

La figlia del comandante

Da luglio non scrivo un racconto degno di tale nome, per ora come il vecchio Boccaccio succhio vita ed esperienze, le tesaurizzo e aspetto che lievitino. Intanto questa cosa qui mordeva, scalpitava, voleva essere scritta. E' ancora fumante e incompleta. A voi... Promette bene, almeno in linea di principio, lo stile risente dell'indigestione di Consolo a cui volontariamente mi sono sottoposto approffitando del 30% di sconto sugli Oscar Mondadori.


Tra le fitte foglie di un carciofo crebbero Beatrice e i suoi fantasmi. Beatrice era la figlia del Comandante, lasciato lì a metter radici dopo che la Guerra aveva sconquassato l'ordine e la morale.
Filarono i giorni e le notti fecero il resto, quella bambina ingravidata da un mezzo mastro dietro il gelso partorì una creatura con la faccia d'oliva e il corpo di anguilla, venne fuori sanguinazzante, urlando contro il cielo la rabbia dell'immutabilità.
A sua madre regalò la fuoriuscita del plesso emorroidale, una depressione ferrigna e cupa che fu presto psicosi puerperale.

Rossella venne fuori che era già segnata, nelle campagne le notizie fluidificano presto come catarro rappreso sulle spine di un fico d'india, rosso in pieno sole, suo nonno, il Comandante si infilò in bocca la beretta d'ordinanza e baciò il proiettile che cancellò dalla vita l'unica sua ignominia. Fu così che Rossella si battezzò con la veste nera ché in tempi di crisi, col parroco bucato dalla tisi si doveva fare tutto in economia, il funerale coincise con quell'immersione nel battistero che alla bimba tolse gli unici peccati non suoi.

E i calendari ingiallirono, foglio dopo foglio andarono ad alimentare la caldaia crepata. Beatrice col senno perse pure la vista, ipovedente in seguito alle scosse elettriche che le avevano cancellato il cervello dopo che aveva cercato di ficcare Rossella per la seconda volta nel secchio del pozzo, fu la signora Fina, la vecchia balia, che la salvò in tempo e andò con la corriera sino in via Pindemonte, nella città che fu dei Normanni e degli Asburgo. Il dottore con gli occhiali a pinza le disse che l'unica soluzione erano le scariche e gli elettrodi, lei vendette tutto il vendibile e portò Beatrice a cercare i suoi sorrisi perduti.

Sembrò rinascere dopo che il dottore finì, la bambina aveva già tre anni, i capelli rossi e gli occhi cupi. Da Bagheria arrivò il figlio del questore, vide Beatrice e perse l'appetito.


La casa del questore torreggiava sul Corso Umberto I, tre piani decorati con il tufo delle cave di Aspra lavorato con raspe e scalpelli dallo stesso questore. Diceva che lo faceva per rilassarsi, di un'opera era particolarmente fiero, una riproduzione di Palazzo Steri, il palazzo della Marina di Palermo in cui in illo tempore vennero seviziate orde di improbabili adoratori del Maligno, quando l'ordine lo teneva la Chiesa e i suoi inquisitori, dopo che i Vicerè erano spariti nelle piaghe della storia. Dall'inquisizione il questore subiva da sempre un influsso grigio e silente, e, dopo che l'ennesimo maresciallo l'avevano crivellato solo perché s'era trovato in mezzo ad una riunione d'uomini d'onore, il fascino dei metodi dei francescani e dei gesuiti del Seicento s'era accresciuto. Gli stavano sterminando i suoi uomini, giorno dopo giorno, l'avevano mandato lì per raggrizzare la situazione e l'unica cosa che aveva ottenuto era l'estensione della sua incipiente calvizie, una vecchia gli aveva detto che doveva provare col latte di fico.

11/03/06

senza parole


Parigi, oggi



Milano, oggi

riceviamo e pubblichiamo



Martedì 28 marzo, ore 21.00
Parco letterario Giuseppe Tomasi di Lampedusa,
Vicolo della Neve all'Alloro
Palermo

Incontro di lettura
Dedicato agli autori latino-americani.
Siete invitati a portare e leggere un breve brano di uno scrittore latino-americano che amate.
Se porterete anche qualche fotocopia del brano sarete seguiti meglio,
se volete solo ascoltare siete lo stesso i benvenuti.

Tommaso Gambino e Antonio Lo Cicero
introdurranno con una breve conversazione sugli autori cubani.
Sottofondo musicale in tema.

leggere come cognati

Quando si tratta di best seller mi capita di imbattermi sempre nella versione di me che deploro, in questa versione io leggo con la diffidenza tipica dei cognati. Mi spiego: io sono un cognato e ho due cognati.
Quando mia sorella mi ha presentato il suo fidanzato l'ho squadrato dall'alto in basso, al primo bacio che si sono dati davanti a me mi ha formicolato lo stomaco. Stessa cosa deve essere successo al fratello della mia fidanzata quando mi ha conosciuto, capita sempre così. Sopportiamo platealmente a fatica le nostre sorelle sino a quando qualcuno non arriva e se le porta via.  E con esse i paninazzi serali con la mozzarella e il pomodoro o i rimproveri quotidiani che erano solo nostri.

Bene, coi best seller io sono diffidente peggio d'un cognato al primo appuntamento della sorella. Li compro, li comprano tutti. Ovvio, altrimenti non sarebbero i più venduti, con il Codice da Vinci ho resistito sino all'edizione Miti Mondadori, e lo stesso per Piperno, pure che tutti ne parlavano. Il codice l'ho letto subito e subito l'ho dimenticato, gli indovinelli erano facili, l'ipotesi di fondo una boiata e il mistero non era sgorgato dalla roccia dell'ispirazione.
Con Piperno mi sto ricredendo, D'Orrico ci aveva azzeccato a dedicare tanto spazio alla saga dei Sonnino. È una storia all'antica, una storia familiare, degna delle Correzioni di Franzen o delle saghe tipiche dell'ebraismo.

