Il mondo è andato avanti e con lui pure le nuvole parlanti. Sdoganate nuovamente sulla stampa, con la meritevolissima serializzazione della biografia a fumetti di Peppino Impastato sulle colonne dell'Unità.
Quest'anno è il primo texone senza papà, che ha letto Tex sino all'ultimo, facendosi portare su quel letto da cui non si sarebbe più rialzato l'ennesima ristampa a colori che allegano a Repubblica.
La serie regolare l'aveva abbandonata al numero 500 e passa. Ogni tanto gliene portavo uno, per coccolarlo e rendergli più digirebili gli interminabili pomeriggi sul divano da cui non riusciva più ad alzarsi.
Diceva che le avventure d'Aquila della notte erano stanche ripetizioni della stessa minchiata declinata immutabile, come la montagna di patatine declamata da Kit Carson.
Stessa sorte, con quattrocento numeri d'anticipo per Dylan Dog, che dopo l'abbandono di Tiziano Sclavi è diventato parodia di se stesso. Con schema macilento e spiegone finale. Dov'è finita la magia che aveva fatto partorire perle rare come Johnny Freak, Il lungo addio, Gente che scompare, Il male...
Noi dylaniani duri e puri continuiamo più per affetto e nostalgia che per reale interesse. L'hanno capito alla Bonelli che continua a sfornare ristampe su ristampe delle inarrivabili storie iniziali. L'ultimo maxi non vale la carta su cui è stampata. Buoni spunti che non reggono le canoniche 94 tavole.
Va meglio con Dampyr, dopo una leggera flessione nei numeri successivi al deludente centesimo numero. La vitalità del figlio del vampiro è pulsante: storie on the road, spostamenti nei vari luoghi misteriosi della terra, con ottima documentazione a tener su le sceneggiature di Boselli e Co.
Per i nostalgici dei capolavori dell'arte sequenziale consigliamo Watchmen, nella pregiata edizione della Planeta De Agostini, la collezione delle storie di Carl Barks uscite in 48 numeri col corriere della sera e gli intramontabili quesiti esistenziali del buon vecchio Charlie Brown.
Il mondo è andato avanti e con lui pure le nuvole parlanti. Sdoganate nuovamente sulla stampa, con la meritevolissima serializzazione della biografia a fumetti di Peppino Impastato sulle colonne dell'Unità.
Quest'anno è il primo texone senza papà, che ha letto Tex sino all'ultimo, facendosi portare su quel letto da cui non si sarebbe più rialzato l'ennesima ristampa a colori che allegano a Repubblica.
La serie regolare l'aveva abbandonata al numero 500 e passa. Ogni tanto gliene portavo uno, per coccolarlo e rendergli più digirebili gli interminabili pomeriggi sul divano da cui non riusciva più ad alzarsi.
Diceva che le avventure d'Aquila della notte erano stanche ripetizioni della stessa minchiata declinata immutabile, come la montagna di patatine declamata da Kit Carson.
Stessa sorte, con quattrocento numeri d'anticipo per Dylan Dog, che dopo l'abbandono di Tiziano Sclavi è diventato parodia di se stesso. Con schema macilento e spiegone finale. Dov'è finita la magia che aveva fatto partorire perle rare come Johnny Freak, Il lungo addio, Gente che scompare, Il male?