È stato con Harry Potter che ho capito che sono un lettore compulsivo, glielo dicevo pure a Spadaro, mentre mangiavamo nell'hotel di Stilo, nella visita guidata che hanno messo a conclusione dello splendido convegno sul Mistero di scrivere. Stavo lì, a sentire che sul Riformista qualcuno aveva messo Antonio contro il papa proprio sul maghetto, articolo confezionato ad arte, visto che si vociferava che Benedetto XVI aveva sconsigliato la lettura di harry e che Antonio aveva promosso su Civiltà Cattolica. Sarà come sarà ma a me Harry Potter piace e pure assai. Frase poco critica ma che tutti i lettori del ciclo di Hogwarts sposeranno.

Nel penultimo libro, Il principe mezzo-sangue la narrazione accelera turbinosamente, lo leggevo mentre consegnavo tessere per l'autobus ad anziani e disabili, e piangevo. Piangevo dopo che s'era consumata la tragedia, piangevo nell'epilogo, e il resto non ve lo dico perché se no vi rovino il libro e di spargere spoilers non mi è mai passato per la cucuzza.

Solo che è splendida la differenza che è centrale tra il potere oscuro e quello del maghetto con gli occhiali: l'amore, soprattutto quello della madre di Harry che ha salvato il frugoletto frapponendosi tra Voldemort e lui. La benedizione più forte: l'amore materno.

università e rodaggio

Avevo letto il messaggio di Valeria Vitelli nel blog di Bregola, l'avevo letto e apprezzato.
A Davide avevo consigliato di dare il maggiore spazio possibile alla lettera, cosa che il meritevole autore di Racconti Felici ha fatto pubblicando un estratto della lettera sulla seguitissima Vibrisse.

Ho detto pure la mia in un chilometrico commento:


Vita e letteratura vanno di pari passo, come sempre. E proprio da chi alla letteratura ha deciso di consacrare la sua vita non m'aspettavo di meno. La lettera della Vitelli ha il merito di indirizzare l'attenzione su un problema reale e concreto, senza per questo nulla togliere al dibattito sui doveri dell'intellettuale che campeggia da qualche giorno in questo splendido non luogo.

Hanno dicotomizzato il percorso universitario in vista di un'ottimizzazione dei tempi di cottura delle giovani menti che non c'è mai stata. E' un fatto: i giovani che si laureano in tempo sono una sparutissima minoranza (nel mio corso fummo 12/174). Ora quando ancora la specialistica deve dare i suoi frutti vogliono rimescolare di nuovo tutto. Sarà che mio padre sin da bambino mi ha riempito la testa con una parola che per me suonava solida, coriacea e imponente: rodaggio.

Sanno questi santi burocrati che prima di cambiare si deve lasciare lievitare bene qualsiasi scelta?
Sanno che si deve aspettare che almeno una generazione provi sulle sue carni gli effetti di quello che hanno deciso?

E parlo io, che le riforme le ho incocciate tutte sulla mia pelle, dal 100 che rimpiazzò la solidità del 60 in quella che fu la maturità, al 3+2 fatto di crediti e altre corbellerie che proprio a Palermo raggiungono il sublime nella loro trivellante follia.

Aspetto, rimasticando quello che scrissi alla fine del primo anno di specialistica.

spero che nel dibattito che forse nascerà qualcuno saprà darmi le risposte più banali e più sicure che vado cercando:
1)per attivare la mia laurea e andare a insegnare filosofia, storia e letteratura italiana cosa devo fare? La SSIS è chiusa sulla carta da due anni, anche se tuttora esiste e ingloba soldi e il fresco futuro di futuri precari che debbono pagare per duplicare il loro titolo con gli stessi docenti che si beccano 100 euro all'ora.
2)usciranno mai i decreti d'attuazione della Moratti?
3) "dottore magistrale" se poi non puoi insegnare che min*chia significa?
4) i bisogni veri sono quelli base: voglio una minima certezza per sposarmi e mettere su casa e dare una scossa all'economia...
5) affondo il naso negli oscar che ho comprato col 30% di sconto e vado a meditare sul mio transito terrestre.

Un grazie a Davide Bregola e alla Dott.ssa Vitali


Il dottorino Pintacuda

università, tu quoque?

Nell'ennesima risposta all'interrogativo di Davide Bregola sull'essenza del romanzo che verrà, Valeria Vitelli dietro il pretesto di una piccola nota biografica punta il proiettore sulle pecche del sistema universitario.
Proprio stamattina chiedevo sullo stesso argomento delucidazioni al mio relatore e constatavamo un irremedibile abisso tra le dolci promesse e l'inettitudine del burocrate.
Ci metto qualche grassetto di mio... A sottolineare quei passaggi che mi ricordano il giovane speranzoso che un giorno fui anch'io (Che di anni ne ho 24! ma qui in Sicilia si impara prima a ricalibrare i sogni...).




Ho 25 anni, quasi dottoressa, nel vero senso della parola, in lettere, con alle spalle una laurea triennale che non so ancora che titolo conferisca. sono una ragazza che tenta di sbarcare nel mondo dei "grandi", di uscire dal ruolo di studentessa e di dimostrare più a se stessa che la strada della critica letteraria è quella veramente giusta per me. speriamo sia vero che, come mi ha detto il mio professore, punto di riferimento, tesista, e spero prossimo responsabile di dottorato, possiedo un buono spirito critico.

vuoi sapere qualcosa in particolare? qualcosa riguardo all'università? potrei dilungarmi per pagine, ma anche in modo propositivo. credo che con poco sforzo e qualche attenzione molto si potrebbe fare per rendere migliore questa riforma.
guardando il mondo dall'oblò di chi ancora nutre speranze posso dire che l'università come luogo di cultura e come luogo dove incontrare gente di cultura forse non esiste più come una volta.

nulla voglio togliere ai professori, tra i quali qui a Torino indubbiamente se ne incontrano di molto validi. anche i migliori però credo facciano fatica a ritagliarsi lo spazio giusto all'interno delle magli inestricabili dei moduli da accatastare l'uno sull'altro e a fare i conti con il dover stabilire i programmi in base al numero di pagine da far studiare.

l'appiattimento è generale, non ti dico poi che compagni mi è dov'è il confronto disinteressato e puro che mi aspettavo ci trovare? la discussione accesa ma non macchiata dalla colpa di voler per forza emergere e apparire?
(mi rendo conto di essere poco propensa a sgomitare per sembrare la più intelligente, brava e preparata, e sono sicura che questo non mi sarà di aiuto per i miei sogni di dottorato e lavoro in qualche rivista specializzata. i sogni di tutti in fondo)

un grande problema dell'università, oltre a quello spinosissimo dei programmi d'esame, è l'impossibilità di trovarsi il proprio spazio. mi rendo conto che ormai le persone iscritte sono moltissime, ma credo anche che molto si potrebbe fare per permettere agli studenti di imparare realmente qualcosa. qui a Torino siamo pieni di giornali, riviste, case editrici... non un contatto uno tra università e questo mondo, almeno nessun contatto a cui si possa facilmente accedere o di cui si sappia.
come ci si può fare le ossa se siamo mille nullità ad uscire dall'edificio con la laurea in mano?
questi sono alcuni dei problemi, è anche difficile farseli venire in mente.

ma la cosa più triste è che a volte mi è capitato di percepire che la vera cultura stava altrove, fuori dall'università. non parlo di cultura di cui fa sfoggio e di cui ammantarsi nella veste dell'intellettuale impegnato, di questo tipo di cultura l'università è piena. parlo di quella dei dibattiti forti, delle idee a confronto, dello studio che ognuno vorrebbe condurre. nella nuova università tutti danno gli stessi esami e visto che ce ne sono molti di più di prima e inevitabile non puntare ad alcuni esami "jolly" quelli veloci da preparare e facili da superare. un disastro! la morte del senso dello studio!

e allora ognuno il proprio percorso se lo crea da sé, e si sente pure dire, " che esami dai? dante? Ah, già che tu fai la studentessa seria" orrore!
parlo come una di 100 anni?
può darsi non so.
insomma io al mio percorso però ancora ci credo anche perchè ho stima del professore che ho scelto come punto di riferimento.
insomma io ci sono e ora che vi ho scoperti non vi mollo quindi ogni domanda sul mondo dei neolaureati allo sbaraglio è ben accetta. e se volete faccio anche le mie proposte di risoluzione.
la mia città del sole universitaria.
grazie
valeria vitelli

p.s. se non ho centrato il punto accetto... eccomi qui!

07/03/06

desideri possibili



379,00 €
 
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(e pensare che ai tempi i miei amici spendevano botte di centinaia e centinaia di mila lire per i componenti dello stereo Technics...).

Antonio Spadaro. Connessioni



Connessioni

Nuove forme della cultura al tempo di Internet
Antonio Spadaro

Pagine: 178 - Anno: 2006
€ 13,00
ISBN: 8889241179
Collana: Mappe 3


In breve
Il libro incita a riflettere sulla fenomenologia dell’incontro in Internet, in quanto luogo frequentato da milioni di persone ogni giorno, spazio che nessuno possiede e che favorisce le connessioni. Tale luogo è diventato un ambiente culturale ed educativo frequentato da milioni di persone, credenti e non, e rappresenta per la Chiesa una formidabile opportunità di comunicazione perché consente di moltiplicare le connessioni sia come collegamenti personali sia per la costituzione di nuove forme di aggregazione sociale. [dalla prefazione di Xavier Debanne]

Il libro
L’inarrestabile sviluppo dell’informatica sta trasformando in profondità il nostro modo di vivere e di comunicare. Una serie di nuovi termini si aggiungono al vocabolario: editoria digitale, biblioteca virtuale, blog, wikipedia, podcasting, web-zine solo per citarne alcuni. Ognuno di essi si presenta come un insieme, affascinante e ambiguo, di opportunità conoscitive e comunicative che sta cambiando radicalmente il volto della cultura.
Sta nascendo un nuovo modo di imparare, di trasmettere e di rielaborare il sapere. Tutto ciò si riflette immancabilmente anche su quella parte fondamentale della cultura che è l’esperienza religiosa e la riflessione teologica.
Da qui la necessità di una mappa per conoscere i cambiamenti in atto e per imparare a valutarne potenzialità e limiti. Con tale intento l’autore, «navigatore» esperto del mondo multimediale, compie una rassegna ragionata e critica di tutte le principali innovazioni introdotte dal digitale, senza dimenticare il collegamento con il meglio di quanto la tradizione da cui proveniamo ha saputo elaborare.

Indice
Presentazione 13
Introduzione 17
Prima parte 21

Cap. 1 Editoria in digitale 23
La scrittura elettronica 24
La scrittura ipertestuale e telematica 25
Il libro virtuale 27
Editoria senza editori? 31
Le direzioni possibili 33
Testi senza libri? L’ipotesi dell’anti-libro 34

Cap. 2. Biblioteche e librerie virtuali
Le biblioteche con catalogo “on line” 43
Le librerie virtuali 44
La sfida delle biblioteche virtuali 45
Un progetto ambizioso: Google Book Search 46
Perplessità e nodi critici 49
Egemonia culturale? 51
Altri nodi 54

Cap. 3 Web-zine: riviste in rete 61
Tipologie di siti 62
Questioni e valutazione 64

Cap. 4 Blog: tra diario e giornale 69
Che cosa sono i blog? 69
Tra diarismo e giornalismo 71
La dimensione emotivo-espressiva 74
La dimensione critica 76
La dimensione giornalistica 77
Le prospettive 80

Cap. 5 Podcasting: la radio in forma di blog 85
La rivoluzione dell’audio digitale 86
Il Podcasting 88

Cap.6 Wikipedia: una forma di enciclopedia
Wikipedia 96
Enciclopedia libera e aperta 97
Le caratteristiche dei wiki e le loro applicazioni 99
I limiti del sistema wiki 101

II parte
Cap. 7 Dio nella “rete” 111
Gli spazi religiosi virtuali 112
Le forme del navigare in Rete 115
Il bisogno di Dio e cyber spiritualità 117
La Rete e il dialogo spirituale 119
La Rete e il dialogo teologico 121
C’è Dio nella blogosfera? 122
Godcasting 123
Una teologia del “codice aperto” 126

Cap. 8 La Chiesa e internet 135
Nuove tecnologie e pastorale 136
La necessità di un impegno 139
La Rete “modello” di Chiesa 143
Etica in internet: persone e solidarietà come criteri ultimi 146

Appendice
La lettura come immersione interattiva. Tra “Esercizi spirituali” e “realtà virtuale” 153
“Tocca al mistico spiegarci il poeta?” 154
Un modello: gli “Esercizi” di Ignazio di Loyola 156
La letteralità infranta degli “Esercizi” 158
La lettura come “esecuzione” di un’opera “virtuale” 159
La lettura come immersione interattiva 161
La lettura può diventare esperienza spirituale 162

Bibliografia 169

06/03/06

Letteratura: servizio, fantasia, mistero

Antonio Spadaro S.I.





I Convegni organizzati dall’Associazione Pietre di scarto sembrano avere una vocazione precisa: toccare i nervi sensibili della letteratura, compiere sondaggi e perlustrazioni in terre poco frequentate, quelle delle grandi domande, delle questioni di fondo: la gente si chiede quale libro leggere e gli amici di Pietre di scarto si chiedono a che cosa serve la letteratura; la gente crede che la letteratura sia un pianeta fantastico distante dall avita ordinaria e reale e loro dicono che la fantasia è un modo di rapportarsi alla realtà; la gente crede al mestiere della letteratura e ai suoi prodotti best-sellers e loro parlano del mistero della letteratura.
Ma andiamo con ordine, riprendendo le fila di un discorso tutto in evoluzione dinamica e che non mancherà di riservare sorprese. Comincerò raccontandovi un’esperienza.

È il 1940: quindicimila ufficiali polacchi vengono imprigionati dai russi in campi di concentramento. Joseph Czapski è tra questi. Nato a Praga da una famiglia aristocratica polacca nel 1896, egli fu pittore, critico d’arte, grande lettore e conversatore brillante, vigoroso enfant terribile. Dopo l’invasione della Polonia da parte delle truppe tedesche egli è fatto prigioniero dai russi il 29 settembre 1939 per poi essere liberato nel ’41. Assieme ad altri 450 ufficiali scampò per caso all’orribile e gigantesco massacro di Katyn, perpetrato dalla polizia sovietica. L’esperienza della prigionia fu drammatica: promiscuità, fame, malattie.
A Czapski e ai suoi compagni non restavano altro che la memoria e la ricchezza della cultura che essi portavano nel loro intimo come roccaforte inespugnabile di umanità: scienza, arte, architettura, letteratura, storia. Molti di loro decisero così di lottare contro il degrado spirituale e il decadimento fisico in una maniera singolare: avrebbero tenuto delle conferenze sulle loro rispettive passioni culturali per far trionfare la forza della vita.
In particolare, Czapski fece rivivere per i compagni di prigionia la sua lettura personale de Alla ricerca del tempo perduto, il capolavoro torrenziale di Marcel Proust. Il testo del suo intervento fu dettato e messo per iscritto perché doveva essere sottoposto alla censura del campo. Quando lasciò la Russia, l’autore lo portò con sé. Per questo anche noi oggi possiamo leggerlo (J. CZAPSKI, La morte indifferente. Proust nel gulag, Napoli, L’Ancora del Mediteraneo, 2005.).
Immaginate cosa poteva rappresentare la rievocazione del raffinato mondo dei salotti del faubourg Saint-Germain della fine del diciannovesimo secolo nel contesto di un campo di prigionia. La lettura dell’ufficiale polacco entra nelle vene del testo. Esso custodisce un significato profondo: l’arte aiuta a vivere e, in particolare, permette di salvare l’umanità e il gusto dell’essere interiormente liberi, anche sotto la tirannia più aspra. È la lezione della grande letteratura. Così commenta l’autore: «La gioia di poter partecipare a un’impresa intellettuale in grado di dimostrarci che eravamo ancora capaci di pensare e reagire a realtà dello spirito che non avevano niente in comune con la nostra condizione di allora, trasfigurava ai nostri occhi quelle ore passate nel grande refettorio dell’ex convento, questa strana scuola clandestina dove rivivevamo un mondo che ci sembrava perduto per sempre» (p. 18).
In realtà in questa esperienza è in ballo qualcosa di decisivo: il senso della lettura e della critica letteraria. Il critico è un uomo che «professa» la lettura. Czapski ci offre un modello. Egli parla di un libro che non ha sotto mano, ricordiamolo. Non può citarlo alla perfezione, né indicarne pagine e volumi. Deve affidarsi alla memoria. Scava dunque nelle profondità di sé per recuperare immagini, situazioni, eventi, fidandosi del proprio rapporto col testo. L’opera vive in lui e il suo significato prende corpo in un contesto di disumanità. Proprio questa «inabitazione» o «incarnazione» dell’opera genera il gesto critico. Se l’opera non vive nella coscienza di chi la legge, il commento critico resta qualcosa di esteriore o addirittura di superfluo, futile. Leggendo la Recherche, Czapski legge se stesso, colloca l’opera all’interno di un rapporto singolare e la attualizza nel contesto, per sé assurdo, di un campo di concentramento. Czapski ci fa capire che se la letteratura non vive nel territorio della vita e dei suoi significati, essa è destinata a svanire.

Ecco allora che appare più chiara la prima domanda che i nostri amici di Pietre di Scarto hanno posto con i loro convegni: A che cosa «serve» la letteratura? Molti al solo sentir parlare di un «servizio» della letteratura, pensano a una «letteratura di servizio» o, peggio ancora a una letteratura «a servizio» di qualcosa e dunque asservita. In realtà, il rapporto tra la vita e la letteratura – lo abbiamo compreso grazie anche all’esperienza di Czapski – è inquieto e complesso. Ma lo comprendiamo anche grazie alla nostra stessa esperienza, che pure non si svolge dentro un campo di concentramento (almeno in senso stretto…).
Sembra, a volte, che la letteratura sostituisca la vita o che almeno riesca a rimpiazzare momenti vuoti, di noia, trasformandoli in minuti, ore, giorni di pura avventura. In realtà la letteratura non serve a sostituire la vita. Semmai è vero che ci sono aspetti della vita che spesso noi conosciamo solamente nella lettura. Ma come? Una immagine molo bella che è stata richiamata nel primo convegno è quella del laboratorio fotografico. L’opera letteraria, ha scritto Proust, è «una sorta di strumento ottico», che consente al lettore di «sviluppare» ciò che forse, senza il libro, non avrebbe osservato dentro di sé. Il ruolo della lettura è fotografico: gli uomini spesso non vedono la loro vita e così il loro passato diviene ingombro di tante lastre fotografiche, che rimangono inutili perché l’intelligenza non le ha «sviluppate». Ecco dunque a cosa «serve» fondamentalmente la letteratura: a sviluppare le immagini della vita, a salvare la nostra esistenza dall’incomprensibilità.
Sarebbe riduttivo intendere la lettura di Czapski, ad esempio, come una «evasione». No: è molto di più. Ogni poesia, ogni racconto, ogni romanzo è un atto critico nei confronti della vita. La letteratura offre a una vita ridotta al suo puro «senso letterale», un punto di apertura. La letteratura non è dunque «fuga» dal mondo, dalle cose, in un’interiorità tanto ricca, quanto vaga. Se lo fosse, essa sarebbe una «evasione» inutile e vana. La verità della letteratura è sempre una verità di fatti, di cose e di relazioni tra cose e persone. «Niente idee se non nelle cose (No Ideas but in Things)», scriveva Williams Carlos Williams.
Se questo è vero per il lettore lo è ancora di più per lo scrittore. Lo era per Proust come per qualunque altro scrittore. La letteratura dischiude il mondo nel quale si vive e fa scoprire la sua ricchezza. Se Czapski può salvare la propria umanità grazie alla pagina di un romanzo è perché la fantasia di Proust (come quella di ogni scrittore autentico) non è evasiva, ma intensiva. La fantasia del poeta è alta grazie al fatto che egli osserva la realtà in maniera particolarmente intensa. Lì sta tutta l’energia.

Allora ecco la seconda domanda che i nostri amici di Pietre di scarto si sono posti l’anno scorso: cosa rende tale la fantasia rispetto alla realtà? Non il reale stesso appunto, ma la logica col quale lo si guarda e lo si considera; i nessi che questa logica crea e sviluppa. La fantasia è un modo di porsi davanti alla realtà, un’esperienza conoscitiva ricca e complessa, che segue una logica diversa da quella ordinaria. Insomma, possiamo affermare che senza il reale non esisterebbero neanche la fantasia e l’immaginazione. La realtà è più ricca della fantasia perché è il seme che, in potenza, contiene tutto il suo sviluppo fantastico. La fantasia è una prospettiva ampliata sul mondo e su ogni piccolo suo dettaglio, come secondo i celebri versi di William Blake (1757-1827): Vedere un mondo in un granello di sabbia,/ e un cielo in un fiore selvaggio./ Chiudere l’infinito in un palmo di mano/ e l’eternità in un’ora (Auguries of Innocence).
Il lettore di una poesia o di una narrazione non è chiamato a una sorta di fuga mundi, a un’evasione dal reale per rifugiarsi nel mondo delle immagini irreali. Ogni viaggio fantastico nel «Paese delle meraviglie» o nella «Terra di mezzo» o al centro della terra o negli spazi interstellari dei racconti di fantascienza, ogni sguardo poetico su un dettaglio o l’altro del mondo è per ogni artista un modo per vedere meglio la realtà e la storia, per cogliere in maniera estesa e densa la ricchezza dei loro significati. Si può dire, con le dovute distinzioni, che per analogia la parola poetica partecipa di ciò che i cristiani ritengono essere parola di Dio così come ce la presenta la Lettera agli Ebrei. Per i cristiani la Parola è Dio, e tutte le parole umane vivono una intrinseca nostalgia di Dio, tendono a quella Parola. Essa, infatti, è «è vivente (zòn: è viva, brulicante; è, come scrisse Thoreau, così vera e forte da schiudersi come gemma a primavera) ed energica (energhès: non è «atto» ma «potenza», energia); più tagliente di ogni spada a doppio taglio e penetrante fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla; capace di scrutare (criticòs: la parola poetica è il vero critico! Se la parola è poetica essa stessa ha una funzione critica nei confronti della mia vita.) i sentimenti e i pensieri. Non c’è creatura invisibile (afanès: la parola poetica vede il mondo, vede tutto, non oscura, ma illumina anche il dettaglio più apparentemente trascurabile; il suo sguardo è aperto) davanti ad essa, ma tutto è nudo e scoperto ai suoi occhi...» (Eb. 4, 12-13). È tutto vero della parola poetica ciò che di essa ha scritto Baldovino di Canterbury: «Quando parla questa parola, le sue parole trapassano il cuore, come gli acuti dardi, scagliati da un eroe. Entrano in profondità come chiodi battuti con forza e penetrano tanto dentro, da raggiungere le intimità segrete dell’anima. Infatti questa parola è più penetrante di qualunque spada a doppio taglio, perché il suo potere d`incisione supera quello della lama più temprata e la sua acutezza quella di qualsiasi ingegno. Nessuna saggezza umana e nessun prodotto d’intelligenza è fine sottile al pari di essa. E’ più appuntita di qualunque sottigliezza della sapienza umana e dei più ingegnosi raziocini» (PL 204, 452-453).

Ecco allora emergere il terso tema, quello che i nostri amici di Pietre di scarto si sono posti per l’anno prossimo: il mistero di scrivere. Mi chiedo: dove sta in origine questo mistero? qual è la fonte di una parola così densa? La mia risposta è in quella paroletta da tutti usata, ma quasi indefinibile: l’ispirazione. Qui si concentra la densità del mistero di scrivere, a mio avviso.
Che cos’è l’ispirazione poetica? Ogni artista, ogni musicista, ogni scrittore, si confronta esplicitamente o implicitamente con essa, a volte negandola e lodando la razionalità della mente, ma più spesso esaltandola, ricavandone una sensazione di stupore e di sorpresa. Non si contano le definizioni che sono state date nel corso dei secoli, all’interno delle estetiche e delle poetiche sviluppate da artisti e pensatori. L’ispirazione non è pura emozione, né puro sentimento, né pura astrazione, ma vera e propria forma di conoscenza attenta e ardente del mondo. Ma è una conoscenza che nasce da un momento di stupidità, come ha scritto Flannery O’Connor: «c’è un granello di stupidità del quale lo scrittore può difficilmente fare a meno: lo starsene a fissare senza andare subito al dunque. Più a lungo guardate un oggetto e più mondo ci vedrete dentro». È quel momento che ha vissuto Raymond Carver quando ha scritto una poesia tanto semplice quanto strardinaria:

My crow
Un corvo è volato sull’albero davanti alla mia finestra.
Non era il corvo di Ted Hughes né quello di Galway Kinnell.
Non era neanche quello di Frost, di Pasternak o di Lorca.
Non era uno dei corvi di Omero, sazi di sangue
dopo la battaglia. Era semplicemente un corvo.
Uno che in vita sua non è mai riuscito a trovare il suo posto
né a far niente che valga la pena di raccontare.
È rimasto appollaiato sul ramo qualche istante.
Poi si è levato in volo ed è uscito maestosamente
dalla mia vita

pure l'alba va a fagiolo ai poeti

riceviamo e pubblichiamo in risposta alla nostra "letteratura maleducata" questo bel pezzo di Costantino Simonelli, il vicedirettore di BombaSicilia che ha scritto pure la presentazione delle radici di Kukuzze.



Se adesso mi metto sul perfetto azimut dell' occhiale bifocale - la vecchiaia precoce fa brutti scherzi - che congiunge la retina al monitor e nella traiettoria del battere di ciglio cambio immagine e print, e non mi basta più, non lo voglio più "Times new Roman" corpo dieci, voglio Arial Narrow o almeno Arial Black, corpo da undici in su. Perché? .... perché scrivere con quei caratteri mi arrapa di più... ecco che solo adesso posso dire di essermi stranito per bene in questo andirivieni di toccate di lettere alfabetiche coi miei polpastrelli che s'affaticano. Peccato che non ci siano tasti bianchi e tasti neri sulla mia tastiera da computer, sennò invece di scrivere un curriculum vitae per un cazzo di posto di lavoro da venire, adesso come adesso farei musica. Forse di successo, o forse buona a niente, figlia solo di me stesso. Ma io c'ho dentro comunque la verità.
Certo, quella vendibile . Quella invendibile chi se la compra? Ma chi te la chiede? La verità invendibile in qualche modo è stata già venduta.
Il mio un poco è il gioco delle tre carte.

Ma non proprio così. Io mi metto ben piazzato al centro della pedana con le mani in tasca e col mio faccione proteso a fare il punchball. Come al luna park, la gente che passa sa che deve provarsi, misurarsi - magari per l'orgoglio della sua ragazza - a picchiarmi il più forte possibile. Io, dopo picchiato - l'acme del mento è il mio punto migliore - ho imparato ad oscillare da dio senza cadere mai. Come misurano la loro forza? E certo che glela devi dare la misura della loro forza, di quella rabbia dura a sfogare; quasi la mia faccia vicariasse tutta la rabbia che ti fa venire il mondo e la stessa vita tua. Ma io oscillo e basta, non cado, non gemito, non do soddisfazione a nessuno. Più non faccio niente e più la gente viene, si prova, s'accanisce. In pratica ognuno vuole che io, con la faccia da punchball, dia un segno, anche minimo, di crollo, di sconfitta.
Con questo desiderio che sognano si realizzi, vengono; e con lo stesso desiderio sconfitto se ne vanno, picchiati ancora una volta di più, loro, dalla vita, pure in una sera di sfogo, di festa, con la ragazza, al Luna park.
Luna park

Che si chiama così perché?
Così, mi viene in mente un parcheggio ad ore per la Signora Luna, rigorosamente vestita in abito da sera quando è piena, quasi pregna, quasi mamma; ma di quelle sempre splendide, che hanno cervello casa marito e bambini sempre telegenici ed a posto; praticamente solo le Lune degli spot pubblicitari del tutto va bene.
Già la Signora Mezza Luna m'inquieta di più e m'intriga un poco con la sua ambiguità. Come se avesse una doppia identità. Quell'altra faccia, celata, sconosciuta e forse anche un po' puttana, sa d'avventura ben calibrata, d'una sera, se tutto va bene, d' una notte e basta.
Mentre la Signora Quarto di Luna, non ho dubbi, è la più affascinante e la più assassina. Amandola sei come appeso al suo gancio celestiale E non sai, non vuoi sapere, se il solo spicchio di sé che ti lascia intravedere è un quasi passato o un già futuro.
La Luna al Luna Park è un doppione inutile.
Anche se poi, quando le luci si spengono e i bambini, a cavalcioni dei babbi che l'hanno vinto per loro, s'accarezzano l'animaluccio di peluche e se ne vanno, tutti a nanna, la Luna, una e sola, sola resta.
E quando la luna resta sola, è allora che i poeti e i lupi mannari si scatenano. Con fare leggermente diverso, gli uni da gli altri, ma entrambi se la godono e ci fanno bagordi.

Con una piccola differenza però: mentre i lupi mannari temono l'alba e la prima luce del giorno, pure l'alba va a fagiolo ai poeti.
E pure il mezzogiorno, e il meriggiare, ed il tramonto, ed il notturno più o meno avanzato. E così continuando, a circolo vizioso, di notte in giorno, di giorno in notte, senza neppure una pausa caffé. I poeti sono lì, sempre attenti, onnivori del tempo e di tutto. Allenati a percepire un battito di ali come il flatulare d'una gallina. Così eroicamente esposti ai qui pro quo della vita che neppure si lagnano se, dopo lo stormire d'una fronda, realizzano che gli è arrivata una sventagliata di pallini nella natica. Sono capaci sportivamente di stringere la mano al cacciatore che in quello stormir di fronde cercava la sua stessa cosa. Per scopi diversi, certo. Ma questi sono dettagli ininfluenti.
La "stessa cosa" poi, merlo cordaiolo, due etti con panciotto antiproiettile, aveva preso il volo almeno sette attimi prima del previsto fatale impatto. E con l'uso un po' maleducato che hanno quei volatili poco domestici, nel librarsi in volo al di sopra delle parti fa un fischio che non è un fischio, un garrire che non è un garrire... insomma ... una cosa con tante "rrr" che sembrava proprio una pernacchia.

La figlia del Comandante

Dopo troppo silenzio, ecco l'inizio di un nuovo racconto.

Tra le fitte foglie di un carciofo crebbero Beatrice e i suoi fantasmi.
Beatrice era la figlia del Comandante, lasciato lì a metter radici dopo che la Guerra aveva sconquassato l'ordine e la morale.
Filarono i giorni e le notti fecero il resto, quella bambina ingravidata da un mezzo mastro dietro il gelso partorì una creatura con la faccia d'oliva e il corpo di anguilla, venne fuori sanguinazzante, urlando contro il cielo la rabbia dell'immutabilità.
A sua madre regalò la fuoriuscita del plesso emorroidale, una depressione ferrigna e cupa che fu presto psicosi puerperale.


[Continua...]

04/03/06

best off pintacudiano

Oggi mi compro Best Off 2006, andrò dritto al bancone della Feltrinelli di via Maqueda e senza indugiare sceglierò la copia meno toccata, quella intonsa e luccicante. Con quest'impegno tra amore e cranio mi concedo una sciocchezzuola di quelle che talvolta sono necessarie, così, per controbilanciare la malinconia che qualcuno ha letto nel messaggio precedente.
Ho deciso mi confeziono un personalissimo best off a misura mia che, in quanto appartenente al genere umano, sono in minima parte misura di tutte le cose, come diceva qualcuno.

Ci metto dentro quelle che giudico i tentativi più riusciti, quelli meno patetici, quelli che almeno per un po' hanno avuto uno sguardo sul mondo, magari un po' miope ma sempre valido.

Stranamente abbracciano tre tipologie differenti che comunque sempre indagano su quello che la letteratura, quella vera, fatta di carne e sangue vuole significare. Saverio Simonelli, il conduttore di Al Top Libri ha citato recentemente una frase apri-mondi, una di quelle che è bello ri-leggere da subito, che è una di quelle frasi che tu stesso hai pensato e ripensato senza aver trovato mai la sfumatura giusta per consegnarla al mondo. C'è riuscito invece Göran Tunström:

Sono entrato in casa e mi sono diretto verso i fogli bianchi, verso la fede e il dubbio, il cosmo e il caos, per cercare di organizzare la vita che è stata e che nella ricostruzione torna a essere, se non la sua, almeno una vita, e se non una vita almeno, forse un racconto, un più o meno dolce passatempo sulle ridicole cose che , nel loro insieme, portano il nome di amore.


Ed ecco la trilogia compiuta e completa:

That's Sicily
che ha avuto l'onore di comparire sulle pagine di Rosalio, il portale di vita palermitano.

Per anni ho schivato la mia sicilianità.

I primi racconti e scarabocchi parlavano del dottor Sgollek (il nome dei cereali al contrario) che era stato radiato dall’albo degli scienziati perché aveva cercato di costruirsi un figlio con pezzi di romanzi. Avevo letto e riletto Frankenstein e i gialli di mia madre, mi sembrava logico che tutti i miei personaggi spuntassero sotto i tasti della lettera 22 con un cognome americano e finissero a schivar pallottole vaganti nei tuguri del bronx.[continua a leggere]


Io non faccio letteratura. Poesia e verità in Paul Celan, che è stato il mio battesimo del fuoco al mio primo convegno come relatore. E' stato pubblicato nel libro degli atti e sul blog di Marco Candida.


Quando scrivi capita che prima o poi becchi la bonaccia. All'inizio confuso e felice batti veloce sulla tastiera, vuoi riempire gli spazi bianchi. Sfuggire al silenzio della pagina vuota. Però poi devi affondare di più la lama, tentare di forzare la mano e guadagnare il tuo punto di vista. [continua a leggere]


E poi il racconto che è l'unico (dei quaranta e passa scarabocchi) che vale la pena leggere, Bagheria morì d'improvviso:


Bagheria morì d'improvviso, una mattina di inverno. Morì in silenzio, così come aveva vissuto, stanca di essere nominata nei tg sempre con la stessa presentazione, fotografata sempre di profilo, coi vecchietti sullo sfondo a giocare a carte.
Morì che tutti eravamo distratti, accecati dall'amore o persi ad inseguir lucertole sui muretti di tufo. [continua a leggere, pdf 140 Kb]


03/03/06

letteratura maleducata

Sono tornato da poco alla vita normale, quella fatta di sveglia alle sette, gran cereali inzuppati e latte con nesquick. Quella normale, fatta di domande serie e vibranti, come arrivo alla fine di questo mese? Ci saranno prospettive per lei e per me in un futuro neanche tanto prossimo? E subito la letteratura, questa meravigliosa e necessaria inutilità a cui ho consacrato tutti i miei neuroni liberi mi ripaga con una sfilza di baruffe da cortile in cui anche i pesi massimi sfoderano frasucole da dilettanti.

Manco un mese fa, Davide Bregola e Leonardo Colombati si sfregano contro circa l'ultilità delle reciproche inchieste. Da una parte l'utopica domanda su come sarà il romanzo del XXI secolo e dall'altra una classifica sui migliori romanzi americani del XX secolo. Sarà che aspetto ancora il ritorno dell'acquisto a cuor leggero del mocio Vileda e dei formaggi con stampigliato lo stemma araldico sulla crosta, sarà che al Servizio Civile vedo gente incatenarsi perché vuole solo un lavoro e nient'altro, nessuna buona novella, nessuna parola amica, vuole solo la possibilità di arrivare a vivere con dignità.

E come se non bastasse Baricco, odiatissimo per i miliardi di copie vendute cade nella banalità scagliandosi con la più trita delle iatture: consiglia a Citati e Ferroni di leggere il suo libro. Cosa che entrambi hanno evidentemente fatto. Ferroni gli ha risposto a tono:


Certo la letteratura è passione, emergenza dell'imprevisto, conoscenza in profondità di ciò che non si vede: la sua mi sembra invece una letteratura patinata, proiettata sull'orizzonte di una trasgressione pubblicitaria, tra moda e sport... Il "campo aperto del futuro", che lei oppone a chi indugia a frequentare le "mappe di un vecchio mondo", non viene in realtà nemmeno sfiorato dalla "seduzione" mediatica che promana da quella sua scrittura così disinvolta, accattivante, appunto "sportiva".



Siamo caduti davvero in basso, la letteratura la vivo io, giorno dopo giorno, leggendo libro dopo libro per sopravvivere ad un anno di servizio civile presso il Terzo Settore del Comune di Bagheria.
Distribuisco tessere per l'autobus ad anziani e disabili che hanno solo voglia di parlare, aspetto che vengano a ritirarsi il loro rettangolo di autonomia e leggo. Ne ho già letti quattro in sei giorni (Harry Potter e il Principe Mezzosangue, lo Spasimo di Palermo di Consolo, Le particelle elementari e Secoli di Gioventù di Eraldo Affinati) e non vedo nessun motivo per smettere, neanche queste parole sciupate.

01/03/06

il mistero di scrivere: le relazioni

Cari amici,
grazie allo sforzo titanico di Cristiano Gaston,   le relazioni e le comunicazioni del Convegno IL MISTERO DI SCRIVERE organizzato dall'Associazione “Pietre di Scarto” della Federazione BombaCarta in collaborazione col CIDI e la Fondazione R. Misasi (Reggio Calabria, 24-25 febbraio 2006) SONO TUTTE ON LINE, pronte per essere liberamente scaricate e/o ascoltate. Chi è abbonato al BombaPod (gratuitamente) se le troverà già scaricate sul computer in maniera automatica alla connessione.

Antonio SPADARO, Il mistero dell’ispirazione: angoscia o stupore?
Nicola MEROLA: Leggere e scrivere: misteri
Claudio DAMIANI: Arte e natura
Salvatore MICELI: Il sinuoso fiume della scrittura: dalla sorgente alla foce
Tonino PINTACUDA: Quello che la letteratura ditta dentro: scrivere con lo scolapasta
Andrea MONDA: Riflessioni sul mistero di scrivere
Rosa Elisa GIANGOIA: Scrivere nel mondo antico: ispirazione e tecnica
Stas’ GAWRONSKI: Realtà, parola e mistero: l'esperienza del laboratorio di scrittura creativa di "Bombacarta"
Eraldo AFFINATI: Storie da una città dei ragazzi
Valerio CHIOVARO: La rivelazione e il linguaggio
Elisabetta RASY: Più forte della spada: una riflessione a partire da Ford Maddox Ford
Fabio CUZZOLA: La scrittura come strumento pedagogico di liberazione: l’esperienza di don Lorenzo Milani
Maria RENDA: Odissea nell'ospizio? Appunti sulla piacevole passione del narrare
Fortunata FERRO: Conclusione del Convegno